Sorridente, cordiale, rispettoso verso il prossimo. Le persone a lui più care descrivono il magistrato ucciso 26 anni fa dalla Mafia
Sono trascorsi 26 anni dalla morte di Paolo Borsellino, il magistrato siciliano ucciso da Cosa Nostra il 19 luglio 1992 durante una delle pagine più cupe della storia italiana: l’orribile strage di via D’Amelio.
«Caro nonno, mi dispiace per il 19 luglio 1992. Certo se tu fossi vivo, avresti capito quanto ti coccolerei. Ti voglio bene, la tua nipotina Fiammetta Borsellino». Queste le parole affettuose che la nipotina Fiammetta ha dedicato al nonno che non ha mai conosciuto, accompagnate dal disegno di un grande cuore. Il messaggio è stato letto a conclusione della messa dedicata alle vittime della strage, celebrata nella chiesa di San Francesco Saverio all’Albergheria, a Palermo (L’Huffington Post, 19 luglio).
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Preghiera e condivisione
La messa è stato un importantissimo «momento di preghiera e di condivisione» per non dimenticare tutti coloro che hanno lottato per lasciare alle future generazioni un’Italia nuova, fondata sul valore della legalità, come ha sottolineato il parroco Don Cosimo Scordato.
Borsellino era il simbolo di questa Italia nuova. In nome della giustizia, e consapevole dei rischi che correva, si è concesso anche al martirio, e per questo è stato definito, a pieno titolo, un eroe (Aleteia, 19 luglio 2015).
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“Sorriso di accoglienza”
Il magistrato era un uomo dall’alto senso delle istituzioni, animato da una profonda fede. Don Cesare Rattoballi, parroco di periferia che nell’ultimo periodo fu molto vicino al giudice lo ricorda così: «Vedo ancora gli occhi e il sorriso di Paolo, la conferma della sua vicinanza: un sorriso di accoglienza. Borsellino non tratta nessuno come un illustre sconosciuto. Ha una cordialità che mette a proprio agio, come se ti conoscesse da sempre».
Messa domenicale e confessioni
Una cura per l’altro che probabilmente era frutto della sua profonda fede, mai ostentata, eppure vissuta ogni giorno, alimentata dalla partecipazione alla Messa domenicale, l’Eucaristia, dalle assidue confessioni, dai colloqui con alcuni sacerdoti nei momenti più difficili della sua esistenza.
“Uomo di misericordia”
Una voce “laica” come quella del suo giovanissimo sostituto alla procura di Marsala, alla metà degli anni Ottanta, Diego Cavaliero, lo descrive con efficacia: «Credo che la fede lo abbia aiutato in quello che è il concetto di morale, che va anche al di là della religione, ma individua ciò che è giusto o sbagliato in senso assoluto.