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Intorno a me vedo solo cose negative, come avere speranza?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 13/06/18

Ciò che non si vede dà colore alla realtà

Credo di avere due possibilità al momento di guardare la realtà.

Posso vedere tutto nero. Posso vedere il peccato, quello che manca, la corruzione, l’abuso, il cattivo uso di un dono, lo spreco di una vita…

Posso soffermarmi sul lato più umano, o meglio più mondano della vita. Nei dettagli grigi che sono la trama occulta di un’opera che brilla.

A volte resto con quello sguardo tanto umano, tanto mondano, tanto povero… Mi ricreo nelle cadute che provocano sconfitte e minacciano con un futuro grigio e incerto in cui tutto è sospetto.

Nessuno è libero di essere un corrotto, un bugiardo, un falso, un abusatore, una persona che copre, che insabbia.

Posso sviluppare le mie doti poliziesche per scoprire più spazzatura nascosta sotto il tappeto. Più furti, più immondizia.

Posso specializzarmi nel raccontare con voce chiara i nascondigli occulti di mille vite che solo Dio conosce. Posso presumere con la mia intelligenza e il mio sguardo chiaro che scopre il peccato senza alcun complesso. E lo denuncia.

E lo porta alla luce perché il mondo impari, perché chi non ha occhi veda. E capisca che ci sono corruzione, cattiveria, peccato, debolezza.

Come se non lo sapessero già guardando la propria vita. Ma voglio che tutti lo sappiano. E non so, così credo di sentirmi migliore. Ma è una menzogna. Questa opzione non mi rende felice.

È l’opzione di rimanere nella crisi, nel fallimento, in quello che non funziona, e di denunciarlo. Di trasformarmi in giudice. Non so se questo sguardo è quello che aiuta di più. So che c’è peccato.

L’inganno e la caduta. Il peccato e la solitudine di chi pecca. L’oscurità del male che si annida nell’anima. Posso avere uno sguardo grigio. E restare come uno scarabeo stercorario a raccogliere la sporcizia del mondo.

O posso guardare la vita con altri occhi. Voglio conservare uno sguardo puro e innocente. Uno sguardo che mi permetta di vedere l’altro lato dell’arazzo, quello che brilla, non quello con i fili intrecciati e sporchi.

Non mi soffermo sul peccato che mi ricorda da dove vengo, ma sulla luce che brilla davanti ai miei occhi e mi ricorda tutto quello che sono chiamato ad essere. La promessa di Dio che grida nel mio petto.

Non dubito della bontà che porto incisa nell’anima. Posso pensare bene. Posso guardare bene. Posso parlare bene. Posso riscattare la luce che brilla in mezzo al fango. E credere in quel Dio che mi ha chiamato a riflettere il suo amore tra gli uomini.

“Le gioie più intense della vita nascono quando si può procurare la felicità degli altri, in un anticipo del Cielo”[1].

Lo faccio goffamente, ma con la ferma convinzione che Egli renda possibile l’impossibile nella mia vita.

Sono chiamato a creare spazi di cielo in cui si respiri una gioia vera. Quello sguardo puro è quello che mi dà pace. Parlare bene, pensare bene. L’anima si amplia.

E mi fa sognare le vette e credere che la vittoria sia di Dio. Al di sopra del male, della tentazione e della caduta. Al di sopra della debolezza della mia carne. E della fragilità del mio spirito.

Dio ha già vinto il demonio. Per questo credo nei miracoli che Gesù compie con la mia vita. Quei miracoli che io non vedo e sono occulti. Quelli che a volte apprezzo come un regalo immenso. Non sono così lontano dal cielo come temo a volte. È qui presente, in me, al mio fianco.

Diceva padre Josef Kentenich: “Ci consideriamo, un modo chiarissimo, una colonia del cielo, e contempliamo l’aldiqua sempre alla luce dell’aldilà. Un aldilà che determina la nostra norma, il nostro ritmo di vita, il nostro dinamismo” [2].

La nostra vita ha una luce che dà speranza. Credo che sia quello che manca intorno a me. Persone che parlano con speranza. Che sognano un futuro migliore nelle incertezze che mi circondano.

Voglio parlare di più del cielo qui sulla terra. Conoscendo ciò che c’è. Ma vedendo quello che non si vede. La grazia occulta. I miracoli nascosti. La bontà che non sembra brillare tra le vite mediocri.

Voglio essere una luce che risveglia le anime addormentate. Manca speranza. Manca fede in un futuro migliore che io stesso costruisco.

Se resto attaccato a quello che non mi piace, infastidito, ferito, arrabbiato, se non costruisco e non confido in quello che posso fare della mia vita, nessuno lo farà per me.

E l’ambiente in cui mi muovo avrà sempre quel retrogusto di pantano, anziché aiutarmi a toccare il cielo.

Guardo al di là delle apparenze che non mi piacciono. Guardo il cuore umano e tutto quello che posso arrivare a fare se permetto che Cristo mi prenda e mi faccia suo.

Se lascio che attraverso la ferita aperta del mio costato Gesù entri e rimanga con me. E mi riempia del suo amore, della sua vita. Solo così potrò continuare a lottare. Dando la vita.

[1] Papa Francesco, Esortazione Amoris Laetitia
[2] Kentenich Reader Tomo 1: Incontro con il Padre Fondatore, Jonathan Niehaus

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