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Perché noi cristiani dobbiamo sopportare le ingiustizie senza reagire?

EGOIZM W MAŁŻEŃSTWIE

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 24/05/18

Non si tratta di soccombere nei confronti di chi ci fa del male. Ma di imparare a guarire interiormente. E replicare nel modo giusto. Vediamo in che modo

Perché noi cristiani dobbiamo sopportare le ingiustizie? Perché dobbiamo evitare di affrontare i problemi soffrendo tutto passivamente? Non diventiamo degli inetti se, quando siamo in difficoltà, stiamo semplicemente a guardare?

La risposta è negativa e il perché ce lo spiega Franz Jalics, autore di “Esercizi di contemplazione” (Ancora editrice).

La via della guarigione

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Alex Kosev / Shutterstock

Ammettiamo che qualcuno, in una discussione, mi abbia ingiustamente ferito con le sue affermazioni. Come reagisco? Ho due opzioni.

Posso restituire il colpo ferendolo a mia volta, oppure far finta di niente e reprimere tutto, dicendomi che in realtà non mi ha ferito. In nessuno dei due casi è avvenuta una guarigione. Restituire il colpo è una reazione verso l’esterno che non arreca nessun tipo di redenzione; al contrario, può darsi che chi sta parlando con me reagisca a sua volta ancor più violentemente.

Nel secondo caso ingoio l’offesa, che però si ferma come una pietra sullo stomaco. Niente è redento, perché sia reprimendo, sia restituendo il colpo si cerca di evitare il dolore e si rimane nell’ambito del fare, dell’azione.




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Lasciarsi toccare dalla ferita

Allora come avviene una vera guarigione? Qual è la strategia più giusta rispetto a ciò che mi sta accadendo? La cosa migliore da fare è lasciarci toccare dalla ferita. Così cominciamo a soffrire il dolore. Non è né un fare, né un pensare. È solo un soffrire col quale ha inizio la nostra guarigione interiore per il colpo subito.

Se non c’è urgenza di rispondere

Se non c’è urgenza di rispondere all’altro, non reagisco. Ho bisogno di tempo per permettere alla ferita di diventare una cicatrice. A seconda della serietà della ferita, ci dormo sopra un po’ di volte. Quando la ferita non fa più male vuol dire che si è trasformata in cicatrice. Ha lasciato il suo segno, ma ha perso ora il suo carattere minaccioso.

Così posso rivolgermi di nuovo all’esterno, tornare da quella persona per parlare con lei della ferita che mi ha procurato. Potrò anche comportarmi energicamente, però non reagirò più con odio. Il dolore è passato, permettendomi di incontrarla con più amore.




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Se c’è urgenza di rispondere

Ammettiamo, invece, che io non possa dormirci sopra, a motivo delle circostanze che richiedono una reazione immediata.

Anche in questo caso mi lascio toccare dal dolore e guardo cosa sento: «È una ferita e fa male. Le è permesso di farmi male». In questo momento comincia la redenzione. Visto che la situazione, come abbiamo detto, esige una reazione pronta, impedendomi di prendere il tempo necessario per far guarire la ferita, rimango con il mio interlocutore.

Non essendo ancora tutto redento, la mia reazione sarà connotata da un certo odio, presente in sottofondo, ma non sarà totalmente in balia dell’odio, perché il processo di guarigione ha già avuto inizio. Più le circostanze esterne ci permettono di prendere tempo, più può aver luogo la redenzione.




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Gli Esercizi Contemplativi

Riassumendo: quando parlo di soffrire, di lasciar stare, di non porre dei limiti, di non difendersi, mi riferisco sempre alle reazioni verso l’interno e non verso l’esterno. Negli Esercizi contemplativi si prende in considerazione soltanto la dimensione interiore, nella quale possiamo imparare un nuovo modo di comportarci.

La reazione esterna, invece, dipende ampiamente dalle circostanze. Pur essendo meglio reagire con amore quando la ferita è già stata guarita, le circostanze esterne possono giustificare una reazione anticipata, anche se segnata da un certo odio latente.




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Gli psicologi

Molti psicologi sostengono che si dovrebbe imparare a difendersi. Questo è giusto, se riferito però alle reazioni esterne. Se qualcuno mi disturba, si comporta scorrettamente, mi provoca ingiustamente o mi aggredisce, posso certamente porre dei limiti esterni. Però non devo allo stesso modo limitare con delle barriere interiori il mio amore verso di lui.

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