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Ecco come i primi cristiani hanno deciso in cosa credere

SAINT,IRENAEUS

PD

Nicholas Senz - pubblicato il 12/07/18

Uno dei primi vescovi della Chiesa aveva un'utile regola per separare il grano dalla pula

Amo un buon poliziesco. Mi piacciono i suoi personaggi: il detective veterano burbero, il tecnico di laboratorio nerd e il giovane poliziotto sveglio. Mi piacciono i piccoli particolari che danno autenticità, come quando si dice ai sospettati “Ha il diritto di rimanere in silenzio”, o quando si vedono la raccolta delle prove e la loro catena di custodia.

Ovviamente quest’ultima parte mi fa pensare a Sant’Ireneo di Lione.

Forse il legame non è immediatamente evidente. Lasciatemi spiegare.

Sant’Ireneo, il vescovo di Lione morto nel 202, è ricordato soprattutto per il suo capolavoro Contro le Eresie, in cui risponde dettagliatamente alle affermazioni di vari gruppi eretici, in particolare degli gnostici.


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“Gnostico” è una sorta di termine “pigliatutto” usato per una varietà di gruppi con convinzioni diverse, ma che condividevano l’idea che ci fosse una “conoscenza segreta” (o gnosi) che offriva una rivelazione più ampia di quella trovata nel Nuovo Testamento. Ciò includeva contenuti come l’esistenza di molteplici dèi, il male del mondo materiale che sarebbe una trappola per le anime pure e altre storie su Gesù (come il Bambino Gesù che porta alla vita degli uccellini di argilla), racchiusi in testi come il Vangelo di Giuda o il Secondo Trattato del Grande Set.

Come faceva un cristiano a sapere in cosa doveva credere? Perché i cristiani dovevano accettare il Vangelo di Luca ma respingere quello di Maria Maddalena? Perché non leggere la Lettera a Flora piuttosto che quella a Filemone?

Sant’Ireneo ha fornito una risposta al quesito, dicendo che si poteva sapere quali insegnamenti fossero veri e quali testi fossero autentici guardando a chi li promuoveva. Se si trattava di un leader autonominato, una persona le cui idee non erano più vecchie di se stesso e il cui testo aveva ancora l’inchiostro fresco, era probabile che quelle idee non fossero degne di grande fiducia. Se invece a proporle era un vescovo in una chiara linea di successione con i vescovi che si rifacevano agli apostoli, si poteva essere sicuri che si trattasse di un insegnamento autentico.

Sant’Ireneo ne parla nel suo libro III, capitolo III di Contro le Eresie, sostenendo che se Gesù avesse offerto una conoscenza segreta come affermano gli gnostici l’avrebbe sicuramente trasmessa ai suoi apostoli, e questi a loro volta l’avrebbero certamente trasmessa ai loro successori, i vescovi. Visto, però, che sappiamo che l’intera linea dei vescovi può far risalire la propria autorità agli apostoli e possiamo verificare che nessuno di loro ha insegnato come fanno gli gnostici, possiamo essere certi che questi ultimi siano in errore (una nota interessante: Sant’Ireneo usa come esempio di successione la Chiesa di Roma, “perché è una questione di necessità che ogni Chiesa concordi con questa Chiesa, per via della sua autorità preminente”).

È qui che entra in ballo il paragone con la “catena di custodia”. Quando i rappresentanti della legge maneggiano le prove devono tenere un registro. In questo modo, se una prova viene perduta sapranno chi è l’ultimo ad averla vista, e se sorge qualche dubbio sull’autenticità delle prove i registri offrono una serie di legami, una “catena di custodia”, assicurando la loro legittimità.


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Allo stesso modo i vescovi, avendo ricevuto il loro ufficio mediante l’imposizione delle mani (e nell’antichità ricevendo anche formazione intellettuale e spirituale) da coloro che fanno risalire la propria autorità direttamente agli apostoli, sono legami viventi in una catena che va indietro nei secoli fino a Pietro e Paolo, e a Gesù stesso. Gesù ha affidato ai suoi apostoli il compito di diffondere il Vangelo e di battezzare tutte le Nazioni, come si legge in Matteo 28, e come ci mostrano le lettere di San Paolo a Timoteo e a Tito, gli apostoli ne hanno nominati altri per portare avanti questo incarico, diffondendo il messaggio di Gesù e la grazia dei sacramenti nel tempo e nello spazio. I vescovi esercitano autorevolmente questo ministero.

Ovviamente non dovremmo avere l’impressione che ogni singolo vescovo abbia la certezza di insegnare sempre e ovunque senza errore. Non c’è un dono dell’“infallibilità episcopale”, almeno non a livello individuale. La Chiesa insegna che il collegio episcopale insegna in modo infallibile quando tutti i vescovi del mondo concordano sulla verità delle questioni relative a fede e morale (cfr. Lumen Gentium, n. 25).

E questo è appropriato, considerando la nostra analogia. È la forza di tutti i legami insieme a rendere forte la catena. E allora, la prossima volta che guardate CSI pensate a Sant’Ireneo!

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