Ciascuno di noi è chiamato ad accettare il periodo della vita in cui sta vivendo... anche quando non vorrebbe
Per molti anni sono stata immersa nel bailamme provocato dal piccolo esercito creato da Dio, mio marito e me e che mi sta lentamente distruggendo nei modi più dolorosi e splendidi, un pannolino e un capriccio per volta.
Ero così sopraffatta dal caos, dalla confusione e dall’autentico sfinimento che non riuscivo a immaginare questo momento.
Il momento in cui mia figlia maggiore sta morendo dalla voglia di prendere la patente, la seconda è appena entrata nell’adolescenza, il terzo sta arrivando all’età a due cifre e il quarto grazie ai primi tre non ha più bisogno di troppo aiuto.
E poi c’è il quinto. L’unico con cui ho avuto il privilegio e la benedizione di stare a casa e per il quale ho usato tutta l’esperienza accumulata in precedenza. Tutto ciò che riguarda questo bambino è inciso dentro di me, in un posto al contempo tenero e duro, grato e forte.
E questo quinto figlio non vede l’ora di andare alla scuola dei grandi.
Non la prendo sul personale.
Una parte di me è sollevata e scoppia di orgoglio e di trepidazione per quello che verrà, mentre un’altra parte sta… ribollendo.