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Doveva morire appena nato, invece ha festeggiato il primo compleanno: la grande battaglia del piccolo Cosimo

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© Ségolène de Cacqueray

Constance Ory - pubblicato il 06/06/18

La vita è un dono di Dio e, di tanto in tanto, qualche potente segno c’impedisce di scordarcene. Il 6 giugno 2017 il piccolo Cosimo è scivolato nel mondo senza fare troppo rumore, ma molto presto ha chiesto tanto ai propri genitori, ai medici, agli infermieri. I suoi amici si sono moltiplicati attraverso un’immensa catena di preghiera… e ieri il piccolo ha compiuto un anno. Auguroni, Cosimo!

Constance Ory: Come potreste presentarci Cosimo?

Ségolène e Aurélien de Cacqueray: Cosimo è nato il 6 giugno 2017 con una malformazione sotto la vescica (un tappo che impediva progressivamente l’evacuazione dell’urina), cosa che ha affaticato la sua vescica e i suoi reni durante la gravidanza. È nato a Parigi, a 300 chilometri da casa nostra e dai suoi fratelli e sorelle. Dopo un mese di operazioni e di cure i medici ci hanno detto che la sua insufficienza renale era troppo importante, e che non avrebbero più potuto fare alcunché per lui. Cosimo è dunque passato alle cure palliative a partire dal 12 luglio… Avevamo fatto di tutto per portarlo a casa, perché vivesse la sua famiglia appieno. L’estate è passata e Cosimo era sempre con noi. Gracile ma ben presente! I medici ci avevano detto che avrebbe dormito sempre di più e mangiato sempre di meno. Invece continuava a svegliarsi, e sempre più spesso, e bene o male i suoi biberon, piano piano, se li beveva. Per il colmo della nostra gioia, e con grande sorpresa dei medici, a fine settembre lo staff ci ha annunciato una sensibile diminuzione della sua insufficienza renale: sarebbe vissuto! Che vittoria di vita! Il piccolo Cosimo è un vero guerriero. La Santa Vergine e san Charbel l’hanno protetto.




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C. O.: Che cos’è che ha stupito i medici?

S. & A. de C.: Un’insufficienza renale si ripercuote su tante cose, nel corpo umano: ritardi nella crescita, calo del tono muscolare, crollo dell’appetito e via dicendo. Un valore chiamato creatinina permette di valutare a spanne l’insufficienza renale. Per un neonato la creatinina si aggira sui 40 punti, mentre quella di un adulto sta tra 100 e 120 (se ho ben capito, eh: non siamo medici). Quella di Cosimo era salita a 480 la settimana dopo la sua nascita. Poi è tornata verso 270 e si è stabilizzata su quella soglia dopo una dialisi effettuata a giugno. Un tasso comunque troppo alto per un neonato: il suo sangue si avvelenava. I medici non potevano fare niente per un bambino così piccolo. Ci hanno spiegato che gli sarebbero rimasti da pochi giorni a poche settimane di vita. Poi, a settembre, siamo arrivati al terzo mese. I medici volevano fare il punto e hanno deciso di ripetere gli esami del sangue. Il suo tasso di creatinina era sceso ancora a 200, poi a 125 alla fine di settembre. I reni di Cosimo s’erano quindi rimessi parzialmente in moto: non abbastanza perché potesse vivere senza supporto medico, ma a sufficienza perché non fosse più in pericolo. I medici non si sanno spiegare questo improvviso calo. Nel rapporto del Necker [famoso ospedale pediatrico di Parigi, N.d.T.] si legge: «Il tasso di creatinina è crollato in modo sorprendente».

C. O.: Come spiega il fatto che Cosimo sia tanto amato dagli infermieri?

S. & A. de C.: Cosimo è un bambino molto buono. Piange poco, anche per addormentarsi o quando lo si cambia oppure gli si fanno le iniezioni… Ha uno sguardo profondo che cerca quello degli altri e non lo molla. Sorride e ride facilmente. Quando andiamo al Necker le infermiere che si sono occupati di lui per un mese e mezzo dopo la sua nascita tornano a vederlo. Sono molto legate a lui. A luglio lo avevano salutato con un “arrivederci” che pensavamo fosse definitivo. Cosimo è un po’ la loro mascotte. A casa è seguito due volte a settimana con un’ospedalizzazione a domicilio. È il loro primo paziente “neonato”: abitiamo in un contesto rurale (nella regione dell’Indre, N.d.R.): la maggior parte dei pazienti ha una certa età. Le infermiere ci dicono che non potranno dimenticare “Cosimino”. È “il piccolo Cosimo”, il loro piccolino che li tira sempre su.

