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10 similitudini sorprendenti tra Papa Paolo VI e Papa Francesco

Papa Francesco e il vescovo Semeraro in preghiera davanti alla tomba di Papa Paolo VI

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Ary Waldir Ramos Díaz - pubblicato il 30/07/18
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Allegria, speranza, povertà, dialogo, pedagogia…Su L’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede, è stato pubblicato un estratto del libro Paolo VI alle radici del magistero di Francesco (Libreria Editrice Vaticana, 2018). L’autore dell’opera, il gesuita Pierre De Charentenay, nel capitolo “Il Vangelo e l’Allegria” assicura che esiste un “rapporto speciale” tra i due pontificati per via di parole chiave come, tra le altre, evangelizzare, predicare, speranza e discernimento.

Papa Francesco, in effetti, ha menzionato in più di un’occasione l’influenza positiva che ha avuto sulla sua vita di sacerdote il magistero di Paolo VI.

Nella foto di copertina si vede la preghiera silenziosa di Bergoglio davanti alla tomba di Papa Montini in Vaticano.

Il Papa che chiuse il Concilio Vaticano II verrà canonizzato proprio da Francesco il 14 ottobre in Piazza San Pietro nel contesto del Sinodo dedicato ai giovani e alla vocazione.

Senza faccia da funerale

“Un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale”, dice l’autore citando il documento programmatico di Francesco per mettere fervore e dinamismo nell’evangelizzazione, punto comune nel linguaggio di Montini e Bergoglio (Evangelii gaudium, 10).

“Non si tratta di parlare di tecniche, ma di situare la predicazione al cuore della missione dell’evangelizzazione”.

Dare testimonianza

Non è un caso che Francesco citi Paolo VI: “Anche in questa epoca la gente preferisce ascoltare i testimoni: «ha sete di autenticità […] reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio che essi conoscano e che sia a loro familiare, come se vedessero l’Invisibile” (Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975).

“È dunque mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità” (Evangelii Nuntiandi, 41).


POPE PAUL VI
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Linguaggio chiaro

Paolo VI, sostiene l’autore, esamina i mezzi e i cammini dell’evangelizzazione (Evangelii nuntiandi, 40). Papa Montini chiede che il linguaggio dell’evangelizzatore sia “semplice, chiaro, diretto, adatto” (Evangelii nuntiandi, n.43). Un’altra coincidenza?

Nel libro, si dice che Francesco insiste sulla necessità della pedagogia e della preparazione della predicazione, che è un atteggiamento spirituale e ha bisogno di un linguaggio chiaro.

Amare come comandamento

Il tutto è mosso dalla pratica del comandamento di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri”. In questo modo aggiunge una dimensione sociale, un “elemento indispensabile per entrambi i Papi”.

Sono passati cinquant’anni, e l’autore si interroga sui cambiamenti d’epoca dai tempi di Paolo VI a quelli di Francesco.

“Questa ipotetica obiezione”, tuttavia, è un ponte tra i due pontificati: “annuncio del Vangelo, trasmissione della fede, promozione umana, rifiuto dell’esclusione e della violenza, testimonianza di vita”.

Consumismo, ateismo e dominio

Si espongono poi elementi di affinità tra i due Papi, oltre alla rispettiva critica della società del consumo, “punta estrema del progresso moderno”.

Paolo VI sembrerebbe descrivere il mondo di oggi, parlando di aumento dell’incredulità e denunciando il dramma dell’umanesimo ateo. Allo stesso modo, il tratto più caratteristico del mondo moderno è il secolarismo, escludere Dio dal mondo per riconoscere il potere dell’uomo.

In questo modo, si presenta “sotto le forme più svariate, la civiltà dei consumi, l’edonismo elevato a valore supremo, la volontà di potere e di dominio, discriminazioni di ogni tipo: altrettante inclinazioni inumane di questo umanesimo” (Evangelii Nuntiandi, 55).

Successo della Chiesa?

L’autore spiega che Paolo VI descrive i cambiamenti, ma la Chiesa non sta cercando la ricetta, come Gesù non si è chiesto se aveva successo, perché il suo obiettivo era compiere la volontà del Padre.

Per questo, la Chiesa ha l’intenzione di approfondire la sua vocazione, la sua interpretazione e la pratica del Vangelo.

Ad esempio, in un mondo in cui la deriva è sempre più fondamentalista, insiste sull’“importanza del dialogo”, proclamato ovunque da entrambi i Papi.



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Dialogo e verità

Paolo VI trasforma il dialogo nella chiave della vita ecclesiale nell’Ecclesiam suam, Francesco lo trasforma in un cammino necessario per giungere alla verità. Lo propone in particolare nella Evangelii gaudium per costruire la pace, mediante il dialogo tra la fede e la ragione, il dialogo eucmenico, quello interreligioso e il dialogo sociale.

“La linea del dialogo, base del concilio Vaticano II, è quindi fondamentale per la Chiesa. È un approccio alla persona umana, un modo di rendersi prossimi e di donarsi all’altro”.

Discernimento

L’autore spiega che Papa Francesco, gesuita come lui, pratica il “discernimento”, un modo di conoscere la volontà di Dio secondo la comprensione che si ha dei movimenti dello Spirito Santo dentro di sé.

“Lo stesso atteggiamento di ascolto e di discernimento è proprio di Paolo VI. Egli riprende la lettura dei segni dei tempi come elemento indispensabile per un «aggiornamento» (Ecclesiam suam, 52) e un rinnovamento dell’azione della Chiesa”.

Carità e povertà

“Come Paolo VI (Ecclesiam suam, 54, 55 e 56), Francesco esorta alla conversione e allo spirito di povertà e di carità. Paolo VI ne fa una delle chiavi del rinnovamento nella Chiesa e chiede a tutti i vescovi del concilio, a cui si rivolge nel 1963, di dargli idee per praticare meglio la povertà e la carità. Sono le chiavi del Vangelo stesso, il cuore dell’invito di Cristo. Il cristiano deve poterlo comprendere, ma è necessario che cambi atteggiamento, abbandoni la logica del mondo e si converta”.

Gioia

Il punto di arrivo di questo lungo viaggio è la gioia, “la gioia del Vangelo per Paolo VI come per Francesco”.

Il Papa argentino precisa alcuni elementi di questa gioia cristiana, che è legata “alla semplicità biblica, alla povertà evangelica. La sua profondità è funzione della spoliazione del credente e della sua capacità di custodire un cuore generoso e semplice”.

Un esempio sono “i Magi, gli apostoli, le donne che scoprono la risurrezione corrono ad annunciare la buona novella”.

“È infine la fonte dell’energia del cristiano, poiché è la gioia che gli indica la via da seguire, contrariamente ai segni cupi e tristi dello spirito malvagio”.