78 vittime, 192 dispersi e 3 mila evacuati: in questa tragedia umanitaria c’è anche il piccolo miracolo di una neonata recuperata viva dalle macerieAccade lontano da noi, può sembrarci quasi irreale. L’eruzione del vulcano del Fuego sta mettendo in ginocchio il Guatemala.
I dati sono devastanti: si parla di 78 vittime accertate, 192 dispersi e 3 mila persone evacuate. Da domenica scorsa il bilancio si aggrava di ora in ora e i soccorsi sono stati bloccati, o rallentati, proprio perché la bocca di fuoco continua a essere pericolosamente attiva. Nelle zone più colpite il terreno raggiunge anche temperature di 300° a livello quasi superficiale, rendendo impossibile l’intervento delle forze di salvataggio. Fuoco, un’immensa nuvola di ceneri, corpi carbonizzati e una natura pietrificata. L’inferno.
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«La chiesa della Madonna di Guadalupe di Escuintla si è trasformata in un centro di assistenza dove le mamme allattano i loro bimbi, i vecchi consumano il pasto offerto dagli aiuti mentre ogni tanto entra qualcuno cercando, disperato, la moglie o un figlio» si legge su Avvenire.
La parola giornalisticamente più usata in questi casi è apocalisse. Uomini, famiglie, gente come noi vengono colti di sorpresa e scaraventati via, strappati dalla propria intima quotidianità; una potenza incontenibile e inumana s’impone senza pietà. Come a Pompei, le creature viventi si riducono a presenze piccolissime, fragilissime, schiacciate dal gigante infuocato.
Proprio sulle pendici del Vesuvio, Leopardi ambientò La ginestra, testo poetico su cui molti dei nostri maturandi stanno sudando e sbuffando, pensando che siano versi lontani e astratti. Un fiore osa crescere e mandare il suo profumo aggrappandosi alla terra secca e arida di un vulcano. Un niente odoroso tra le grinfie del gigante di fuoco.
Sempre l’occhio dell’uomo ha cercato e cercherà la presenza di un miracolo nella devastazione, impossibile lasciare il finale della storia solo e solamente al male che nullifica. Ci ricordiamo di Rigopiano? Quei bimbi salvati sotto una imponente coltre di neve? In Guatemala è accaduto qualcosa di simile e straordinario: una bambina piccolissima è stata salvata, tirata fuori da una montagna di macerie e ceneri.
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Un video ha immortalato la scena, e i colori raccontano il senso dell’evento: in una massa uniforme di grigio opprimente, ecco un tocco di rosa vivacissimo. E’ la coperta che avvolge la piccola, sana e salva tra le braccia di un soccorritore dagli occhi sgranati. Buon Dio, dai anche a noi il dono di quegli occhi. Sono lo specchio di chi ha visto e non può tacere, di chi non poteva sperare che davvero un simile prodigio accadesse. Questo piccolo evento di bene non lenisce il dolore per tutti i morti, per la distruzione, ma è la bussola del nostro fare. Uno degli esseri più indifesi e fragili si è salvato in mezzo all’apocalisse. Come è possibile? Non sappiamo, come non lo abbiamo saputo per Rigopiano e non lo sapremo nelle catastrofi a venire.
Sappiamo solo che di fronte a ogni tentativo di annichilimento e devastazione dell’umanità vorremmo essere, e tenteremo di stare, così come quel soccorritore: all’erta, pronti a strappare al buio ogni briciolo di vita.