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Il segreto per vivere a lungo (e bene)? Pare sia in Sardegna, ma lo conosciamo tutti

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Annalisa Teggi - Aleteia - pubblicato il 15/05/18

Nessuna pozione, nessun patto col diavolo, nessuna chirurgia: è il villaggio, l'essere una comunità, ciò che allontana la morte e rende viva ogni giornata. Scopriamo perché

Sempre più spesso ho l’impressione che le grandi conquiste o gli studi all’ultimo grido non ci dicano nulla di nuovo, ma siano nient’altro che una riscoperta di verità che il senso comune ha sempre custodito. Non è male, cioè: visto che noi abbiamo smesso di vivere aggrappati alla realtà e al senso comune, è un bene che alcuni studiosi lo riportino alla nostra attenzione.

Una psicologa americana alla scoperta dei segreti della Sardegna

Ho ascoltato con attenzione ed entusiasmo il discorso tenuto dalla psicologa americana, e collaboratrice del Wall Street Journal, Susan Pinker a proposito di longevità. Stupefacenti nella loro semplicità le evidenze a cui è giunta con il suo studio. La domanda di partenza è: qual è il segreto per vivere più a lungo?

ANZIANA, CUORE, FELICE
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Può interessare o meno. Ci sono persone fissate con l’elisir di lunga vita, altre (come me) che un po’ sbuffano all’idea di dover tener botta fino a settant’anni, figuriamoci poi a cento. Ci sono persone che hanno paura della morte e la vogliono esorcizzare ad ogni costo; altre che la vivono come l’ultimo paradosso della vita che ci catapulterà nel vero mondo, quello eterno.


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Insomma, la domanda – posta così – non rende giustizia al valore delle considerazioni a cui si arriva rispondendo al quesito. Le risposte fornite dalla Pinker rendono giustizia alla domanda: cosa rende viva la mia vita? Direi che questo interessa quasi tutti.

Ciò che rende viva la mia vita, fa poi sì che spesso essa duri più a lungo.
La dottoressa Pinker ha scoperto che il luogo – nel mondo, badate bene! – in cui c’è una maggiore concentrazione di persone centenarie è il paese di Villagrande in Sardegna. Si è chiesta perché, ha visitato il luogo, ha intervistato i centenari, ha tratto le sue conclusioni.

Cosa accade a Villagrande che non accade nel resto del mondo? Ci sarebbero molte parole fantastiche per introdurre la risposta, termini screditati dal perbenismo inamidato dei nostri giorni: impiccioni, invadenti, spioni, chiacchieroni. Sì, il fulcro della faccenda è la presenza viva di una comunità che s’intromette nella vita del singolo, anche eccessivamente. Non lasciare in pace la persona, cioè non concederle il lusso di essere solitaria: è stato detto che per crescere un bambini ci vuole un villaggio, anche per tenerci in vita occorre che il villaggio resti.


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Il villaggio invadente, eppure benefico

Spingo volutamente sull’acceleratore del grottesco, perché questa mentalità un po’ impicciona e caciarona per cui l’italiano è criticato ( e si critica da solo) ci salva la vita. Non «l’interazione», non «la condivisione» che sono tutte parole astratte, pulite e poco efficaci. La condivisione ruvida e sporca del vicino che sa a che ora entri ed esci di casa fa la differenza. La presenza debordante degli altri che ci-fanno-proprio-sentire-che-ci-sono è l’antidoto all’encefalogramma piatto.

ANZIANA, CAMPAGNA, ESTATE
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Possiamo senz’altro storcere il naso di fronte a queste presenze invadenti, possiamo senz’altro continuare a lamentarci dei parenti che vogliono essere aggiornati in tempo reale sul dentino che deve spuntare al nipote.

Consideriamo, però, quanto sia ben più allarmante il dato che snocciola la dottoressa Pinker: quasi 1/3 della popolazione mondiale afferma di poter contare al massimo su una o due persone. L’abisso della solitudine è il vero veleno; quella solitudine che non ha nulla a che vedere con la vita contemplativa dei monaci. È la sterilità di una foglia staccata dal ramo.

Relazioni virtuali o reali? Nel faccia a faccia il cervello è più stimolato

Ma è interessante fare un altro passaggio, proprio in merito alla vita solitaria. C’è differenza, per la nostra salute, tra l’avere una vita sociale solo virtuale e avere relazioni faccia a faccia? La differenza è enorme: è stato fatto un esperimento, sottoponendo le stesse persone all’ascolto di un discorso prima in presenza dell’oratore che lo pronunciava, e poi alla visione online del medesimo contenuto.

Il cervello riceve uno stimolo molto più grande nella relazione faccia a faccia: uno scambio di sguardi, un cenno, una stretta di mano, generano il rilascio di ossitocina (che innalza il livello di fiducia e riduce lo stress) e di dopamina (che abbassa la percezione della paura).
Una conversazione dinamica ha effetti positivi sulla salute del nostro corpo, cosa che non accade nella conversazione statica (rispondere a un messaggio scritto, chattare, guardare un video).




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Eccoci dunque pronti per una capriola.
La curiosità iniziale riguardava il segreto della longevità. La scienza ci indica la strada: ancor più di tutti gli strani ritrovati, sono le relazioni la chiave che innesca un processo virtuoso per il nostro benessere. La domanda allora diventa: con quante persone interagisci durante la giornata?

Dai un valore ai piccoli gesti che quotidianamente innescano un dialogo con te?
Saluti il vicino di casa che ti sbircia da dietro la finestra? Scambi due parole con la signora che è in fila davanti a te alla posta? Parli coi tuoi familiari a tavola? Chiacchieri coi tuoi colleghi alla macchinetta del caffè? Ti lamenti dei ritardi dei treni col tuo sconosciuto compagno pendolare? Constati insieme al benzinaio che è arrivata davvero la primavera?
Tutte questa cascata di piccole relazioni stimola i nostri neurotrasmettitori più di qualsiasi ritrovato tecnologico, ultrascientifico, modernissimo. È così facile. È così vicino. È così scontato. Eppure è così, – lo dicono i giallisti più famosi – la soluzione deve essere nascosta in piena luce per creare una vera sorpresa.

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