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“Bao”, il controverso cortometraggio della Pixar che ci insegna a lasciar andare

Bao

Pixar / Youtube

Catholic Link - pubblicato il 25/06/18

di Nory Camargo

La Pixar l’ha fatto di nuovo. Com’è abitudine per il lancio dei suoi nuovi film, lo studio di animazione sorprende ancora una volta con un cortometraggio insolito chiamato Bao. Chi ha visto Gli Incredibili 2 ha avuto l’opportunità di vedere anche questo corto, che in questi giorni si è guadagnato critiche positive e negative.

La storia è incentrata su una madre e sul rapporto stretto che crea con il figlio. Tutto inizia quando la donna si siede a tavola accanto al marito per cenare, e l’ultimo “bao” (come viene comunemente chiamato in Cina un pane ripieno al vapore) prende vita e viene adottato come membro della famiglia. Col passare del tempo, il piccolo cresce e vive varie esperienze che gli permettono di capire che è in grado di socializzare con altre persone, di farsi degli amici e avere una fidanzata, e infine di allontanarsi da casa.

Questo corto ha uno stretto rapporto con la sindrome del nido vuoto, che si riferisce all’angoscia e al dolore che vive una madre vedendo sempre più vicina la partenza di un figlio. Anche se il corto completo non è disponibile, vi invitiamo a vedere il trailer, e se avete già visto il film capirete molto meglio di cosa stiamo parlando.

Ecco i tre motivi per i quali vale la pena di vedere questo bel cortometraggio. Se non lo avete ancora visto, vi avvertiamo che ci sono degli spoiler.

1. Tutti i genitori ci si possono identificare

Sia un padre che una madre possono identificarsi facilmente con i personaggi, ma la protagonista è la madre. La donna svolge il proprio ruolo con un elevato indice di iperprotezione, aspetto che in qualche momento della crescita dei figli caratterizza tutte noi che siamo già madri. La protagonista di questa storia si rallegra per i successi del figlio, si sforza di farlo sentire bene a casa, si preoccupa dei suoi cambiamenti d’umore, lo tratta con amore e affetto smisurati e in questo disperato tentativo di tenerlo accanto a sé si mostra infastidita di fronte alla reale ma dolorosa decisione del figlio di uscire con gli amici e trovare l’amore di una donna che in seguito sarà la ragione per la quale lascerà la sua casa.

Il corto toccherà sicuramente il cuore di tutte le madri che lo vedranno, ma in qualche modo avrà un effetto molto più emotivo su quelle che hanno già visto andar via i figli da casa per vari motivi: matrimonio, indipendenza, studio, viaggi, lavoro… E anche se spesso non si trova il modo per riempire il vuoto, il dolore che sperimenta una madre è una conseguenza dell’immenso amore che prova per ciascuno dei suoi figli. C’è una scena in particolare (la più criticata), quella in cui la madre rifiuta l’abbandono, il fatto che il figlio abbia preso la decisione di andarsene, e vuole aggrapparsi con tutte le sue forze a quel piccolo che ha allevato, a cui ha dedicato i suoi giorni e le sue notti e che vorrebbe supplicare in ogni modo di non lasciarla.

2. Parla dell’indipendenza

Questo aspetto è presente in qualsiasi bambino.

Nasce e pochi mesi dopo vuole sedersi da solo, camminare senza aiuto, mangiare con le proprie mani, cercare di mettersi le scarpe e i vestiti e anni dopo uscire con gli amici, presentare ai genitori la prima fidanzata o andar via di casa. L’indipendenza è un tema necessario, naturale ed evolutivo, ma sempre carico di dolore per i genitori, soprattutto per la madre, che nella maggior parte dei casi è la persona più vicina al figlio, quella che lo conosce da capo a piedi e alla quale costerà di più lasciarlo andar via.

Bao mostra con dettagli piccoli ma significativi che l’indipendenza è qualcosa di cui tutti abbiamo bisogno, ma che non tutti riusciamo a vedere, o perlomeno non allo stesso ritmo. Il detto per cui “i figli sono prestati” è crudele ma è vero. Il nostro ruolo di genitori cosiste nel vegliare sul benessere dei nostri figli, nel farli crescere nell’amore, anche se spesso, senza rendercene conto, diventiamo i protagonisti – genitori iperprotettivi che cercano di impedire che il figlio trovi un amore superiore a quello che trova in casa.

3. Ci fa vedere che bisogna lasciar andare

Per molti il tema di lasciar andare non solo un figlio, ma qualsiasi persona cara è molto complicato. Bao è una storia che ci permette di capire in pochi minuti quanto può far male, ma anche quanta gioia ci può offrire una volta che il “lasciar andare” si intende come un cammino inerente alla genitorialità e che dev’essere accettato con amore. La realtà è che per qualsiasi genitore sarà complicato da assimilare, ma questo corto ci dimostra che anche se il figlio decide di prendere un’altra strada ci sarà sempre qualcosa che unirà.

Anche se il padre non è molto presente nel corso della storia, il suo ruolo alla fine del corto è indispensabile. È il ponte che permette a madre e figlio di reincontrarsi dopo un po’ di tempo. Questa volta il figlio cerca di consolare la madre nel suo dolore, le si avvicina con dolcezza e le fa vedere che anche se ora on stanno insieme tutto il tempo saranno sempre uniti da un legame incancellabile.

La famiglia è un concetto che abbraccia infiniti significati e impegni. È dovere dei genitori essere sempre lì, ma è anche dovere del figlio tornare, valorizzare ogni sforzo fatto dai suoi genitori, separarsi senza arrivare a spezzare il filo che li unisce, capire che il cuore di una madre e di un padre dev’essere alimentato con lo stesso amore che ci hanno donato quando eravamo piccoli, indifesi e insicuri. È come se i ruoli si invertissero e i nostri genitori fossero quelle piccole piante da annaffiare, da alimentare con l’anima, da riscaldare con i raggi solari e a cui bisogna ricordare ogni giorno quanto valgono. Ci sono aspetti che non possiamo rimandare quando si tratta di educare i nostri figli, e che di fronte agli ostacoli che vivono tutte le famiglie di oggi bisogna approfondire.

Se non avete ancora visto il corto completo, è sicuramente un grande incentivo a vederlo più con il cuore che con la testa. Se siete una madre o un padre che ha dovuto “lasciar andare”, condividete con noi la vostra esperienza.

QUI L’ORIGINALE

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