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Anna Chiara e Gigi De Palo: famiglia è dare spazio alla bellezza (VIDEO)

GIGI DE PALO, ANNA CHIARA GAMBINI

Gigi De Palo, Anna Chiara Gambini

Annalisa Teggi - pubblicato il 06/06/18

Ogni figlio che nasce, ogni incontro (anche ogni scontro!) domestico, ogni notte insonne o colazione insieme è l'impronta di Dio che non si stanca di sorprenderci

Lui le mette in mano le chiavi dell’auto dicendole: «Tu sai dove andare». Lei mette in moto e va.
Forse, nei loro cuori giovani, non era chiara la forma precisa della meta, ma la strada era una: il matrimonio.
Come quando vai al mare e hai prenotato l’albergo e gli amici che ci sono stati si sperticano nel fare racconti entusiasti; non sai esattamente cosa troverai, ma sai che sarà bello. La destinazione c’è, e tu però la vivrai in un modo unico e irripetibile.




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Così, in uno stanco pomeriggio tra due fidanzati a zonzo, e cioè nel modo meno romanzato possibile, comincia la storia di una famiglia ampia e abbondante, di quelle che facilmente si etichettano come «numerose». Numeroso è il gruppo che mi sta davanti in fila alla posta, anonimo e indistinto. Ma le famiglie sono ampie, cioè spalancate; e abbondanti, cioè così piene di gusto da chiedere il bis, e il tris.

Loro, Gigi De Palo e Anna Chiara Gambini, sono come la polvere (mi perdoneranno il paragone?): conoscono angoli di casa mia che nessuno vede, e ci s’infilano. È questa l’impressione che ho avuto leggendo d’un fiato il loro Ci vediamo a casa (ed Sperling & Kupfer), un libro ufficialmente scritto a due voci – quella di lei e di lui – ma evidente riverbero di tutte le voci che fanno parte della loro storia.

Innanzitutto i loro cinque figli, e poi gli amici – quelli così fantastici e liberi che t’invitano a casa senza aver messo in ordine – , e poi i nonni, le mamme su Whatsapp, e poi la voce calda dell’Africa, e poi mille altre. Sono tutte da ascoltare, perché dietro ciascuna c’è un solo ed unico speaker; quel Padre che dal cielo manda mille suggestioni attraverso mille messaggeri, ma ti lascia in fin dei conti libero di ascoltare oppure no.

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Gigi e Anna Chiara ascoltano tantissimo (seguiteli qui):

Le cene a casa De Palo sono una gioia. Anna Chiara sbraita in continuazione. Maddalena non mangia, oppure se mangia lo fa con una lentezza simile a quella del bradipo di Zootropolis. Gabriele, se non stiamo attenti, si divora anche i piatti. Giovanni ti racconta ogni minimo dettaglio delle sue giornate. Infine Therese, con aria supponente, interviene in ogni conversazione. Io, sempre a dieta perché ho un metabolismo tristemente lento, alla faccia della mia golosità, ascolto e mi diverto guardando tutta questa varietà di mondo attorno a un tavolo. Ognuno di noi è un universo, una galassia, un’impronta digitale unica e irripetibile.

Non mi sono confrontata con gli autori, è un mio intuito, ma trovo conferma in queste parole dell’idea che spesso ripeto a mio marito: dovremmo ispirarci agli Addams come modello familiare. Ognuno è matto a modo suo. Ognuno è accolto perché è una variabile impazzita che scompiglia lo status quo e aggiunge meraviglia alla nostra pigrizia mentale.

[…]decidere di mettere su famiglia, prima di essere una scelta che porta dei vantaggi economico-fiscali (anche perché in Italia non li porta), è una scelta di bellezza.

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Non è solo una frase a effetto, è un grido di battaglia. Mille attriti quotidiani, tanto stupidi o tanto gravi, remano contro la coscienza di questa bellezza domestica. Dico coscienza perché non è la bellezza a venire meno, ma la nostra capacità di riconoscerla.

E qui entra in gioco la polvere. Quella che si rintana, recidiva, negli angoli ciechi.

Lì, nella quotidiana fatica che tieni nascosta agli altri e a te, arrivano Gigi e Anna Chiara a buttare un fascio di luce. Sono liberi di raccontare quello che sappiamo benissimo e non sempre è decoroso mostrare. Si litiga, ad esempio, in un matrimonio che funziona. E quando si litiga non esiste un profilo migliore da mostrare …

Mi ha rinfacciato proprio quello che cerco di dimenticare, ha voluto umiliarmi nella mia debolezza. Più mi conosce e più sono vulnerabile. È un cane che si morde la coda: più le mostro le mie fragilità e più sa come e dove ferirmi, dove farmi male. Ci sono angosce vere che portano preghiere e lacrime silenziose, e pesi che in due fanno meno paura. Ci sono angosce false a cui basta quell’attimo di veglia, quel sorriso ascoltato con le orecchie e reso invisibile dal buio, per dissiparsi nella confusione di un sogno.

Devo ad Anna Chiara un  grazie gigante per aver sollevato il lembo di una ferita di cui raramente si parla a proposito di matrimonio e che, nel caso di una famiglia di 7 persone, potrebbe essere assurdo chiamare in causa: la solitudine. C’è. Tra una moglie e un marito che si amano nel modo più profondo possibile, c’è questo territorio vertiginoso di isolamento:

Essere una carne sola non è un concetto, ma una realtà. Però è una realtà a cui si tende, e tutto ciò a cui si tende per non distorcersi ha bisogno di un tempo di riposo: è vero nella fisica come nel quotidiano. Rimaniamo due persone – a volte aggiungerei «per fortuna» – e alla fine, se risponderemo di quanto abbiamo fatto, risponderemo ognuno per sé. Per questo nel matrimonio siamo destinati alla solitudine, oppure alla distorsione. Leggi anche:Emanuela e Marcello: 9 sotto un tetto… d’amore e Provvidenza

È tipico, di chi è capace di essere così trasparente e profondo nel modo di guardarsi e guardare il mondo, riuscire a dire tantissimo osservando gli strumenti, gli oggetti, le occasioni e le faccende che si hanno tra le mani. Inezie diventano specchi luminosi, se l’ipotesi di partenza è che tutto è per noi.

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Per tutto il tempo che ho trascorso in casa De Palo mi sono sentita continuamente rassicurata, sì: ogni loro riflessione o peripezia domestica era una pacca sulla spalla a me, ad andare avanti così – come si può – nell’avventura disastrosa e meravigliosa di essere moglie e madre. Le forze a disposizione vanno bene, anche se si zoppica. L’aiuto arriva, se lo si chiede. Le sorprese che Dio ci riserva, si rinnovano di giorno in giorno.
È vero, purtroppo, il tempo che ho trascorso con loro è stato solo virtuale; ho vissuto la loro casa per come emerge dal libro, ma mi pareva proprio di essere della loro banda. E se dovessi dire dove mi immaginavo seduta a seguire le loro giornate campali e felici non avrei dubbi:

Il corridoio di casa nostra è lungo e largo e ci si passa bene in due. Un corridoio di quelli di una volta, che nelle case di oggi non si usano più, perché è «troppo spazio sprecato». È vero, eppure i corridoi sono luoghi fantastici, mistici, luoghi di transizione, sottolineatura dei flussi di una famiglia.[…].Bisognerebbe tornare ad avere più corridoi, perché i corridoi educano all’infinito.

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