Domenica di Pentecoste, 20 maggio, Abruzzo. La compagna di Fausto Filippone muore nel pomeriggio per le gravi lesioni seguite alla caduta, si sospetta non accidentale, dal balcone del quarto piano dalla loro abitazione a Chieti
Oggi è stato un po’ il “compleanno liturgico” di mia figlia. Il primo. Nel senso che l’anno scorso era l’alba di Pentecoste, il 4 giugno, quando quel frugoletto pieno di vita e di moine è venuto alla luce. Mancano due settimane esatte al “compleanno astronomico”, e accingendomi a qualche bilancio già avverto che quest’anno è volato come il vento proprio mentre la presenza nuova della piccola obbligava tutti noi, sua famiglia, a riscoprire daccapo ogni meraviglia del mondo e nell’universo.
«I cuori che Tu hai creato»
Particolarmente felice, stamattina, mi è sopraggiunto il ricordo dei primi istanti che passavo con lei, quando le ostetriche mi chiamarono a farle sentire la mia voce perché il suo pianto si calmasse. La salutai e le dissi le parole che il mio cuore di padre accendendosi rombò, e poi volli cantarle qualcosa: neanche un secondo per scegliere e già stavo intonando il tono simplex del Veni Creator Spiritus. Mai nella vita mi ero trovato davanti a una mia opera che tanto formidabilmente mi oltrepassasse, da quanto era soprattutto opera di Dio:
Il Signore completerà per me l’opera sua. Signore, la tua bontà dura per sempre: non abbandonare l’opera delle tue mani.Ps 137,8
E conseguentemente cantavo:
…imple superna gratiaquæ Tu creasti pectora.(trad.: …riempi della grazia soprannaturale,
i cuori che Tu hai creato)
Oggi ho visto due volte Fausto Filippone, prima che si uccidesse
Pensavo queste cose mentre mi recavo con moglie e figlia in chiesa. Oggi era giorno di festa, per la mia famiglia, perché un mio carissimo figlioccio riceveva la prima Comunione, in un paesello vicino a quello dei miei genitori; quindi con gioia abbiamo valicato gli Appennini per raggiungere l’Abruzzo. La messa celebrata in quella chiesa, ancora ordinariamente chiusa dal terremoto del 2009 (e che tante e tante volte prima avevo visitato senza immaginare la presente stagione…), aveva un sapore particolare… come una speciale premonizione pasquale.
Eravamo stati invitati a Lanciano per pranzo, la scelta dell’autostrada quasi s’imponeva. Dopo pochi km (per la precisione eravamo al km 390 della A14, in direzione sud), un improvviso rallentamento ci si segnalava per le espressioni concitate della polizia e degli agenti del soccorso stradale: di lì a pochi metri avremmo visto Fausto Filippone, il quarantanovenne dirigente della casa di moda Brioni – si teneva aggrappato al reticolato-parapetto che prosegue in alto ben oltre il guardrail. Impossibile capire oltre, la polizia intimava di procedere senza indugiare. S’intuiva l’intento suicida dell’uomo (del quale naturalmente ignoravo ancora tutto): quei ponti sono purtroppo tristemente frequentati da persone disperate.
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Al ristorante – parlando del dolorosissimo caso della piccola Giorgia, la pisana morta disidratata in automobile per la fatale dimenticanza del padre – una commensale ha tirato fuori qualche brandello della storia di Filippone, che avrebbe buttato dal ponte la figlia prima di sporgersi a sua volta oltre il parapetto. Momento di atroce sgomento: stavo pensando a come si potesse sopravvivere a un rimorso come quello del padre di Giorgia (e di molti, troppi, altri genitori…), e mi dicevo che non riuscivo a immaginarmi di trovarmi al suo posto senza considerare seriamente l’opzione di abbandonarmi alla disperazione e di tuffarmi da un ponte. E proprio quell’uomo che avevo visto mezz’ora prima, a quanto mi diceva quella sconosciuta seduta a tavola con me, doveva aver appena scaraventato nel vuoto, di propria iniziativa, una creatura… la “sua” creatura, quella di cui doveva essere supremamente responsabile. San Giuseppe mio… stavo avendo un mancamento proprio lì al tavolo.