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Il Papa che insegna il gusto di mangiare insieme senza cellulare e televisione

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AFP PHOTO / OSSERVATORE ROMANO

Ary Waldir Ramos Díaz - pubblicato il 18/06/18

Aleteia ha parlato con Roberto Alborghetti, autore del libro “A Tavola con Papa Francesco. Il Cibo nella Vita di Jorge Mario Bergoglio”

“Una famiglia che non mangia quasi mai insieme, o in cui a tavola non si parla ma si guarda la televisione, o lo smartphone, è una famiglia poco famiglia”, ha detto il Papa nell’udienza generale dell’11 novembre 2015, e ogni volta che ne ha la possibilità insiste su questo punto. Dagli anni Settanta, del resto, Francesco per un voto alla Madonna non guarda la televisione.

Roberto Alborghetti ha scritto un libro che traccia un profilo inedito di Jorge Mario Bergoglio, che non rifiutava quasi mai un invito delle suore o dei parrocchiani a Buenos Aires per mangiare la bagna cauda, ricetta dei suoi antenati italiani, o divideva il cibo con i giornalisti quando non bastava per tutti ed emulava scherzando il senso della moltiplicazione dei pani e dei pesci dei Vangeli.

La pastorale di Papa Francesco passa anche per la condivisione di un piatto con il povero, il migrante e l’estraneo conosciuto lungo il cammino. Significa anche “portare le periferie a tavola” e “mettere le persone in condizioni di avere qualcosa da mangiare”, applicando al contempo “la cultura dell’incontro”, ha spiegato Alborghetti.

Nell’augurio di “Buon pranzo” “c’è il mondo di Francesco”. Il saluto domenicale dopo l’Angelus è ormai una tradizione, “una specie di finestra sull’ambiente festivo”, costruito nell’immaginario di “famiglie che preparano e cucinano”.

“Il pasto è un modo importante di condividere, di trasmettere idee, emozioni, sentimenti, discorsi”, il tutto in base alla “visione (del Papa) di una Chiesa fatta di relazioni tra persone”, ha aggiunto l’autore.

Nel testo, ricco di aneddoti, si mostra come l’agenda di questo pontificato passi anche per la tavola. La Casa Santa Marta, la residenza in cui vive il Papa in Vaticano, è diventata “uno spazio aperto all’ospitalità, di contatto con la gente che vi arriva ogni giorno”.

Alborghetti ha segnalato come aspetto forte del pontificato il fatto che “Francesco condivida il cibo nella sala da pranzo per i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e gli ospiti laici”, diremmo in un atteggiamento comunitario di sana socializzazione per nutrire lo spirito e il carattere.

“Papa Francesco non ha un menù speciale, nessuno gli prepara cose esclusive, ‘mangia quello che passa il convento’, come dice un detto popolare. Si adatta alla sobrietà dei piatti, che sono semplici”.

Il pastore si confonde quindi tra le pecore anche per mangiare. “Il Papa fa la fila (come tutti), prende il vassoio, si serve con quello che si mangia quel giorno e si siede al primo posto libero che trova. Non ha un posto riservato”, ha aggiunto il giornalista.

Nella sala da pranzo di Santa Marta c’è un universo vivo di relazioni, perché Bergoglio applica la cultura dell’incontro che passa anche per la condivisione del cibo, come ha fatto con leader e rappresentanti di altre religioni.

Alborghetti racconta che il Papa di tanto in tanto compie delle visite a sorpresa ai suoi amici della Curia argentini che vivono in Vaticano per prendere insieme un mate o un caffè.

Francesco interpreta bene l’immagine evangelica di Gesù che si sedeva a tavola con i pubblicani, gli emarginati e i peccatori, correndo il rischio di essere chiamato “mangione e beone”. “Dà grande attenzione ai senzatetto e alle persone povere; contrariamente a quello che si potrebbe pensare non si circonda di personaggi famosi al momento di mangiare”.

Alborghetti riferisce anche come Francesco estenda oggi la sua pastorale a gesti concreti come quello del 19 novembre 2017, quando in occasione della prima Giornata Mondiale dedicata ai poveri, da lui istituita, ha trasformato la solenne Aula Paolo VI del Vaticano in un’immensa mensa popolare.

In quell’occasione, sono stati preparati circa 150 tavoli per ricevere 1.500 invitati speciali: mendicanti, senzatetto e rifugiati. Francesco ha pranzato con loro condividendo il menù: gnocchetti sardi, spezzatino con verdure, tiramisù, acqua, aranciata e caffè.

Il Papa argentino professa di condividere la tavola e il cibo, presentando quel momento come sacro, destinato a unire la famiglia e la comunità, concetto cristiano “molto legato alle sue radici culturali”, dei suoi parenti di origine piemontese, la terra di nonna Rosa.

Da ciò deriva un’“attenzione per la cultura della tavola e per come si recuperano gli avanzi di cibo”. In un’udienza generale, il Papa ha riferito che da piccolo gli è stato insegnato che gettare il pane è un peccato, e quando questo cadeva per sbaglio a terra si raccoglieva, in atto penitente, e si baciava.

Alborghetti ha sottolineato che molte delle riflessioni presenti nei suoi discorsi, nelle sue omelie e nelle sue parole a Buenos Aires si riflettono in ciò che fa e dice a Roma. Bergoglio “è un pastore, un sacerdote, un uomo di fede; soprattutto, per me, è coerente con ciò che era prima di essere Papa. Ho trovato nella sua vita questa coerenza, questo essere fedele a se stesso, fedele all’idea che ha del Vangelo, il Vangelo della gente”.

JORGE MARIO BERGOGLIO,POPE FRANCIS,YOUNG
AFP Photo | Ho | Bergoglio Family

Il giornalista, che ha studiato gli archivi dell’arcidiocesi di Buenos Aires, ha raccontato un episodio poco noto del ritorno di Jorge Mario Bergoglio in Piemonte quando era già sacerdote, per ripercorrere i passi dei suoi antenati. “Si è inginocchiato, ha raccolto un pugno di terra della fattoria in cui lavoravano i suoi nonni e lo ha portato come ricordo in Argentina”.

È stato quindi un gesto simbolico compiuto in ricordo di chi ha dovuto lasciare la propria terra per motivi di lavoro. Così “hanno fatto i suoi nonni e suo padre negli anni Venti”.

Non è un caso che Bergoglio usi in varie delle sue omelie la figura della terra, che è segno di vita e di fecondità. Ritiene infatti che “i prodotti della terra abbiano un valore ‘sacro’, semplicemente perché sono frutto del lavoro quotidiano di persone, famiglie, comunità e contadini”.

In questa direzione si inserisce l’appello costante del Pontefice a favorire “la lotta contro lo spreco del cibo e per un’economia che abbia una dimensione umana coerente con la realtà di 870 milioni di persone che non hanno il pane quotidiano”, ha concluso Alborghetti.

Ad esempio, dietro le iniziative dell’Anno della Misericordia (2015/2016) c’è il messaggio di aprire lo spazio della nostra tavola a chi non ha nulla, “l’invito a condividere e a far sedere intorno a una tavola sempre più persone”. “Nei tanti luoghi che visita non manca mai il concetto della tavola estesa a cui sono invitate molte persone”.

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