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La cura del Creato tra i doveri del credente?

Cardinal Francesco Coccopalmerio

© Public Domain

Lucandrea Massaro - pubblicato il 17/07/18

Una proposta del Cardinal Francesco Coccopalmerio

«Il Codice di Diritto canonico, all’inizio del II libro, ai canoni 208-221 sotto il titolo “Obblighi e diritti di tutti i fedeli” presenta un elenco di tali obblighi e diritti, e tratteggia per tale motivo un autorevole identikit del fedele e della sua vita di cristiano. Purtroppo nulla si dice di uno dei doveri più gravi: quello di tutelare e di promuovere l’ambiente naturale in cui il fedele vive».




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Con queste parole il Cardinal Francesco Coccopalmerio, già presidente del Dicastero per i testi legislativi, vuole proporre al Papa una modifica del Codice di Diritto Canonico. Lo ha detto a margine di un evento dal titolo “Dialogo sugli investimenti cattolici per la transizione energetica” organizzato dal Movimento cattolico Mondiale per il clima e ribadito a Vatican Insider:

«La mia proposta – continua il porporato ambrosiano – sarebbe di chiedere al Papa, da parte del Dicastero per i testi legislativi, l’inserzione nei canoni che ho appena citato di un nuovo canone che suoni pressappoco in questo modo: “Ogni fedele cristiano, memore che il creato è la casa comune, ha il grave dovere non solo di non danneggiare, bensì anche di migliorare, sia con il normale comportamento, sia con specifiche iniziative, l’ambiente naturale nel quale ciascuna persona è chiamata a vivere”».

L’idea alla base dell’incontro è quella di elaborare strumenti perché anche la finanza si muova nell’ottica della responsabilità ambientale, a cominciare da chi si professa cattolico e vuole investire le proprie risorse secondo la Dottrina Sociale della Chiesa.

La cura del Creato e la sensibilità ecologica sono oggi un ulteriore tassello di quell’ecumenismo dal basso che Papa Francesco condivide con il Patriarca Bartolomeo I e che lo scorso 1° settembre sfociò in un documento congiunto sul tema:

«La nostra tendenza a spezzare i delicati ed equilibrati ecosistemi del mondo – recita il testo –, l’insaziabile desiderio di manipolare e controllare le limitate risorse del pianeta, l’avidità nel trarre dal mercato profitti illimitati: tutto questo ci ha alienato dal disegno originale della creazione. Non rispettiamo più la natura come un dono condiviso; la consideriamo invece un possesso privato. Non ci rapportiamo più con la natura per sostenerla; spadroneggiamo piuttosto su di essa per alimentare le nostre strutture». L’ambiente umano e quello naturale – proseguono Francesco e Bartolomeo – «si stanno deteriorando insieme, e tale deterioramento del pianeta grava sulle persone più vulnerabili. L’impatto dei cambiamenti climatici si ripercuote, innanzitutto, su quanti vivono poveramente in ogni angolo del globo. Il nostro dovere a usare responsabilmente dei beni della terra implica il riconoscimento e il rispetto di ogni persona e di tutte le creature viventi». Per questo nel ringraziare il «benevolo Creatore per il magnifico dono del creato», il messaggio si rivolge «a quanti occupano una posizione di rilievo in ambito sociale, economico, politico e culturale» lanciando «un urgente appello a prestare responsabilmente ascolto al grido della terra e ad attendere ai bisogni di chi è marginalizzato, ma soprattutto a rispondere alla supplica di tanti e a sostenere il consenso globale perché venga risanato» l’ambiente ferito. Perché non ci può essere «una soluzione genuina e duratura alla sfida della crisi ecologica e dei cambiamenti climatici senza una risposta concertata e collettiva, senza una responsabilità condivisa e in grado di render conto di quanto operato, senza dare priorità alla solidarietà e al servizio» (Avvenire).



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