Parola di un aspirante prete, Gabriele, che ha raccontato ("senza censure") le sue giornate in seminario
Luoghi oscuri e imperscrutabili come li ha definiti qualcuno? Sembra tutt’altro ascoltando la storia di Gabriele, aspirante prete che racconta le sue giornate in seminario tra missioni, amicizie fraterne, sacrifici.
Gabriele è stato intervistato da Alberto Galimberti in “È una Chiesa per giovani?” (Ancora editrice).
Il seminario è il luogo della sua formazione. Ci arriva dopo aver svolto un cammino spirituale che ha chiarito la sua vocazione.
Il regalo del vescovo
«Attraverso amici di famiglia – racconta Gabrilele –ero finito a Gallivaggio (Sondrio), a pregare nel santuario della Madonna. Circostanza vuole che fosse presente, in visita, l’allora vescovo di Como, monsignor Diego Coletti. Mentre lo stavo accompagnando all’auto, mi regalò un rosario – che tuttora conservo – e mi chiese informazioni sui miei studi. Risposi che stavo ultimando la triennale in Economia. Dal nulla, mi fulminò: “Gabriele, per chi vuoi spendere la vita?“. La sua domanda è stata l’ultima goccia».

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Gli esercizi
La settimana dopo agli esercizi spirituali della “Comunità non residenti” della diocesi di Milano «ho maturato la convinzione di entrare in seminario. Il conflitto interiore era sciolto. Mi sono arreso alla grazia del Signore».
Chesterton
Poi una lettera al rettore del seminario per l’accettazione. «Decisi di “giocare” con una citazione di Gilbert Keith Chesterton, il mio autore preferito: “Se val la pena fare una cosa, val la pena farla male“. Ogni azione umana sarà sempre segnata dal limite. Vale la pena farla male significa vale la pena lasciarla incompleta: c’è sempre uno spazio per Qualcun altro. Val la pena farla male significa fare una cosa, sapendo che c’è un Altro che le dà pienamente senso».

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La missione
Nel settembre 2014 l’ingresso in un seminario del Nord Italia e subito le sue giornate diventano intense. Preghiera, studio, vita fraterna. Gabriele è felice.