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«Voi siete miei amici». Pregare è il modo per esserlo davvero

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don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 04/05/18

La preghiera il luogo per eccellenza dove Gesù ci racconta il Padre; è da quell’ascolto che nasce la fede, è da quell’ascolto che nasce anche il nostro riscatto

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando.
Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.
Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri». (Gv 15,12-17)

«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati». Tutto il cristianesimo dovrebbe essere solo il tentativo di mettere in pratica questo unico comandamento lasciatoci da Gesù. L’unica vera grande verifica sulla nostra vita accadrà sull’amore. Ma non un amore qualunque, ma un amore alla maniera di Cristo. Perché anche il mondo ci invita ad amare ma non come ha amato Cristo. Il mondo ci insegna ad amare possedendo la vita, quella nostra e quella altrui. È un amore di possesso. Un amore di riempimento dei vuoti. La bulimia insaziabile degli insoddisfatti.

Invece Gesù ci spiega che l’amore più grande è un altro: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». L’amore alla maniera di Cristo è un “dare” non un “prendere”. Non è amore possessivo ma amore donativo. È un esodo, un’uscita, una liberazione da una schiavitù pericolosissima, che è la schiavitù del proprio io, cioè del proprio egoismo. Delle volte noi chiamiamo amore solo il nostro egoismo che tenta di possedere tutto ma che è sempre insoddisfatto. Invece l’amore che riempie di gioia è quello che sa dare, sa donare agli amici. «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi». Il problema vero è passare da una condizione servile a una condizione di amicizia. E questo può accadere solo se lasciamo che Gesù “ci racconti il Padre”, cioè ci racconti tutto ciò che “egli ha udito”.

È soprattutto la preghiera il luogo per eccellenza dove Gesù ci racconta il Padre. Perché più di ogni altra cosa la preghiera dovrebbe essere ascolto. È da quell’ascolto che nasce la fede, è da quell’ascolto che nasce anche il nostro riscatto. La Parola di Dio, il Vangelo soprattutto, sono il modo che Gesù ha di metterci al corrente “delle cose del Padre”. Dovremmo tornare a pregare con la Parola. Dovremmo ricominciare a diventare più amici che servi. Infatti Egli cerca amici non esecutori.

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