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Quella insopprimibile voglia di cielo (GALLERY)

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Emanuele Fant - Credere - pubblicato il 05/07/18

Dai più antichi reperti storici alle installazioni moderne, ciò che l’uomo costruisce testimonia la nostra tensione verso l’alto, diretti verso ciò che solo dà senso al nostro vivere

Nel capannone di una fabbrica dismessa alla periferia di Milano un artista che si chiama Anselm Kiefer ha innalzato sette torri a prima vista pericolanti, fatte di piombo e cemento armato, alte quasi 20 metri. L’installazione si chiama I sette palazzi celesti, ideata per lo spazio espositivo Hangar Bicocca. Camminandoci nel mezzo, si avverte lo sconforto che trasmette un paesaggio bombardato, unito alla colossale spinta verticale degli edifici. È un’opera suggestiva che, come accade sempre per l’arte vera, non può non aprire a un’intima indagine spirituale.

L’uomo ha sempre fatto i conti con un insopprimibile desiderio di ascensione: i megaliti piantati in cerchio a Stonehenge, le piramidi egiziane, le teste dell’isola di Pasqua, gli ziqqurat iracheni, fino ai solenni campanili delle nostre cattedrali. Tutto ciò che ci rimane delle antiche civiltà, sembra testimoniare uno sforzo comune a organizzare la materia pesante in verticale.

Tutti noi, fin bambini, siamo stati impegnati nella sfida personale che ci oppone alla gravità: a suon di cadute, abbiamo imparato a stare in piedi, solo successivamente a camminare. Disponiamo di corpi tutt’altro che leggeri, ma la sede dei pensieri (la testa), ci teniamo a conficcarla più in alto che riusciamo, il più possibile nel cielo.

Nemmeno con l’età dimentichiamo la soddisfazione che ci dava un pomeriggio ad impilare mattoncini: alcuni, addirittura, sono diventati ingegneri e ora firmano progetti di grattacieli e torri panoramiche. A volte, la tensione verticale che ci accomuna diventa pura ostentazione, e si ritorna a concepire nuove forme di Torre di Babele.




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Ma il Dio del Nuovo Testamento forse sospetta che non potremmo reggere a una nuova confusione delle lingue. Così ha disposto che si possa guardare alla geometria non casuale del Crocifisso: nei suoi bracci perpendicolari si conciliano mirabilmente l’orizzonte piatto della nostra condizione e il benedetto sforzo di tentare l’ascensione.

Santa Prassede
Luciano Tronati

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