L’assistente capo Antonio Matrano, l’agente che ha soccorso e coccolato per primo il bimbo, vorrebbe che venisse battezzato con il suo nomeLunedì 21 maggio, ore venti circa, zona centrale di Brescia. La signora Lionella si affaccia al balcone e lo vede, ma il primo ad aver notato qualcosa era stato il figlio Davide. Si tratta di un passeggino o meglio di un ovetto, di quelli che si usano per trasportare il bimbo in auto e poi si possono fissare al telaio del passeggino senza. Il fatto eclatante è che non si tratta di un rifiuto ingombrante come spesso ne abbandonano in zona, riferisce la signora che darà poco dopo l’allarme alle forze dell’ordine. Si tratta di un bambino, un neonato che ora, ormai sono quasi le 21, sta piangendo e tende le manine. Sì è vero, spesso i neonati sono rifiutati e abortiti e poi trattati come rifiuti, magari speciali. Possiamo ricordarlo in questi giorni in cui impazza la retorica sulla L. 194, tradita davvero, ma non come intende la propaganda progressista. (Il gesto di questa donna, che lascia ben nutrito e ben vestito il suo bimbo, sembra l’ extrema ratio di chi non regge il peso di una vita da accudire (magari davvero non può e non ne ha nemmeno alcuna colpa!) e non i sei milioni di aborti dal varo della legge in poi. Quanto vita in meno e quanto dolore taciuto per queste donne).
Credevamo fosse un oggetto abbandonato, invece in quel passeggino c’era un bimbo, vivo.
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Riferisce la donna a Il Giorno. Era stato lasciato dentro il portone del civico 3 in Vicolo delle Nottole, vicino a Corso Martiri della Libertà.
Dopo mezz’ora dal primo avvistamento i due, madre e figlio, non sono tranquilli vedendo il passeggino ancora lì. Si avvicinano, guardano, sentono il pianto. Si tratta un bambino! Ben vestito, con una tutina di ciniglia, avvolto in una coperta di lana azzurra. Nel passeggino alcuni cambi, il latte in polvere e un biberon. Questi dettagli, il luogo dell’abbandono (di fatto piuttosto sicuro, con probabile passaggio di residenti) e le condizioni in cui il piccolo è stato lasciato fanno ipotizzare che la madre, o chi per lei, lo abbia lasciato per farlo trovare e offrirgli forse una sicurezza che non poteva trovare con lei. Lionella e Davide chiamano il 112 e la volante Carmine arriva subito.
L’agente che accorre sul posto, Antonio, è anche un papà: ha già due figlie di quattro e dieci anni e la memoria dei primi giorni con loro non dev’essere ancora sbiadita. Ma chiunque, crediamo, avrebbe agito come lui.
Il piccolo piangeva, l’ho preso in braccio per coccolarlo e lui si è tranquillizzato- racconta commosso l’assistente capo Antonio Matrano- Accanto a sé aveva un biberon di latte e una borsa con i pannolini, altro latte in polvere e qualche cambio. (Il Giorno)
Dice che andrà a trovarlo presto; ora è in neonatologia, in ottime condizioni generali, agli Spedali Civili. La struttura offre anche una delle non poche ma forse non sufficienti e di sicuro non abbastanza note Culle per la vita; luoghi protetti dove le mamme che non possono tenere il proprio bambino possono affidarlo mantenendo l’anonimato.
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Dall’anonimato invece Antonio vorrebbe presto togliere questo bimbo per il quale prova sincero trasporto e che forse sarebbe addirittura disposto ad adottare. Chiamatelo come me, si augura. Così fanno gli uomini, in effetti: i bambini li prendono in braccio, una volta nati, e danno loro il nome.