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Sapete qual è significato dei nomi dei personaggi biblici?

Mosè: chi ti manda?

© Public Domain

Il nome Mosè è legato al verbo mashah: salvare dalle acque

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 29/05/18

Non sono mai casuali. Riconducono sempre ad un legame con la realtà della persona

Leggendo la Bibbia si scoprono modi di concepire e intendere il nome piuttosto diversi dall’uso moderno. Per gli antichi in generale il nome porta qualcosa della realtà della persona. Famiglia Cristiana (28 maggio) cita alcuni tra i più importanti.

Antico e Nuovo Testamento

“Adamo” richiama la sua origine dalla terra, di cui è impastato (‘adam in ebraico Infatti suona simile ad ’adamah, terra: Genesi 2,7).

Tentazione di Adamo ed Eva – Masolino
© DR

Il nome di una persona può rimandare al suo comportamento (1Samuele 25,25: Nabal, il cui nome significa “stolto”, si comporta secondo il suo nome, da uomo arrogante e stolto. Sfiderà Davide e soccomberà fino alla sua morte).

Il nome può racchiudere il destino di una persona: così Es 2,10 spiega il nome di Mosè (in realtà un nome egiziano, come nei nomi di faraoni: Tut-mosis, Ra-mses ecc.) con il verbo mashah,trarre fuori da”: salvato dalle acque, e salvare sarà la missione di Mosè nei confronti del suo popolo da parte di Dio.

Giosuè, invece, è il condottiero che, succedendo a Mosè, guida le tribù di Israele alle prime conquiste dopo la fine della deportazione in Egitto. Il suo nome significa “il Signore Salva”.

Altri nomi sono spiegati con etimologie popolari, per somiglianza del nome con una radice ebraica (ad es. Gen 35,16-18: il figlio di Giacobbe e Rachele, chiamato prima Ben-Oni, figlio del mio dolore”, per le circostanze in cui viene dato alla luce con la madre ormai morente; e poi Beniamino, figlio della destra”, nome beneaugurante, poichè ultimo dei 12 figli di Giacobbe e prediletto).

Incontriamo poi nomi dal significato curioso: Nacor, fratello di Abramo, significa “colui che russa” (forse una caratteristica del personaggio?).

Debora significa “ape” (un augurio dei genitori che sia industriosa come l’insetto in questione),

Tamar significa “palma” (auspicio di fecondità).

Ester, di origini ebraiche, si chiamava Adàssa (o anche Hadasah, nome ebraico che significa “mirto”). Quando entra nell’harem del re riceve il nome di Ester, che deriva dal nome biblico di origine assiro-babilonese, che significa “stella”, “astro”.

web bible women Ester-Castagno
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Un Targum (libro della Bibbia ebraica scritto in aramaico) spiega che ella era assai più bella della “stella della notte”.

Paolo: il grande convertito si diede questo nome che significa “piccolo” o “ultimo” a causa del proprio passato di persecutore dei cristiani.

Gesù e Dio

Il nome di un eroe è riletto in chiave simbolica: Gesù, che in ebraico Yeshua ricorda la radice ebraica yasha, “salvare” ed è “presagio” della sua missione (spiegazione data esplicitamente da Matteo 1,21).

Il “nome” di Signore (in greco kyrios) viene dato a Gesù dal Padre con la risurrezione (Filippesi 2,9-11).

In base al contesto, il nome rivelato da Dio (YHWH, il tetragramma sacro, spesso trascritto come Jahweh) ha a che fare con la liberazione dall’Egitto: è in questa vicenda che Dio si fa conoscere come colui che “è presente al” suo popolo, è “a suo favore”, si affianca a lui in un cammino di condivisione e verso la libertà.




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Perché bisogna avere un nome

Senza il nome non si esiste (Qoelet 6,10) e senza nome un uomo non vale nulla (Giobbe 30,8). Altre espressioni bibliche sono legate a questo concezione di nome, che porta i residui di un mentalità magica.

Dare un nome significa “far esistere”, quindi “dominare” (il compito dato da Dio all’uomo: Genesi 2,19). Conoscere il nome di qualcuno significa poter esercitare potere su di lui (Marco 1,24: lo spirito “impuro che pretende di conoscere il nome di Gesù).

Il nome è in qualche modo l’“alter ego” della persona: dove c’è il nome, c’è la persona. Dire dunque che nel tempio abita il “nome di Dio” significa che vi abita Dio stesso (Deuteronomio 12,5). Il nome è talmente “prossimo” alla persona che i Giudei non pronunciano, per rispetto, il nome divino, usando invece delle perifrasi (una è proprio “il Nome”, ha-shem).


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Pronunciare il nome su un oggetto è prenderne possesso (2Samuele 12,28). Chi ha scritto su di sé il nome di Dio è suo servitore (Isaia 44,5). Colui su cui si pronuncia il nome di un potente è sotto la sua protezione: così nella benedizione da parte del sacerdote il nome divino è posto sul popolo e Dio lo benedice (Numeri 6,27).

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