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La Chiesa ha bisogno di 8 cose. I “comandamenti” di Paolo VI

Paolo VI

© Giancarlo Giuliani / CPP/ CIRIC

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 04/06/18

I consigli (dispensati 50 anni fa, ma così attuali) per essere dei buoni Pastori

La Chiesa è come una nave che fluttua in un mare pieno di ostacoli. Allora bisogna avere condottieri forti e saldi, che sappiano indirizzarla anche nelle tempeste che deve affrontare.

Paolo VI profetizzava la missione della chiesa moderna negli anni del Concilio. E i suoi scritti inediti sono stati raccolti e pubblicati da Padre Leonardo Sapienza, reggente della Casa Pontificia, nel suo libro “La barca di Paolo”, Edizioni San Paolo.

Ci sono 8 cose, secondo Papa Montini, che una Chiesa al passo con i tempi deve saper intercettare e far proprie.

1) Riconoscere le tempeste e saper galleggiare

«La nostra navigazione – dice Paolo VI – per è impegnata nel ricorrente duplice problema: del conservare il prezioso e intangibile carico del suo patrimonio religioso, e dell’incedere nel mare tempestoso di questo mondo: galleggiare e navigare è il compito simultaneo della Chiesa romana, che nel duplice simbolo della pietra e della nave esprime splendidamente la dialettica dei suoi doveri e dei suoi destini».

«Ora – ammette il Papa – chi non sa che il mare della nostra storia presente è gonfio di venti e di tempeste? Che il nostro secolo è in piena e pericolosa trasformazione?».




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2) Essere dinamici

Paolo VI lancia poi un doppio messaggio ai “condottieri della barca”, cioè ai pastori della Chiesa. «Appartenere alla Chiesa – evidenzia – non è cosa da poco, è un fatto decisivo nella vita, è un principio da cui derivano molte conseguenze, prima delle quali l’impegno della fedeltà, la responsabilità del dono ricevuto della fede e della grazia, il dovere e l’energia di corrispondere all’elezione divina».

«La seconda conclusione è l’impulso allo sviluppo, alla crescita, alla perfezione. La fortuna di essere nella Chiesa, la nave della salvezza, non ci autorizza alla pigrizia di chi crede d’essere ormai dispensato dalla ricerca e dal progresso sulle vie di Cristo».

La vita cristiana, quindi, «non è statica, ma dinamica. La fedeltà alla Chiesa non ci immobilizza, ma ci sprona ad una continua elaborazione interiore, per crescere nella fede, nella speranza e nella carità, e ad una continua attività esteriore in ogni sorta di opere buone».




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3) Spirito di servizio per il mondo attuale

Da un lato, secondo il Papa,«si approfondisce per la Chiesa lo sforzo di meglio comprendere il disegno divino, cui siamo partecipi e impegnati: la nostra vocazione cristiana, la nostra missione apostolica, il nostro destino finale».

Dall’altro «si accelera la nostra sollecitudine per rincorrere il mondo circostante e sfuggente, a cui dobbiamo la nostra comprensione, il nostro interesse, la nostra cura, il nostro conforto, in una parola il nostro servizio». La barca di Pietro, d’altro canto, naviga in un mare agitato; tutto si muove, tutto è problema.




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4) Mai perdere carisma e missione

Un’istituzione storica, come la Chiesa, ragione Montini, «investita d’una missione indispensabile di salvezza, come la Chiesa, non può non avere un quadro immenso davanti a sé».

«Libera da interessi temporali, che la tengano vincolata a forme storiche particolari; lanciata nel tempo e nella società, come fermento concreto di vita – di dottrina, di costume, di sensibilità, di scienza dei valori umani – e nel tempo stesso cosciente di possedere un carisma di immortalità e una missione trascendente il livello dell’ordine naturale – la Chiesa naviga su l’oceano dell’umanità».

Navigare, significa che la Chiesa «sperimenta simultaneamente il duplice fenomeno del fluttuare e galleggiare; cioè partecipa a tutte le vicende del mondo in cui si trova, ne gode i vantaggi, ne subisce gli squilibri e gli urti; ma insieme ella rimane al di sopra delle onde delle umane vicende, in un certo superiore distacco, che corrisponde ad una finalità sua propria, sempre rivolta com’è ad un porto, ad un “regno, che non è di questo mondo” (Giovanni 18,36)».




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5) Far crescere la fiducia

In questo contesto non bisogna mai perdere la speranza «che deve orientare la vita della Chiesa e di ogni fedele cristiano, verso il regno di Dio. Dapprima e soprattutto il regno di Dio!».

La speranza temporale, e quella cristiana e religiosa, «possono anche non opporsi, ma sommarsi nell’attesa e nella ricerca di alcuni fini superiori, per sé terreni, ma coordinati dalla carità al fine supremo della vita cristiana, come sono, ad esempio, quelli di dare un senso vero alla esistenza dell’uomo, di vincere la fame nel mondo, di instaurare la giustizia, la fratellanza, la pace fra gli uomini, di promuovere l’unificazione ordinata e pacifica dell’umanità e così via; e ciò deve accrescere la fiducia nei cuori di tutti».

6) Più coraggio

«L’avvenire reclama uno sforzo, un’audacia, un sacrificio, che mettono nella Chiesa un’ansia profonda», avverte Paolo VI. In momento come questi «entra in noi, come un’onda soverchiante, l’inquietudine caratteristica del nostro tempo, e specialmente di questi Paesi, tesi verso il loro sviluppo completo, e agitati dalla coscienza dei loro squilibri economici, sociali, politici e morali».

I Pastori della Chiesa non devono farsi trascinare da questa inquietudine, «ma far propria l’ansia dei popoli in questa fase della storia della civiltà; ed anch’essi, le guide, i maestri, i profeti della fede e della grazia, avvertono l’instabilità, che tutti ci minaccia».




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7) Forti nella fede

«Il mare del mondo in cui viviamo, tutti lo vedono, è sempre in tempesta (..) e la barca di Pietro galleggia sulle onde della storia, sicura, sì, ma scossa dentro e fuori da paurose perturbazioni», ribadisce Montini.

«In adempimento del nostro mandato – sottolinea rivolgendosi a tutti i fedeli – noi desideriamo tanto di più mantenere e rassodare con voi la comunione che tutti, fratelli e figli carissimi, qui presenti e sparsi sulla terra, ci unisce a Cristo; e due cose ora raccomandiamo: con San Pietro, di essere “forti nella fede”; e con noi, col Vangelo, d’essere nel mondo».

8) Pescatori di uomini

Essere “pescatori di uomini”: il fine più importante della Chiesa. Come di diventa “pescatori di uomini”?. Ecco la ricetta di Paolo VI: «avvicinarli, conoscerne i costumi ed i bisogni, saperli aspettare, sapersi adattare alla loro mobilità, avere l’arte di attrarli, il cuore capace di amarli, la sapienza di convincerli».

«Ecco l’ufficio apostolico, ecco l’esercizio d’un ministero paziente, ecco la prospettiva di un’estensione universale della predicazione evangelica, ecco la tacita promessa di Cristo, che la temeraria impresa di convertire a lui il mondo potrà avere, non per abilità umana, e nonostante l’ostinata resistenza degli uomini, ma per divina virtù, un insperato esito felice».

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