di Gabriel Motoa
Un paio di settimane fa, un amico che non vedo da un bel po’ di tempo mi ha scritto per dirmi che si trovava in città e chiedermi se avevo tempo per mangiare qualcosa con lui e parlare un po’. Un paio di anni fa abbiamo seguito delle lezioni insieme con altri amici, e da allora avevamo un gruppo su Whatsapp in cui condividevamo come andavano le cose o ricordavamo aneddoti di quel periodo. Dopo un po’ che parlavamo gli ho chiesto perché non rispondeva da tempo ai messaggi che gli inviavamo per sapere se andava tutto bene. Sono rimasto sorpreso quando mi ha detto che l’anno prima aveva vissuto un periodo molto difficile e per vari mesi il suo unico pensiero prima di addormentarsi era se prendere o meno un flacone intero di un medicinale che aveva sul comodino per togliersi la vita.
Mi ha detto che in quel periodo si sentiva costantemente triste, senza voglia di alzarsi al mattino. Pensava che nonostante i suoi sforzi continui molte cose non andassero come le aveva progettate, e questo lo faceva sentire peggio. Sapeva che c’era qualcosa che non andava, sapeva che poteva essere depresso ma negava di accettarlo, perché credeva che fosse normale sentirsi tristi di tanto in tanto e di poter gestire la cosa. Combatteva, inoltre, con l’idea che altre persone avrebbero potuto pensare che fosse “fuori di testa” se avesse raccontato cosa gli stava accadendo, e quindi esteriormente continuava a comportarsi come se nulla fosse, ma dentro di sé aveva perso la speranza. Non voleva parlare con la sua famiglia perché pensava che neanche i suoi cari lo avrebbero capito, e neanche lui sapeva come una persona con tutte le sue risorse e opportunità potesse sentirsi in quel modo. Ha quindi pensato che fosse meglio tenerlo per sé, e prendere a poco a poco le distanze dalle persone (noi compresi) che avrebbero potuto chiedergli come stava o com’erano i suoi progetti di vita, fino a quando ha avuto il coraggio di fare il primo passo per porre fine alla sua sofferenza una volta per tutte.
Per farla breve, mi ha detto che un giorno ha deciso che era il momento di cercare aiuto professionale e di accettare che da solo non ce la faceva. Ha consultato uno psichiatra e si è reso conto che da molto tempo soffriva di una grave depressione, e quindi ha accettato di iniziare un trattamento a base di farmaci e allo stesso tempo di ricorrere alla terapia psicologica. Durante quel processo è riuscito a condividere con i suoi genitori e i suoi familiari il fatto che era depresso e che per molto tempo aveva pensato di togliersi la vita. Ha ricevuto il loro sostegno e ha ripreso le attività in modo normale. Aveva voglia di andare avanti con la vita, e nel frattempo portava avanti la terapia.
Alla fine l’ho ringraziato per aver condiviso la sua storia con me e gli ho detto che poteva sinceramente contare sul mio sostegno, se lo desiderava. Mentre stavo tornando a casa ho iniziato a pensare: “Perché non ha avuto fiducia in qualcuno di noi? Perché ha deciso semplicemente di isolarsi? Perché qualcuno a cui tutto sembra andare bene nella vita e che ha un grande futuro davanti a sé è arrivato all’estremo di pensare di uccidersi? Avrei potuto fare qualcosa di più per aiutarlo nonostante la distanza? Come mai nessuno di noi ha visto un unico segnale di quello che stava accadendo? Quante persone possono vivere lo stesso in questo momento e non sanno che ci sono altre opzioni di aiuto?”
Ho deciso di scrivere questo post perché come cattolici a volte non sappiamo come affrontare certe situazioni, che possono essere molto complicate e richiedere qualcosa di più di un approccio a partire dall’aspetto spirituale, e il suicidio è una di queste. Vorrei condividere alcune risorse pratiche, dei segnali di allarme e delle condizioni che possono implicare un rischio più alto di depressione e suicidio, per poterli identificare quando qualcuno nella nostra famiglia o tra i nostri amici – o anche noi stessi – sta vivendo una situazione simile.
