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ONU, record di sfollati nell’ultimo anno: i numeri da tenere sempre a mente prima di parlare

ROHINGYA

Steve Gumaer-(CC BY-NC 2.0)

Paul De Maeyer - pubblicato il 22/06/18

Pubblicato il rapporto dell’Alto Commissariato per i Rifugiati: 68,5 milioni di persone costrette a fuggire da guerre, violenze o persecuzioni

Un mondo in fuga. Con queste parole si potrebbe riassumere il rapporto Global Trends. Forced Displacement in 2017presentato martedì 19 giugno 2018 dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR o UNHCR in inglese, da United Nations High Commissioner for Refugees) alla vigilia della Giornata Mondiale del Rifugiato, celebrata ogni anni il 20 giugno.

Dal documento, lungo una settantina di pagine, emerge che alla fine del 2017 un numero record di ben 68,5 milioni di persone nel mondo è stato costretto a fuggire da guerre, violenze o persecuzioni. Anche se nel corso del 2017 quasi cinque milioni di persone (cioè 4,2 milioni di sfollati interni e 667.400 rifugiati) hanno potuto tornare a casa, si tratta per il sesto anno consecutivo della cifra più elevata del post seconda guerra mondiale, così sottolinea l’agenzia ONU. Nel 2007 il mondo contava ad esempio “solo” 42 milioni di profughi.

La cifra di 68,5 milioni di esodi forzati, la quale — come ricorda l’UNCHR — supera la popolazione totale di un Paese come la Thailandia –, costituisce un aumento di 2,9 milioni rispetto all’anno 2016, quando erano infatti 65,6 milioni. Questo significa poi che nel corso del 2017 in media un abitante su 110 nel mondo è stato costretto a lasciare la propria casa.

Di questi quasi 70 milioni di rifugiati, sfollati interni e persone richiedenti asilo, più della metà (il 52% circa) erano bambini o minorenni, cioè soggetti di età inferiore ai 18 anni. Tra di loro quasi 174.000 bambini rifugiati, richiedenti asilo inclusi, erano non accompagnati e separati dalle loro famiglie, scrive il New York Times.

Infine, dai dati in possesso dell’UNHCR risulta che 16,2 milioni di persone hanno lasciato le proprie case per la prima volta o ripetutamente nell’arco del 2017 (cioè circa 44.400 al giorno o circa 1.850 ogni ora), di cui 11,8 milioni di sfollati interni.

Rifugiati, sfollati interni e persone richiedenti asilo

Della cifra record di 68,5 milioni di persone in fuga, 25,4 milioni erano rifugiati, vale a dire persone che hanno abbandonato le proprie case e terre per trasferirsi in un altro Paese, altri 40 milioni erano sfollati detti “interni” (cioè persone sfollate all’interno del proprio Paese) e 3,1 milioni erano richiedenti asilo. Per quanto riguarda quest’ultima categoria, il loro numero è aumentato nell’arco dell’anno 2017 di circa 300.000 unità, raggiungendo quota 3,1 milioni.

Rispetto al 2016 il numero di sfollati interni invece è sceso nel 2017 di 300.000 unità a quota 40 milioni circa. I Paesi con il maggior numero di internally displacedpeople (IDPs) sono la Colombia (ben 7,7 milioni), poi la Siria (6,2 milioni) e la Repubblica Democratica del Congo (4,4 milioni).

Dei 25,4 milioni di rifugiati, 5,4 milioni circa sono palestinesi — definiti anche rifugiati “a lungo termine” — assistiti dall’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East), mentre gli altri 19,9 milioni rientrano direttamente sotto la competenza dell’UNHCR.

Di quest’ultimo gruppo, più di due terzi (il 68%) provengono da soli cinque Paesi (in ordine decrescente): Siria (6,3 milioni), Afghanistan (2,6 milioni), Sud Sudan (2,4 milioni), Myanmar (1,2 milioni) e infine Somalia (986.400).

Paesi di accoglienza

Il rapporto Global Trends 2017 smentisce anche chiaramente la piuttosto diffusa (e politicamente sfruttata) percezione che i rifugiati si trovino maggiormente nei Paesi dell’emisfero boreale.

Anzi, è proprio il contrario, sottolinea il rapporto dell’agenzia ONU: sono i Paesi in via di sviluppo, “molti dei quali sono disperatamente poveri e ricevono scarso sostegno per prendersi cura di queste popolazioni”, ad ospitare l’85% circa dei rifugiati che rientrano sotto il mandato dell’UNCHR, ovvero 16,9 milioni di persone.

