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Cosa vedi? Quattro donne che passandosi il testimone vincono l’oro

MEDITERRANEAN GAMES

ANSA/ SIMONE FERRARO

Annalisa Teggi - pubblicato il 03/07/18

Brave, care azzurre della staffetta! Festeggiano con voi anche tutte le mamme, atlete del quotidiano: si corre insieme, ci si dà il cambio e si suda ogni metro in avanti

L’atletica mi ha sempre appassionato molto, pur essendo incapace nel praticarla. Sono figlia di un’insegnante di ginnastica che ad ogni evento sportivo, piccolo o grande – dalle Olimpiadi al campionato cittadino –, non aspettava altro che la staffetta.
Tutti con gli occhi incollati ai 100 metri maschili, lei arrabbiata se i servizi televisivi non inquadravano il passaggio del testimone.  E quante parole spese con le sue alunne su quel gesto così intenso, veloce, simbolico!

STAFFETTA, PASSAGGIO, TESTIMONE
Shutterstock

Lei, mia madre, così cocciuta a insegnare lo sport non alla luce del primato, ma dello sforzo al miglioramento di sé.




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Aveva ragione su tutto, lo capisco ora da adulta. La staffetta è commovente. E forse, mi spingo a un pensiero estemporaneo, è una disciplina spiccatamente femminile. Ci vuole la spinta, la resistenza, e la cura al dettaglio. Si corre veloce e poi bisogna essere premurose nel lasciare il testimone nel modo più preciso possibile.
“Se il passaggio è fatto bene – ripete mia mamma tutte le volte – deve essere un gesto così fluido da non avere fratture, sussulti”. Il testimone va via liscio da una mano all’altra, come fosse lui l’unico vero protagonista, mentre chi lo porta si suda ogni metro. È lui che detta la regola della velocità da mantenere, l’atleta è un portatore.

Ah! E poi ci si deve fidare. Nel momento del passaggio chi comincia la nuova frazione non si volta indietro, allunga solo la mano e attende che il compagno gli porga la barra metallica. Anche solo questo gesto meriterebbe una riflessione su come la vera amicizia sia così: una compagnia non fatta di controllo, bensì di affidamento alle premure altrui.

STAFFETTA
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Tutti i giornali parlano dell’impresa delle nostre 4 connazionali che hanno vinto l’oro nella 4×400 ai Giochi del Mediterraneo, e io non smetto di vedere 4 donne che si passano il testimone.
Si chiamano Maria Benedicta, Raphaela, Libania, Ayomide e hanno portato in pista un’immagine simbolica davvero potente. Di origini così disparate sul globo terrestre, con passioni personali così diverse, eppure unite in una corsa insieme. Maria Benedicta sogna di aprire un asilo nido, Raphaela ha studiato arte, Libania è arrivata da Cuba in Italia per amore, Ayomide è appassionata di fantasy e Sacre Scritture; tutte hanno le gambe fatte per la velocità e resistenza.




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I 400 metri, detto per inciso, sono tosti proprio perché si tratta di una prova di velocità prolungata … che è quasi un paradosso. Ma è proprio un paradosso femminile. Quante nostre giornate di madri sono a velocità prolungata, così affollate di impegni da mattina a sera che se rallenti il ritmo è finita? Fiatone in gola e gambe in movimento.

MAMMA, IMPEGNATA, FATICA
Shutterstock

Ne conosco molte di queste staffette femminili nel quotidiano.
«Scusa, puoi ricordarmi a che ora è il ricevimento?».
«Posso lasciare mio figlio a casa tua fino a cena?».
«Dici tu all’insegnante di danza che arrivo con 5 minuti di ritardo?».
«Non ho dato la merenda a Luca, ne metti una in più tu nello zaino di Chiara?».


SERAH SMALL

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Dicono che la solidarietà femminile non esiste, ma io ho le chat di Whatsapp inondate di piccoli passaggi di testimone quotidiani tra noi mamme. Non ce la facciamo ad arrivare da sole al traguardo. Siamo consapevoli di portare qualcosa di bello, eppure a volte ce lo dimentichiamo … ci fermiamo … ed è un’altra di noi a ripartire, a dare un cenno di sprint a chi rimane indietro.

Allora, brave ragazze azzurre. Festeggiamo con voi anche noi povere inadatte allo sport, perché ci sentiamo parte di questa squadra: portiamo avanti un piccolo messaggio di vita, testimone del bene che ci fa guardare la fatica senza paura; corriamo insieme, se possibile; ci sudiamo ogni scatto; ci diamo il cambio quando le forze mancano; esultiamo abbracciandoci al traguardo.

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