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“Ti piace Santa Teresina, bravo guaglione!” Ma come, non era Santa Rita?

SANTA TERESA LISIEUX

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Teresa di Lisieux: «Quanto è grande la potenza della preghiera! Sembra di essere una regina che in ogni istante ha libero accesso al re e può ottenere tutto ciò che domanda».

MIENMIUAIF - MIA MOGLIE ED IO - pubblicato il 03/07/18

Il racconto di come un giovane uomo digiuno di fede incontrò due Sante in un colpo solo e, seguendo le loro rose, giunse fino al Signore

di Emanuele Basso

Certe volte uno non sa proprio a che santo votarsi. Letteralmente. Io per esempio non ne avevo idea. Sapevo solo che tante domande esistenziali mi tormentavano sempre di più e pretendevano di essere guardate. Sono esplose all’improvviso durante l’estate del 2016. E adesso? Da dove comincio? Da dove iniziano tutti i ragazzi senza una chiara idea di quello che devono fare: da internet, ovvio.

In un sito di novene trovo una sezione sulle “preghiere potentissime” (o “efficacissime” a seconda delle volte) per ottenere una grazia. Siccome di grazia avevo bisogno, e pure tanta, una vagonata di grazia, comincio a leggere. Subito mi colpisce sapere di una certa Rita da Cascia (se non si intuisce, ero piuttosto digiuno sull’argomento), patrona dei casi disperati e apparentemente impossibili. Niente di meglio. Mi viene in mente una piccola chiesa vicino a casa. Lì si trova la statua di una donna che tiene alcune rose in mano, nel gesto di lasciarle cadere, sparse, sul pavimento, simile a quella rappresentata sullo schermo. Mi sembra una chiamata, e la decisone è rapidamente presa. Mi impegno ad andare presso il suo altare ogni mattino. A volte dico una preghiera, a volte accendo un lumino, il più delle volte tutte e due le cose.




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Resto positivamente sorpreso dalla mia fedeltà a questi gesti. Più della soddisfazione di chi persegue un qualcosa che ha iniziato, tasto con mano i frutti che queste pratiche subito portano nella mia vita. Comincio a sentire di non essere più solo. La mia non era una solitudine per mancanza di amici o di una ragazza, quelli c’erano entrambi. Era la solitudine di chi, di fronte alla drammaticità della vita, si sente, in fondo, l’unico garante del proprio destino e della propria felicità. Io che dipendo da me stesso e basta. La paura del fallimento mi terrorizzava. E così le persone, gli amici, la ragazza, per me erano solo una bella distrazione dalle fatiche di ogni giorno. Rapporti sterili perché privi di verità. E così, nel tentativo, piuttosto maldestro, di ingraziarmi santa Rita per piegare la realtà ai miei piani, la preghiera mi stava portando pian piano ad affidarmi e ad affidare. A fidarmi delle sorprese che, continuamente, scombinano i progetti e aprono scenari nuovi. Stava cambiando il modo in cui ero abituato ad affrontare la fatica e i problemi quotidiani. Stava cambiando la prospettiva su tutto.

Dopo poco tempo inizio a fermarmi anche per la Messa. Davanti al tabernacolo il mio io viene messo un’altra volta in discussione. Non soppresso: diventa un io in rapporto a un Altro. L’egoismo che mi rinchiudeva in me stesso diventa, a poco a poco, un’apertura. Ripeto: un’apertura. La fede non è un sentimentalismo! Se lo è si chiama moralismo.

Perché scrivo questo? Perché, per quanto entusiasta, ero (e sono…) ancora all’inizio di un cammino e il rischio di una deriva è sempre concreto. Ma questa apertura è da mantenere e curare. Per aiutarmi arriva un ennesimo regalo (lo dico con il senno di poi, eh 😉): a gennaio una perdita sentimentale mi apre una ferita profonda (quale apertura migliore di uno squarcio nel cuore?). Passo settimane terribili, mi sento totalmente privo, anzi, privato di vocazione. Per di più, non mi è del tutto chiaro il “perché”. Ma sono fatti. E Dio opera nei fatti.

È difficile da accettare per cui tocca “far lavorare le ginocchia”. Il mattino dopo, davanti alla mia cara santa Rita, prego e domando e provo, per quanto mi è possibile, ad affidare tutto. Si avvicina a me una signora di circa settant’anni. Mi guarda, mi sorride e mi fa: “Tu si’ nu bbravo guaglione. Ti piace la santa Teresina ah!”. Al che le dico stupito: “In che senso, mi scusi?”. Sono stupefatto, non avevo mai sentito nominare santa Teresina. Continuo a pensare a tutto il tempo perso pregando davanti a una santa di second’ordine. Ma chi è? Non certo una di quelle potenti lette su sito di novene.

I giorni successivi mi informo meglio su Teresina, e più la conosco più me ne appassiono. La sento famigliare. Decido qualche mese più tardi di iniziare la novena a lei dedicata. Chiedo una grazia che, sempre secondo quel sito (c’era anche lei, nel sito, alla fine…), avrei ottenuto insieme a una rosa. In effetti mi viene regalata una rosa alcuni giorni dopo, il 22 maggio. Giorno di santa Rita. Tombola.


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Che coincidenza assurda, se non la guardassi con occhi di fede. Credo che quelle due con me si siano divertite e si divertano ancora molto. Il mio cammino di fede è iniziato così, con una storia di amicizia. Bella perché non scelta, ma chiaramente data. Una compagnia che mi ricorda sempre che quello che desidero è quella pienezza e letizia la cui totale mancanza ha squarciato la mia vita, l’ha aperta e ferita per permettere a un Altro di venire e salvarla.

Se guardate una foto di santa Teresina, si vede che il suo volto cela a stento un sorriso e i suoi occhi lasciano intendere un profondo senso di divertimento. Il mio augurio per voi è di scoprire nella vita, come sta accendendo a me, due dimensioni fondamentali e solo apparentemente opposte dell’esistenza umana: fede e umorismo.

PS: Se non avessi visto sulla copertina del CD dei Mienmiuaif la foto di santa Teresina, non mi sarei mosso per conoscerli. Loro (e non solo loro) oggi sarebbero più sereni ma la nostra “santa combina incontri” avrebbe un motivo in meno per essere così divertita e sorridente.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

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