Il centro per il controllo delle malattie degli Stati Uniti (CDC, dalle iniziali in inglese) ha riferito questo mese che il tasso di suicidi tra uomini e donne con più di 10 anni è aumentato del 25% dal 1999. Uno dei dati più interessanti è che poco più della metà delle persone morte per suicidio non aveva una storia conosciuta di condizioni mentali particolari. Ciò significa che chinque può essere a rischio, e rafforza la necessità di riconoscere i segnali d’allarme.
In media, un suicidio influisce intimamente su altre 6 persone. Se si verifica in un istituto educativo o in un luogo di lavoro può influire su centinaia di persone. Il suicidio è quello che in Medicina si conosce come condizione “plurifattoriale”, ovvero non c’è un’unica causa conosciuta che può provocare o aumentare il rischio.
I fattori che contribuiscono più spesso al suicidio sono:
- 1. Problemi di salute mentale (in particolare disturbi affettivi come depressione e ansia, ma anche schizofrenia e certi disturbi della personalità, specialmente quando ci sono limitazioni all’accesso al trattamento)
- 2. Tentativi precedenti di suicidio o storia familiare di suicidio
- 3. Problemi nei rapporti personali (perdita recente di un rapporto, famiglie disfunzionali, rifiuto, vivere da soli…)
- 4. Situazioni stressanti nella vita (storie di traumi o abusi, mancanza di sostegno sociale, isolamento…)
- 5. Crisi recenti invalidanti di qualsiasi tipo (perdita del lavoro o crisi economica)
- 6. Problemi di salute fisica gravi e dolore cronico
- 7. Consumo di sostanze psicoattive e alcool (soprattutto quando non si può o non si vuole accedere a soluzioni di cura)
- 8. Problemi nel modo di affrontare le situazioni (impulsività, scarsa tolleranza della frustrazione, aspettative troppo elevate su se stessi o sugli altri, umore instabile, comportamento antisociale, senso di inferiorità…).
Con questo bisogna capire che non tutte le persone che attraversano crisi economiche o problemi nei rapporti personali hanno un rischio più alto di commettere suicidio, perché quello che per una persona può essere stressante per un’altra può non avere grande importanza. Bisogna tener presenti non solo i fattori associati, ma anche la persona che sta vivendo quella situazione, e il modo in cui risponde a condizioni avverse o difficili nella vita.
Alcuni dei fattori che proteggono di fronte al suicidio sono: avere una buona rete di sostegno, buoni rapporti con il nucleo familiare, capacità sociali, cercare aiuto per prendere decisioni importanti o di fronte alle difficoltà, essere ricettivi di fronte alle esperienze e ai consigli di altre persone, fattori culturali, partecipazione a sport, aderire a Chiesa, associazioni sportive o di altro tipo.
Nel caso di cui ho parlato all’inizio, ad esempio, non c’era alcun problema relazionale o economico evidente che potesse spiegare perché il mio amico si sentiva così, il che ha reso più difficile sospettare che potesse pensare al suicidio, anche ai suoi familiari.
