In epoca medievale c’è stata una donna la cui vita al servizio del bene comune ha spiccato per le sue opere di misericordia e carità, nei confronti sia della sua famiglia che del suo popolo – soprattutto i più poveri.
Elisabetta visse alla corte ungherese nei primi quattro anni della sua vita, e già allora mostrava una particolare attenzione per i poveri, rivolgendo loro una parola gentile o un gesto affettuoso.
La sua infanzia venne tuttavia brutalmente interrotta quando alcuni cavalieri la portarono in Germania. Secondo i costumi dell’epoca, suo padre aveva deciso che sarebbe diventata principessa di Turingia.
Il conte di quella regione era uno dei più ricchi e influenti di tutta l’Europa dell’inizio del XIII secolo, e accettò il fidanzamento tra suo figlio Luigi e la principessa ungherese. Elisabetta lasciò quindi la sua terra d’origine con una ricca dote e un grande entourage, incluse le sue dame di compagnia personali.
Dopo un lungo viaggio raggiunsero la fortezza di Wartburg, il castello che sovrastava la città e che Eilisabetta avrebbe un giorno trasformato in un centro in cui ricevere e aiutare molta gente.
Venne celebrato il fidanzamento tra Elisabetta e Luigi, e anche se era stato deciso per ragioni politiche tra i due giovani nacque un amore sincero. Nel corso del tempo, il loro rapporto sarebbe diventato esemplare per l’amore e la virtù che lo caratterizzavano.
La coppia decise di celebrare il proprio matrimonio in modo semplice e di offrire ai poveri parte del denaro destinato al banchetto.
Se la maggior parte degli abitanti del castello non approvava lo spirito di umiltà e l’atteggiamento nei confronti dei poveri di Elisabetta, Luigi ammirò, accolse e sostenne sempre la sua generosità.
In un’occasione, riferendosi al suo aiuto ai bisognosi disse: “Cara Elisabetta, è Cristo che hai lavato, nutrito e curato”. Quando la gente del castello si lamentava con lui rispondeva: “Finché non mi vende il castello sono felice”.
Un momento fondamentale per Elisabetta fu la sua scoperta della storia di conversione del ricco e giovane mercante Francesco d’Assisi.
Grazie alla sua testimonianza divenne ancora più entusiasta di aiutare i poveri, e optò con maggior decisione per seguire Cristo crocifisso presente nei non abbienti.
Elisabetta mostrava misericordia a chiunque bussasse alla sua porta, dandogli cibo, acqua e vestiti, pagandone i debiti e prendendosi cura dei malati. Ma andava anche fuori a cercarli.
Lasciando il castello con le sue dame di compagnia, visitava le abitazioni dei poveri per portare loro pane, carne, farina e altri alimenti, assicurandosi che avessero tutto ciò di cui avevano bisogno.
Mangiava solo cibo che era certa provenisse dalle proprietà del marito, si asteneva da beni ottenuti illegalmente e cercava dei modi per compensare chi aveva subìto violenza.
Elisabetta è un vero esempio per tutti coloro che occupano posizioni di potere, insegnando che bisogna esercitare la propria autorità, a tutti i livelli, come servizio alla giustizia e alla carità nella ricerca costante del bene comune, soprattutto dei più vulnerabili.
Aiutò a costruire un convento a Halberstadt e un ospedale ai piedi del castello, dove lavorava vari giorni a settimana. Faceva anche in modo che i bisognosi venissero nutriti nelle feste locali.
Nell’inverno del 1226, però, il Paese venne colpito dalla carestia e da un’ondata di malattia. Elisabetta rispose alla situazione donando il cibo che avevano immagazzinato nel castello e vendendo i suoi abiti e i suoi gioielli per continuare ad aiutare le famiglie bisognose ed evitare che morissero di fame o malattia.
La sua devozione e le sue attenzioni nei confronti dei poveri continuarono ad essere criticate. Dopo la morte del marito (che si era ammalato con le sue truppe a Otranto), la famiglia di lui sfidò la sua opera caritativa. Il cognato di Elisabetta la accusò di essere incapace di governare e usurpò il trono di Turingia, dichiarandosi il vero erede.
A Elisabetta venne impedito di ereditare le ricchezze del castello, e quindi la giovane vedova e i suoi tre figli dovettero cercarsi un rifugio altrove. Lavorò come sarta finché riuscì a ottenere una quantità di denaro che le permettesse di ritirarsi nel castello di famiglia a Marburgo.
Elisabetta riuscì a superare tutti questi ostacoli con grande forza, servendo i più bisognosi e i più poveri alla propria tavola e prendendosi cura di malati e disabili. Fondò anche un ospedale, in cui trascorse gli ultimi anni della sua vita servendo i malati e curando i moribondi.
Alla fine la Chiesa cattolica ha canonizzato Elisabetta, e la sua vita è stata ricordata in molti libri, poesie e opere d’arte. Vari ospedali e molte chiese portano il suo nome. La splendida chiesa di Santa Elisabetta a Marburgo è dedicata a lei, e molti dicono che sia il monumento più grande mai dedicato a una donna.