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C. O.: Come avete vissuto la speranza in famiglia?

S. & A. de C.: Quando ci si trova in una situazione simile sono possibili due reazioni: abbassate le braccia e dite “perché a noi?”, vi chiudete a riccio e vi rivoltate da Dio. Oppure, quando ci si ritrova con le spalle al muro, bisogna pregare, bisogna conservare la speranza. Bisogna saper contare sulle persone vicine, sulle famiglie e sugli amici. Grazie a loro di averci circondati così bene. Ogni nuova giornata con Cosimo è una piccola vittoria. Certo, i referti medici ci hanno messi alla prova, ma anche nei momenti peggiori bisogna conservare la fede. Mio marito mi sosteneva, non ho mai disperato. E quando le mie lacrime scorrevano a fiumi mi poggiavo su di lui. Quanto ai bambini, dicevamo loro: «Il Signore ci ha affidato Cosimo e noi dobbiamo amarlo con tutto il cuore. Per quanto possa essere breve la sua vita terrena, abbiamo il dovere di colmarla». Approfittare ogni giorno della sua presenza. E se il Buon Dio lo riprende, si vede che deve compiere dal Cielo una missione ancora più grande. Seguiamo da vicino il nostro piccolo angelo “Gaspard tra Terra e Cielo”. Ci ha molto aiutati in questi momenti difficili. Grazie a lui e ai suoi genitori per la loro esemplarità. Si vede che Gaspard veglia su Cosimo, dal Cielo, e la sua missione è tutt’altro che terminata.




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C. O.: Come la vivono i fratelli e le sorelle?

S. & A. de C.: I suoi due fratelli e sua sorella sono stati molto male dopo la sua nascita. Siamo restati separati un mese e mezzo e hanno potuto vederlo soltanto due ore, quando Cosimo ebbe due settimane. Avevano tanta fretta di vedere il fratellino entrare a casa… L’annuncio della morte prossima di Cosimo è stato difficile, ma continuamente ci chiedevano: «Che cosa farà Cosimo da grande?». Non hanno mai smesso di sperare. Il figlio maggiore, di 7 anni e mezzo, capiva meglio degli altri due quello che accadeva, ma i tre erano molto toccati dal triste episodio. Adesso ogni giorno è la felicità. Approfittano di ogni istante col fratellino. Sanno che è scampato alla morte e continuano a pregare perché guarisca completamente.

C. O.: Cosimo vi ha avvicinati a Dio?

S. & A. de C.: Cosimo ci ha avvicinati a Dio nel senso che ogni giorno che passa guardo il mio bambino e dico una preghiera per ringraziare Dio di questo magnifico regalo. Ci ha fatto comprendere la fragilità della vita. Fino a questa nascita avevamo incontrato delle difficoltà, come tutti, ma quando si tratta della vita di un bambino non ci si può sentire che impotenti, piccolissimi. Solo la preghiera e l’Amore che potevamo offrirgli ci restituivano della speranza.

C. O.: In che modo la fede vi ha supportati?

S. & A. de C.: Anzitutto siamo persuasi che la Santa Vergine proteggesse Cosimo. Anche se fosse morto, sapevamo che l’avrebbe accolto vicino a sé. Ogni volta che potevamo, cantavamo delle Ave Maria alle orecchie di Cosimo, quando stava nell’incubatrice. Poi una grande catena di preghiere è cominciata, dopo la sua nascita, ed era incredibile apprendere che in quel tale posto veniva celebrata una messa per lui; che nella tale scuola i bambini pregavano per lui e facevano disegni. I messaggi arrivavano a fiumi e il nostro morale risaliva. Sentire che non eravamo soli in questo combattimento è stato molto toccante. Venivamo a sapere le cose giorno per giorno… le buone come le cattive… Davvero non sapevamo più se piangere o gioire… Ma in ogni istante rimettevamo Cosimo nelle mani del Buon Dio.




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Se dovesse morire, sarebbe certamente per un bene più grande dal Cielo. Se dovesse guarire, sarebbe perché ha da svolgere una missione sulla terra. Abbiamo pure fatto ricorso a diversi preti amici per ricevere guida nelle prove e nelle nostre scelte. E poi i sacramenti ricevuti ci hanno aiutati. Cosimo è stato battezzato al Necker dal cappellano dell’ospedale. È stato otto giorni dopo la sua nascita e prima della sua dialisi. Alla sua uscita dall’ospedale, a fine luglio, Cosimo ha ricevuto i riti esplicativi del battesimo [il battesimo doveva essere stato celebrato sub condicione, N.d.T.] e pure la confermazione. E stavolta le nostre famiglie erano presenti. Alla fine del mese di agosto, ha ricevuto pure l’unzione degli infermi. I sacramenti l’hanno fortificato. È divenuto soldato di Cristo. La sua battaglia si è giovata delle armi della Grazia.