Quando sospettare una depressione:
- Stato d’animo depressivo o tristezza costante
- Disturbi del sonno: dormire molto poco o in eccesso
- Perdita di interesse per le attività che prima piacevano
- Senso costante di colpa e disperazione
- Perdita di energia: sentirsi costantemente stanchi o affaticati
- Difficoltà a concentrarsi nel lavoro o nello studio
- Aumento dell’appetito e del peso corporeo o perdita dell’appetito e perdita di peso
- Movimento corporei molto lenti o molto veloci
- Idee di morte o di suicidio
Segnali d’allarme che possono aiutare a determinare se una persona cara può essere a rischio di suicidio e ha bisogno di aiuto:
- Sentimenti frequenti di depressione, ira, ansia o irritabilità
- Manifestazione del desiderio di morire o suicidarsi
- Facile accesso a mezzi per farsi del male, come armi da fuoco o qualsiasi altro tipo di armi
- Aver preso in considerazione un modo specifico per morire (cercare su Internet pagine sul suicidio o modi di morire “senza dolore”, aver comprato di recente un’arma…)
- Manifestare idee di disperazione come: “Sento che per me non c’è speranza”, “La vita è piena di disgrazie”, “Non vale la pena di vivere”, “La vita non ha senso”…
- Manifestare di sentirsi intrappolato nella vita o in un dolore insopportabile
- Parlare del fatto di essere un peso per gli altri (espressioni come “Sarebbe meglio per tutti se io non fossi qui”, “Sono stanco di essere un peso per tutti”…)
- Aumento recente nel consumo di alcool o di sostanze psicoattive
- Agire in modo ansioso o agitato, o avere condotte pericolose o temerarie
- Dormire molto poco o troppo
- Isolarsi progressivamente dagli altri, anche da amici stretti e familiari
- Far visita o chiamare altre persone per congedarsi, iniziare a regalare le cose che piacciono di più
- Mostrare segni di rabbia o parlare del cercare vendetta
- Cambiamenti d’umore estremi (essere felici subito dopo essere stati tristi o depressi per un lungo periodo)
Negli Stati Uniti, il suicidio è la seconda causa di morte nelle persone tra i 10 e i 34 anni, il che ci porta a tener presenti, oltre a quelli descritti in precedenza, anche alcuni segnali d’allarme negli adolescenti e nei giovani adulti:
- Comportamiento violento o ribelle inspiegabile o molto marcato
- Scarsa considerazione di sé e bassa autostima
- Storie di abuso o rifiuto in famiglia o da parte degli amici
- Comportamenti di promiscuità sessuale, atti di vandalismo o mancare costantemente a scuola
- Comportamenti autodistruttivi: farsi dei tagli o delle bruciature o eccesso di piercing o tatuaggi
- Cambiamenti recenti e drastici della personalità
- Mancanza di tranquillità, angoscia, agitazione o attacchi di panico
- Parlare o scrivere del suicidio, anche per scherzo
- Peggioramento del rendimento scolastico
È importante non aver paura di chiedere a una persona se si sente triste o depressa, e chiedere specificatamente se sta considerando il suicidio come opzione per quel momento e se ha un progetto specifico per metterlo in atto.
Nel caso in cui una persona che conoscete stia considerando il suicidio o vi manifesti un progetto specifico per realizzarlo:
- Restate tranquilli e disposti ad ascoltare
- Assicuratevi di rimanere per tutto il tempo con quella persona
- Non assumete un atteggiamento critico o di condanna
- Chiamate il telefono per le emergenze o le linee locali per la prevenzione del suicidio
- Cercate immediatamente aiuto medico o di un professionista della salute mentale. Se potete farlo in modo sicuro, portate la persona al Pronto Soccorso più vicino
- Eliminate le cose che possono essere letali come armi da fuoco, armi bianche, medicinali o qualsiasi altra cosa che la persona abbia menzionato come parte del suo piano
Una volta che siete sicuri che non ci sia un rischio imminente per la vita di quella persona in quel momento e la persona ha manifestato pensieri suicidi potete anche:
- Prendere un appuntamento per cercare aiuto con il suo medico di base o un altro professionista sanitario
- Chiamare un amico stretto o una persona cara per ricevere aiuto
- Contattare il sacerdote, il ministro, il leader spirituale o un altro membro della sua comunità di fede
- Non ignorare mai i commenti o le preoccupazioni sul suicidio.
Vorrei anche condividere un documento intitolato “Come affrontare il suicidio, insegnamento cattolico e risposta pastorale”, che contiene altre risorse e informazioni più dettagliate da una prospettiva cattolica.
Vorrei chiedervi infine scusa per essermi dilungato un po’ più del dovuto e ringraziarvi di aver letto questo post, che spero sia utile a molti. Ricordiamoci che abbiamo un Dio che ci ama senza limiti e per il quale la nostra vita è molto preziosa, indipendentemente dalle circostanze che abbiamo vissuto o che stiamo vivendo. Egli ci invita sempre a lasciarci riempire dal suo amore. Le situazioni difficili esisteranno sempre, e ci saranno momenti in cui sentiremo o vedremo che una persona vicina sta prendendo in considerazione il suicidio come unica via d’uscita. È allora che siamo invitati a confidare ancor di più in Dio, negli altri e a far uso di tutte le risorse che ci sono state date per preservare la vita.
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