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Patrizia non cammina, Roberta non ci vede: a Lourdes per dire grazie, non per chiederle! (VIDEO)

PATRIZIA MATACENA AND ROBERTA COTRONEI

Carlotta Ferraro | Facebook

Paola Belletti - Aleteia - pubblicato il 17/05/18

Stanche di starsene in camera d'albergo decidono di uscire a farsi un bel giro
Eravamo a Lourdes, non ne potevamo più di stare in camera, avevamo voglia di uscire. Con Patrizia ci siamo dette: perché no? Una non ci vede e l’altra non cammina. Se ci diamo una mano possiamo andare dove ci pare. E così abbiamo fatto. Purtroppo ci siamo imbattute quasi subito in una delle nostre affettuosissime accompagnatrici: «siete pazze, dove state andando tutte e due?» (Tgcom24)

Così racconta l’episodio una delle due protagoniste, Roberta Cotronei, 56 anni. Lei, delle due amiche napoletane in viaggio a Lourdes con i volontari dell’ordine di Malta, è quella che non ci vede. E non è andata ad implorare guarigioni fisiche ma a consegnare alla Madonna il suo sentito “grazie”.




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In tanti forse siamo portati a domandarle perché non abbia chiesto che le tornasse la vista. Non possiamo sapere se nel segreto del proprio cuore Roberta non abbia di nuovo accennato al fatto, intrattenendosi con la Madonna, ma sappiamo quello che ci racconta e che ci mostra con gioia spingendo l’amica in sedia a rotelle e cantando a squarciagola “Sei un mito”!

E’ contenta, è lieta, si gode l’aria, il tepore del sole, la compagnia e si diverte come una bambina. Roberta non è una sciocca, tutt’altro. Non è la l’insipienza che la fa vivere con leggerezza, ma l’esatto opposto: affetta da retinite pigmentosa dall’età di vent’anni, si è opposta a lungo e con tutte le forze a questa malattia e all’impietoso esito cui l’avrebbe condotta, la cecità totale. Che indesiderato ma puntuale è arrivato. Poi un pensiero logico, saggio, profondamente umano:

Mi sono disperata per anni quando ho capito che non avrei mai più riavuto la vista, poi ho smesso di farlo. Che senso ha passare la vita a tormentarsi per quello che non si ha? Nessuno, allora godiamoci ciò che abbiamo e andiamo avanti. Vi assicuro che sono molto felice e soddisfatta (Ibidem)

Il simpatico video, non tanto più lungo della passeggiata che le due cinquantenni partenopee si sono potute concedere, per l’intervento solerte delle assistenti, è una provocazione bella e buona. Delle più audaci, da innescare una sommossa, se non nelle piazze, magari in qualche cuore. «Non ci crederanno mai!», dice infatti Patrizia Matacena, 55 anni, facendo eco alla figlia che gira la clip. E Roberta si raccomanda di inviarglielo perché lo avrebbe voluto mandare in tutte le chat.




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Un piccolo video per abbattere le barriere che spesso in tanti ci costruiamo per impedirci di essere felici. E invece essere felici si può. A volte non malgrado la malattia ma addirittura grazie a quella. Un attimo, intendiamoci, non è bello essere ciechi né non poter camminare a causa di un morbo odioso come la sclerosi multipla, ma se quelle privazioni ci liberano anche della tristezza, ci riconsegnano al cuore della vita, a quella cosa così misteriosa e semplice che non può far altro che esprimersi in un canto di ringraziamento allora sì, la malattia può essere anche una serva utile.

E queste due signore, una verità così potente, ce la sono venuta a cantare: «Siamo un mito, siamo un mito…»

Sentite cosa ha dichiarato Patrizia a Il Mattino di Napoli:Questo video è un messaggio di gioia e felicità, l’ha voluto pubblicare mia figlia e io sono stata d’accordo. A Lourdes ci sono andata per ringraziare, non per chiedere. Mi è sembrato bello farlo anche così. (…)La malattia mi ha tolto la forza nelle gambe ma mi ha dato il coraggio di affrontare e risolvere i problemi. E poi grazie ai miei figli, agli amici che mi sono sempre stati accanto: devo molto anche a loro se ce l’ho fatta. Potrà sembrare strano, lo capisco, ma vi assicuro che sono stata fortunata e voglio dirlo soprattutto a chi vive facendosi un sacco di problemi che magari nemmeno ha.

Si rende conto anche lei di quanto possa stridere la sua dichiarazione, in un tempo come il nostro così preoccupato di evitarci dispiaceri, difetti malattie da non vedere altro che quelli. Ma la vita, finché c’è, vince a mani basse. Certo queste signore vivono uno stato di discreto benessere e non di dolore continuo e acuto, ora. E continuano ad impegnarsi in ciò che amano, ma con una libertà che, ammettiamolo, in molti di noi risparmiati da malattie importanti, forse ci sogniamo.


DAVID BUGGI

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Io per esempio non so se andrei a New York a presentare il progetto Blind Vision promosso dall’Unione ciechi di Napoli, come farà invece a breve Roberta, in qualità di coordinatrice.

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