Tra i Paesi più virtuosi spiccano senz’altro il Libano, la Giordania e la Turchia. Quest’ultima Nazione ospita infatti sul suo territorio circa 3,5 milioni di profughi, soprattutto persone sfuggite al dramma che si sta consumando nella vicina Siria. Impressionanti sono anche le cifre relative al Pakistan e all’Uganda, che ospitano entrambi 1,4 milioni di rifugiati. Ma mentre la Repubblica islamica del Pakistan è un gigante demografico di più di 210 milioni di abitanti (censimento del 2017), il Paese africano conta circa 35 milioni di abitanti.

La Nazione invece che continua ad ospitare la proporzione di rifugiati più alta rispetto alla propria popolazione rimane il Libano. Secondo i dati dell’ONU, nel “Paese dei Cedri” almeno una persona su sei è un rifugiato. In Giordania questa proporzione scende a una persona su 14 e in Turchia a una su 23.

Se si includono poi anche i profughi palestinesi assistiti dall’organizzazione sorella dell’UNHCR, cioè l’UNRWA, allora queste proporzioni salgono a una persona su tre in Giordania e a una su quattro in Libano. In questi ultimi due Paesi mediorientali numerosi rifugiati si trovano in un limbo giuridico: infatti sia Amman che Beirut non hanno aderito alla Convenzione di Ginevra sul diritto d’asilo e perciò non garantiscono lo status di rifugiato.

Europa

Da parte sua, il Vecchio Continente ha accolto alla fine del 2017 circa 6,1 milioni di rifugiati, un numero che costituisce un forte aumento rispetto al 2014, quando erano circa 2,3 milioni. Se si esclude però la Turchia, la quale ospita attualmente 3,5 milioni di rifugiati, allora questa cifra scende a 2,6 milioni.

L’unica Nazione europea che figura nella “top 10” dei Paesi più accoglienti è la Germania della cancelliera democristiana Angela Merkel, che nel 2015 decise di aprire le porte del Paese ai profughi. Con 970.400 rifugiati a fine 2017, di cui 496.700 provenienti dalla Siria e 130.600 dall’Iraq, la Germania si trova al sesto posto della classifica dell’UNHCR.

Nonostante le grandi preoccupazioni in Europa per quella che viene percepita come una vera e propria invasione, l’incidenza dei rifugiati sulla popolazione dei singoli Paesi rimane comunque bassa. I due Paesi con il rapporto più alto tra rifugiati e abitanti sono Svezia e Malta, con rispettivamente 23,4 e 18,3 rifugiati ogni mille abitanti (dati relativi al 2016). E anche se le coste italiane sono tra le principali porte d’ingresso per i rifugiati in Europa, il “Bel Paese” si trova — con 2 rifugiati ogni mille abitanti — tra gli ultimi della classifica.

Spartiacque

“Ci troviamo a uno spartiacque, dove il successo nella gestione degli spostamenti forzati a livello globale richiede un approccio nuovo e molto più comprensivo, in modo che i Paesi e le comunità non vengano lasciati a se stessi ad occuparsene”, così ha detto l’alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi.

Ma c’è anche spazio per speranza, ha dichiarato il diplomatico italiano. “Quattordici Paesi stanno già sperimentando un nuovo piano per rispondere alle situazioni dei rifugiati e tra pochi mesi un nuovo Global Compact on Refugees sarà pronto per essere adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite”, ha detto.

Da parte sua, il segretario generale delle Nazioni, António Guterres, ha dichiarato martedì 19 giugno scorso durante una conferenza stampa a Lørenskog, Norvegia, che “le migrazioni sono un fenomeno inevitabile”. E, così ha aggiunto l’ex primo ministro portoghese, “se sono una necessità, allora è preferibile organizzarle, regolarle in modo che si svolgano in un quadro di cooperazione tra Paesi, affinché tutti possano trarne beneficio, specialmente coloro che oggi si trovano in condizioni disperate”. Guterres sa del resto benissimo di che cosa sta parlando: è stato dal 2005 al 2015 alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Il rapporto dell’UNHCR è arrivato senz’altro in un momento molto delicato per quanto riguarda la questione migratoria e i diritti dei rifugiati. Lo dimostrano la vicenda della nave Aquarius con 629 migranti a bordo alla quale è stato impedito di fare ingresso in un porto italiano e la politica di tolleranza zero dell’amministrazione Trump, ma anche la nuova legge approvata — ironia della sorte — mercoledì 20 giugno dal parlamento ungherese. La nuova normativa vieta alle ONG di venire in aiuto ai migranti.

Conviene tenere a mente le parole di una rifugiata rohingya in Bangladesh. “Il mio messaggio al mondo è che non voglio essere un rifugiato. Voglio che si possa tornare a casa nostra”, ha detto la 55enne Mutaybatu.

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