Il presidente del Nicaragua mette la chiesa cattolica al centro di un’ampia operazione repressiva
Daniel Ortega, ex leader rivoluzionario e popolare del Nicaragua, divenuto oggi un piccolo despota, patetico e sanguinario, non ha più amici né alleati. Di tutti i leader sandinisti con i quali si batté anni fa contro la dittatura degli ultimi della famiglia dei Somoza – sostenuto dalla chiesa cattolica con capo l’allora arcivescovo Miguel Obando Bravo, “il più oppositore alla dittatura di Anastacio tra tutti gli oppositori” – oggi non è rimasto più nessuno a sostenerlo. Tutti, col passare degli anni, lo hanno abbandonato e si sono allontanati dal movimento sandinista di Ortega che, nelle presidenziali del 2017, ha trovato come candidato alla Vice presidenza per poter formare il tandem di governo, solo sua moglie, la poetessa, Rosario Murillo.
Ortega, in carica dal 2007, già rieletto due volte, dovrebbe ora governare fino al 2022, anno in cui, come è accaduto in passato, troverà tutti i meccanismi e pretesti “costituzionali” per ottenere un ulteriore mandato. Questo è ciò che meglio sa fare Ortega. Come governante, sia nel primo periodo 1979-1985, e ora dal 2007 ad oggi, si è sempre dimostrato piuttosto scarso nei risultati e, in sostanza, il Nicaragua di Daniel Ortega è lo stesso di quello della fine della dittatura dei Somoza, quasi 40 anni fa.