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C’è libertà religiosa nel mondo attuale?

FREEDOM

UN Women-Allison Joyce-(CC BY-NC-ND 2.0)

Miriam Diez Bosch - pubblicato il 07/07/18

Su 196 Paesi, 38 non la rispettano

La risposta è negativa. È questa la conclusione del rapporto che l’organizzazione Aiuto alla Chiesa che Soffre pubblica in modo biennale analizzando globalmente la situazione della libertà confessionale. L’ultimo, pubblicato nel 2017, valuta la situazione globale tra il 2014 e il 2016.

Il presidente della Commissione Generale Giustizia e Pace in Spagna, Eduard Ibáñez, presenta le conclusioni principali nel suo libro La libertad religiosa: derecho humano fundamental, motor de progreso social (Comisión General de Justicia y Paz, 2018).

Secondo Ibáñez, pur essendo riconosciuta nei trattati internazionali, in realtà “la libertà religiosa è troppo spesso violata insieme ad altri diritti fondamentali”. I dati del rapporto lo dimostrano chiaramente:

– Dei 196 Paesi analizzati, in 38 le violazioni della libertà religiosa costituiscono una violazione essenziale dei diritti umani.

– Dal rapporto precedente, le condizioni sono peggiorate chiaramente in 14 Paesi, e in altri 21 esistono segnali di peggioramento. Solo in Bhutan, Egitto o Qatar ci sono segni di cambiamento.

– Discriminazione vs. Persecuzione: si distinguono questi due concetti spiegando che il primo fa riferimento all’istituzionalizzazione dell’intolleranza, esercitata dallo Stato o dai suoi rappresentanti, in cui le leggi consacrano il maltrattamento delle comunità religiose. La persecuzione, invece, definisce le situazioni in cui le violazioni derivano non solo dallo Stato, ma anche da gruppi terroristici e/o altri attori non statali, e si tratta di campagne attive di violenza e sottomissione.

– In sette Paesi si individua una situazione di persecuzione: Afghanistan, Arabia Saudita, Corea del Nord, Iraq, Nigeria, Siria e Somalia.

– È sorto un islam in forma violenta che è diventato la minaccia principale alla libertà religiosa, soprattutto in nove Paesi: Bangladesh, Indonesia, Kenya, Libia, Niger, Pakistan, Sudan, Tanzania e Yemen. Questo islam estremista è il motivo principale dell’aumento dei movimenti migratori nelle zone menzionate, e comunità che erano multireligiose si stanno trasformando con la forza in monoreligiose.

– La violenza di gruppi come il Daesh in tutto il mondo presuppone la negazione assoluta della libertà religiosa; secondo l’autore, si tratta di uno dei sette “capovolgimenti più difficili” di questa libertà dalla II Guerra Mondiale.

– Vittime o persecutori: il rapporto afferma che anche tra le comunità ebraiche, buddiste e induiste sorgono gruppi che promuovono un nazionalismo religioso intollerante nei confronti delle minoranze di altre religioni.

– In alcuni Stati le minoranze religiose vengono considerate una forza che “mina la lealtà nei confronti dello Stato stesso, e vengono presentate come un rischio sociale. I casi più gravi si riscontrano in Cina e in Corea del Nord. Nella prima, più di tremila persone sono incarcerate per motivi religiosi. La Corea del Nord è il Paese che guida la lista di quanti violano la libertà religiosa.

– In Birmania, i musulmani rohingya subiscono una persecuzione molto grave, venendo concentrati in campi statali, senza aiuti umanitari e trasformati in rifugiati o apolidi.

– Il rapporto segnala situazioni che limitano la libertà religiosa anche nei Paesi occidentali, anche se a un livello molto diverso. Secondo Ibáñez, derivano da un “laicismo che pretende di eliminare la religione dalla vita pubblica”.

Ibáñez ricorda tuttavia che il rapporto termina con un appello alla speranza, visto che ci sono varie iniziative in tutto il mondo nate con l’obiettivo di mostrare il valore delle religioni e promuovere l’incontro tra loro.

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