Il presidente Ortega minaccia e intimidisce gli ecclesiastici. Morti e feriti non frenano la violenza dei paramilitari. Ecco perché ce l'hanno così tanto contro vescovi e sacerdoti
La Chiesa del Nicaragua sempre più nel mirino della repressione violenta messa in atto dal governo sandinista del presidente Daniel Ortega contro chiunque vi si opponga.
Da mediatori a oppositori, vescovi, sacerdoti, frati – impegnati in questi giorni a prestare soccorso alle vittime e ai rifugiati – sono da settimane in cima alla black list delle cosiddette “Turbas”, i gruppi paramilitari filogovernativi, fomentati anche da diversi media che non perdono tempo ad additarli come «traditori» e «satanisti».
Gli attentati
L’ultimo grave attacco – dopo quello ai danni dell’arcivescovo di Managua, il cardinale Leopoldo Brenes, e del nunzio Waldemar Stanisław Sommertag malmenati e feriti in una chiesa a Diriamba – riguarda ancora un vescovo, Juan Abelardo Mata, 72enne vescovo di Estelì, ex vice presidente della Conferenza episcopale, tra le voci più critiche della presidenza a conduzione familiare del comandante Ortega e membro della commissione episcopale incaricata di mediare il Dialogo tra governo e società civile.
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Il presule è scampato due giorni fa ad un agguato delle forze paramilitari. Le immagini circolate nei Tg e sul web mostrano la macchina distrutta in diversi punti, finestrini frantumati, ruote forate inutilizzabili. Il vescovo e il suo autista sono rimasti illesi, ma lo shock è grande (La Stampa, 17 luglio).
“E’ fuori pericolo”
A riguardo, ancora una volta, si è alzata la voce del cardinale Brenes che ha rassicurato sulle condizioni di Mata («È fuori pericolo, grazie a Dio») e denunciato l’ingresso di alcuni paramilitari in una chiesa parrocchiale a Masaya, nel municipio di Catarina, nel sud est del Paese.