Incontriamo poi nomi dal significato curioso: Nacor, fratello di Abramo, significa “colui che russa” (forse una caratteristica del personaggio?).
Debora significa “ape” (un augurio dei genitori che sia industriosa come l’insetto in questione),
Tamar significa “palma” (auspicio di fecondità).
Ester, di origini ebraiche, si chiamava Adàssa (o anche Hadasah, nome ebraico che significa “mirto”). Quando entra nell’harem del re riceve il nome di Ester, che deriva dal nome biblico di origine assiro-babilonese, che significa “stella”, “astro”.

Un Targum (libro della Bibbia ebraica scritto in aramaico) spiega che ella era assai più bella della “stella della notte”.
Paolo: il grande convertito si diede questo nome che significa “piccolo” o “ultimo” a causa del proprio passato di persecutore dei cristiani.
Gesù e Dio
Il nome di un eroe è riletto in chiave simbolica: Gesù, che in ebraico Yeshua ricorda la radice ebraica yasha, “salvare” ed è “presagio” della sua missione (spiegazione data esplicitamente da Matteo 1,21).
Il “nome” di Signore (in greco kyrios) viene dato a Gesù dal Padre con la risurrezione (Filippesi 2,9-11).
In base al contesto, il nome rivelato da Dio (YHWH, il tetragramma sacro, spesso trascritto come Jahweh) ha a che fare con la liberazione dall’Egitto: è in questa vicenda che Dio si fa conoscere come colui che “è presente al” suo popolo, è “a suo favore”, si affianca a lui in un cammino di condivisione e verso la libertà.
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Perché bisogna avere un nome
Senza il nome non si esiste (Qoelet 6,10) e senza nome un uomo non vale nulla (Giobbe 30,8). Altre espressioni bibliche sono legate a questo concezione di nome, che porta i residui di un mentalità magica.