Un libro appena uscito che analizza i Messaggi del Pontefice dal 2014 ad oggi per le giornate mondiali delle comunicazioni socialiSe il cristianesimo (e in generale la storia della salvezza) è la storia della vicenda di Dio con noi è altresì vero che questa storia è piena di atti comunicazione. Dio parla spesso con l’uomo, la Bibbia è piena di dialoghi tra Dio e questo o quel profeta, fino all’intervista più importante della storia dell’umanità: quella di Mosé a Dio. C’è del faceto in queste parole ma anche una seria considerazione: Dio è comunicazione, e forse proprio per questo il massimo teorico della comunicazione fu un cattolico convertito come Marshall McLuhan. Questione di affinità. E di questa stessa affinità si sono accorti il professor Gianpiero Gamaleri e il giornalista di Radio Rai 1 Fabrizio Noli, che hanno da pochissimo licenziato un testo dal titolo accattivante: “Papa Francesco giornalista. Cinque messaggi sulla comunicazione 2014-2018“, edito da ElleDiCì. Un libro dedicato al pontefice, nominato per l’occasione giornalista onorario, non solo per la sua capacità di “dare il titolo” come si dice in gergo, con il suo linguaggio immaginifico e tuttavia asciutto, ma anche per la sua cura per l’etica e la deontologia del giornalismo, della verità dell’informazione, della centralità della persona in relazione ai mass media. Nel volumetto per ogni messaggio due interviste ad esperti di comunicazione e giornalismo per commentare le parole del pontefice, un modo per capire come anche – e forse soprattutto – i laici si confrontino con il pensiero del Papa.
I cinque Messaggi che nel libro vengono presentati sono legati ad altrettante parole chiave:
2018 – Pace, ponendo al centro le persone che, libere dalla bramosia, sono pronte all’ascolto e attraverso la fatica di un dialogo sincero lasciano emergere la verità.
2017 – Speranza, riconoscendo come Dio stesso, nello scenario drammatico di questo mondo, stia componendo la trama di una storia di salvezza.
2016 – Misericordia, che, citando Shakespeare, «scende dal cielo come il refrigerio della pioggia sulla terra. È una doppia benedizione: benedice chi la dà e chi la riceve».
2015 – Famiglia, primo luogo in cui impariamo a comunicare, ad abbracciarsi, sostenersi, accompagnarsi, decifrare gli sguardi e i silenzi, ridere e piangere insieme.
2014 – Incontro, come nella parabola del Buon Samaritano, esaltare la comunicazione come “prossimità”, capace di raggiungere le periferie esistenziali
Per approfondire, Aleteia, ha intervistato il collega Fabrizio Noli, a cui abbiamo chiesto, come nasce questo libro…
L’idea nasce da una intuizione del professor Gianpiero Gamaleri che è tra i più noti esperti di comunicazione in Italia, ed è uno dei massimi studiosi di McLuhan. L’idea alla base del libro è che i Messaggi siano stati spesso tralasciati anche perché pur essendo in Maggio la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, il tema viene anticipato a Maggio, certamente per poterlo dibattere, ma questo purtroppo lo depotenzia. Abbiamo voluto quindi soffermarci su una analisi più attenta di questi messaggi papali e abbiamo scoperto che possono essere molto utili per il lavoro dei giornalisti. E quindi abbiamo provato di sezionarli e sottoporli ai colleghi laici e credenti per capire come venissero recepiti.
Il Papa, mi dicevi, è un “direttore editoriale” formidabile, cosa intendi?
Il Papa dà delle direttive ai media sul senso e la missione del nostro ruolo sia a livello giornaliero che di vita. E’ un pontefice che ha perfetta cognizione degli strumenti giornalistici ma ovviamente anche per ruolo ha uno sguardo ampio e sa far capire quali sono le cose importanti per l’umanità.
Al centro della “filosofia della comunicazione” di Francesco c’è il tema dell’ascolto
Il Papa è consapevole che l’ascolto corrisponde ad un martirio. E’ solo così che si costruiscono i ponti, immedesimandosi nell’altro: la comunicazione serve ad abbattere i muri e le barriere. Come ci può essere comprensione senza ascolto? La fretta ci ha tolto questa capacità di costruire relazioni, anche nel lavoro giornalistico spesso troppo poco meditato. La lentezza, nella concezione papale, è quella che invita ad essere più analitici nelle nostre riflessioni.
Il messaggio per il 2018 è stato provvidenzialmente contro le Fake News. Sono un male tale da doverlo affrontare anche a livello di pastorale della Chiesa…
Anche il Papa del resto ne è vittima: pensiamo anche alla notizia durante il secondo sinodo, quello sulla famiglia, durante il quale si diffuse una notizia su un presunto tumore del Papa. Le fake news ci sono sempre state sia chiaro, ma oggi sono più pericolose perché sono (o sembrano) essere più plausibili e sono molto più aggressive e invasive grazie ai media digitali. Noi giornalisti dobbiamo essere ancora più attenti. La missione che il papa ci affida è questa sostanzialmente.
Il Papa parla di speranza (quindi di non alimentare le ansie ingiustificate), di rispetto della persona (quindi niente mostro sbattuto in prima pagina o tv del dolore), di lotta alla fake news (quindi di controllo costante delle fonti). Non sarà il caso di dargli una meritata cattedra di deontologia giornalistica?
(ride) Effettivamente questi messaggi andrebbero fatti studiare ampiamente, specie nei corsi di aggiornamento dell’ordine dei giornalisti. Il Papa dice cose davvero interessanti, anche quando parla (come nel messaggio del 2014, NdR) di tenerezza: è un richiamo ad un giornalismo più attento ed empatico alle esigenze di chi legge, un qualcosa di essenziale per noi che facciamo questo mestiere.
Un ultima domanda: qual è il commento, dei molti che avete chiesto ad esperti di giornalismo e comunicazione che ti ha colpito di più?
Tra gli interventi che sono tutti significativi, mi ha colpito molto il commento – che è nell’introduzione – di Marco Politi che spiega come da cardinale, Bergoglio, fosse lontano dai computer e dai social, ma che da Pontefice abbia sviluppato una attenzione immediata a questo tema, così cruciale oggi. Anche l’intervento di Beppe Giulietti (presidente FNSI) che giustamente dice che il giornalismo non può non essere attratto dalle periferie e che si deve tornare ad un giornalismo radicale, di guardare all’essenzialità delle cose senza ricami. Si tratt di tornare allo spirito originario del giornalismo.