C. O.: A quale preghiera siete legati?

S. & A. de C.: Alla novena a san Charbel, ma anche a una piccola preghiera da recitare quando versiamo l’olio di san Charbel su Cosimo.

C. O.: Come mai questa devozione a san Charbel?

S. & A. de C.: Dopo la nascita di Cosimo, vedendo la gravità della situazione, parecchie persone hanno cominciato a scriverci che pregavano questo o quel santo. Poi un’amica ci ha mandato una preghiera e un po’ di olio di san Charbel, in seguito a una discussione nella libreria dell’abbazia di Solesmes. Una coppia di libanesi parlava di questo santo che faceva miracoli ogni mese in un certo giorno. La nostra amica, interessata, ha parlato di Cosimo. E quell’uomo parte in macchina per cercare un flacone di olio e un’immagine di questo eremita. Torna e affida alla nostra amica quei piccoli doni per Cosimo. La vita di questo santo ci ha particolarmente attirati e abbiamo deciso di affidargli il nostro piccolo Cosimo. Una novena è stata quindi recitata per sua intercessione nel mese di agosto. Poi abbiamo moltiplicato le preghiere, le novene, e ci siamo procurati una piccola statua del monaco, che naturalmente ha preso posto nel nostro angolo della preghiera.




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C. O.: Quali sono le frasi che vi fanno male?

S. & A. de C.: Forse quando i medici ci hanno annunciato che avrebbero abbandonato le cure… «Non c’è più niente da fare, a parte far sì che non soffra». Non metto in dubbio la parola dei medici. Abbiamo anche portato il dossier a un altro grande ospedale parigino, perché analizzassero la situazione. Cosimo, nello stato in cui era, sarebbe dovuto morire – a termine più o meno breve.

C. O.: Quali sono le frasi che vi hanno confortati?

S. & A. de C.: Dopo l’annuncio dei medici ci siamo recati all’abbazia di Fontgombault, vicino casa nostra. Avevamo bisogno di un consiglio sul piano religioso. Il Padre Abate ci ha ricevuti in parlatorio e, col nostro permesso, ha fatto venire un monaco laureato in medicina. Questi non aveva il dossier medico di Cosimo, ma ha saputo ridarci speranza. «Sapete, il bambino continua ad evolvere fino ai suoi 3 anni. Bisogna che continuiate ad occuparvene: tutto può cambiare».




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C. O.: Come avete gestito la comunicazione attorno alla nascita di Cosimo?

S. & A. de C.: Dopo la sua nascita, le nostre famiglie e gli amici volevano notizie. Ed era difficile darne, perché la situazione evolveva di ora in ora. Facevamo dei messaggi da mandare a gruppi di persone, ma in capo a un certo periodo la cosa è diventata complicata Abbiamo aperto una pagina Facebook sotto il nome del “Piccolo Cosimo”, per dare più facilmente a tutti notizie sul suo stato. È una pagina molto seguita.

C. O.: Come guardate all’avvenire?

S. & A. de C.:«A ogni giorno basta la sua pena!». Possiamo immaginare un avvenire con Cosimo, e questa è già una gioia che un anno fa non ci era data. Adesso sappiamo che in caso di aumento della sua insufficienza renale potrà essere sottoposto a dialisi. L’organizzazione della vita famigliare sarà allora da rivedere: abitiamo lontani da un ospedale che possa fargli la dialisi. Però siamo piuttosto sereni.

C. O.: Qual è stato il momento più gioioso di questi ultimi dieci mesi?

S. & A. de C.: Ce ne sono stati tanti. Ogni ritorno a casa dopo le sue ospedalizzazioni era una festa. Ma quest’anno la messa di mezzanotte è stata particolarmente forte, per noi, suoi genitori. Eravamo davanti alla mangiatoia, davanti a Gesù bambino appena nato… e fra le nostre braccia il nostro Cosimo, così fragile. Non avevamo mai vissuto Natale in questo modo. Un ricordo bellissimo!

Oggi Cosimo sorride di continuo, ride, gioca, i suoi occhi hanno una profondità sconcertante, come quelli di santa Teresa del Bambino Gesù: sembra stare avanti di diverse miglia, pare avere una relazione privilegiata con il cielo.

[Traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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