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Le 3 eredità del maggio del ’68

1968;

André Cros-CC BY-SA 4.0

Miriam Diez Bosch - pubblicato il 17/05/18

Riflessione del filosofo Francesc Torralba

“Riflessione umanistica del maggio del ’68 e sue conseguenze internazionali”. Questo il titolo del Congresso Internazionale organizzato presso l’Ateneu Universitari Sant Pacià e l’Università di Barcellona (Spagna) nel contesto della celebrazione dei cinquant’anni del maggio del ’68 francese. Questa rilettura dei fatti a mezzo secolo di distanza si è divisa in tre parti: analisi storica dei fatti, idee confluite nella rivoluzione e descrizione delle influenze più significative sulla vita ecclesiale, teologica, politica, educativa, artistica e letteraria.

In questo contesto, il professore, filosofo e teologo Francesc Torralba ha parlato del marxismo eterodosso della Scuola di Francoforte. Nella sua riflessione ha sottolineato che “solo con la distanza che danno gli anni si può ponderare in modo adeguato quello che ha rappresentato una meta storica”, e ha ricordato alcune idee del maggio francese ancora vive nel momento storico attuale:

1. Necessità di dare potere al popolo

Torralba ha parlato di Herbert Marcuse e della sua difesa del potere del popolo di fronte al potere totalitario come idea ben presente nella mentalità politica del ’68, e ha sottolineato il sogno di un nuovo modo di guidare la società e le istituzioni: “parlava di una leadership nata dalla gente, partecipativa, empatica, capace di dare potere agli altri, di delegare quote di potere”.

2. La ricerca dell’emancipazione e dell’uguaglianza dei diritti

Di fronte al modello capitalistico, gli studenti e gli operai immaginavano una società senza classi, superando la proprietà privata e con un potere politico che redistribuisse la ricchezza e garantisse i diritti sociali a tutti i cittadini. In questo senso, Torralba ha citato Marcuse e Fromm nelle loro opere critiche nei confronti della società consumistica, sottolineandone le conseguenze antropologiche, sociali e ambientali. In concreto, Fromm “critica la preponderanza dell’avere sull’essere”. Secondo il professore, il modello che difendeva la generazione del ’68 si basava sulla cooperazione e il bene comune.

Torralba ha anche sottolineato la distinzione realizzata in questo senso da Marcuse tra le necessità reali e quelle fittizie, create mediante la pubblicità e i mezzi di comunicazione.

3. L’anelito alla giustizia sociale

In opposizione alla società borghese, si è difesa una rivoluzione sociale che trasformasse le istituzioni e “mettesse l’immaginazione alla base della società”. Si intende così che questa rivoluzione porta all’uguaglianza dei diritti e al riconoscimento della giustizia per tutta la cittadinanza. A questo riguardo, Torralba ha citato Marcuse e la sua difesa della necessità di rivoltarsi contro le ingiustizie, non rassegnarsi e mobilitarsi in modo pacifico contro i poteri di fatto e i diritti acquisiti da una minoranza.

Secondo il professore, i pensatori della prima generazione della Scuola di Francoforte “sono pacifisti e chiaramente contrari al bellicismo e alla politica dei blocchi tanto tipica del periodo post-bellico europeo”. Difendono quindi il dialogo e criticano le spese militari per le armi di distruzione di massa. Su questo punto, Torralba ha ricordato come il maggio francese si sia sintonizzato con i movimenti pacifisti degli Stati Uniti negli anni Sessanta e Settanta e con tutta la mobilitazione contro la guerra del Vietnam.

Il professore ha infine ricordato che questa sintonizzazione di alcuni aspetti del maggio francese del 1968 si riscontra anche in alcuni movimenti contemporanei, perché cinquant’anni dopo il mondo continua ad affrontare alcune delle sfide che si sono presentate all’epoca.

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