Una nuova ricerca esorta a rivedere l’icona più famosa della storia occidentalePensate a Gesù Cristo e probabilmente vi verrà in mente l’immagine di un uomo con la barba dai tratti europei, la pelle chiara e una tunica lunga. Ciò è in parte dovuto al fatto che negli ultimi duemila anni gli artisti occidentali – dai realizzatori di mosaici bizantini ai pittori rinascimentali e ai registi di Hollywood – hanno sempre usato questi elementi per rappresentare il Messia in mosaici, dipinti o nei film.
Secondo una nuova ricerca di Joan Taylor, docente di Origini del Cristianesimo ed Ebraismo del Secondo Tempio del King’s College di Londra, quell’immagine è tuttavia ben lungi dall’essere una rappresentazione storicamente accurata di Gesù.
Come indica nell’introduzione del suo libro di recente pubblicazione What Did Jesus Look Like? (T&T Clark, 2018), la Bibbia e il Nuovo Testamento offrono qualche dettaglio saltuario sull’abbigliamento di Gesù, ma nessuna descrizione del suo aspetto fisico.
Nei testi sacri, scrive la Taylor, Gesù “cammina, parla, guarisce, tocca, beve, mangia, compie miracoli, viene catturato, gli sputano addosso, viene picchiato, frustato e crocifisso, ma non abbiamo a disposizione una sua descrizione visiva”.
E allora da dove viene quel Gesù dall’aspetto europeo, con la barba e la tunica? “Quell’immagine può essere probabilmente fatta risalire al periodo bizantino, in cui gli artisti dovevano compiere delle scelte su come rappresentare il ‘figlio di Dio’”, ha affermato l’esperta. “E sono stati probabilmente ispirati dalle immagini di dèi esistenti, come Giove e Apollo”. Questo spiegherebbe perché Gesù abbia un aspetto simile a quello di Giove – capelli lunghi e barba – e di Apollo – corpo snello e lineamenti delicati. L’era bizantina è anche quella in cui Gesù ha iniziato ad essere rappresentato con vesti regali anziché con la semplice tunica che molto probabilmente usava in realtà.
Nel V capitolo del libro, intitolato Christ Almighty, The Byzantine Cosmocrator (Cristo Onnipotente, il Cosmocratore Bizantino), la Taylor analizza le tecniche bizantine di rappresentazione studiando un mosaico del sontuoso abside di Santa Pudenziana, la più antica chiesa cattolica esistente a Roma, costruita tra il 384 e il 398.
In questo caso l’intenzione non era offrire una rappresentazione fedele di Gesù Cristo come uomo, quanto piuttosto, come osserva l’esperta, rappresentarlo come divino “governatore di tutto” (pantocratore) o “governatore dell’universo” (cosmocratore).
C’è infatti un’intera branca di iconografia ortodossa dedicata a questa rappresentazione particolare di Gesù. In questo caso, Cristo non viene solo indicato come “pantocratore”, ma anche come giudice-governatore – la scena riguarda il giudizio universale alla fine di questo mondo.
Come nota la Taylor, molti dei simboli e degli elementi visivi usati per presentare questo aspetto “autoritario” di Cristo sono tratti dall’iconografia classica e imperiale. Ad esempio, in questo mosaico Gesù è seduto su un trono e indossa una sontuosa veste d’oro – eredità dell’immaginario classico relativo a Giove, che spesso veniva rappresentato come una figura intronizzata vestita d’oro.
Il suo atteggiamento ricorda l’iconografia imperiale – l’imperatore Augusto veniva spesso presentato mentre stendeva il braccio destro a sinistra dell’osservatore come gesto di autorità nel mantenimento della legge –, mentre le lunghe e ampie maniche della sua veste erano probabilmente ispirate alla dalmatica, una tunica lunga e spesso ricamata indossata dalle classi elevate nell’epoca bizantina (che oggi si può osservare come veste liturgica di un diacono).
Dopo il periodo bizantino, l’immagine di Gesù come “governatore” si è progressivamente cristallizzata, diventando il modo universalmente accettato di rappresentare il Messia nell’arte occidentale. “Vediamo alcune differenze a livello di colori, con gli artisti spagnoli e portoghesi che gli danno un aspetto più mediterraneo rispetto ai pittori italiani, francesi o britannici”, ha spiegato la Taylor, aggiungendo che alcune icone ortodosse mostrano anche versioni “più scure” di Gesù. “In generale, però, l’immagine ‘alla Zeus’ di Cristo che indossa una veste lunga è quella diventata standard in Europa e che in seguito è stata assunta in tutto il mondo con il colonialismo”.
Qualche anno fa la Taylor ha iniziato a chiedersi se questa versione accettata a livello universale dell’aspetto di Cristo potesse essere sostenuta dalle prove storiche. Ha iniziato la sua indagine analizzando artefatti come il panno della Veronica o la Sindone di Torino per cercare degli indizi sull’aspetto di Gesù, ma le sue ricerche non hanno avuto successo. Ha allora rivolto la sua attenzione a una serie più ampia di artefatti sacri – come monete, tessuti e resti umani ben conservati dell’era romano-giudaica – per cercare qualche prova che potesse aiutarla a ricostruire le sue sembianze.
Le sue scoperte suggeriscono che Gesù Cristo era alto probabilmente 1,65 metri e aveva occhi marroni, capelli neri e carnagione olivastra – l’aspetto più comune tra gli uomini del suo tempo in base ai resti archeologici, ai testi storici e alle rappresentazioni pittoriche degli abitanti della Giudea del I secolo. Contrariamente alle immagini dai capelli lunghi che tutti conosciamo, il “Re dei Re” probabilmente aveva capelli corti e barba ben rasata – una tattica popolare per prevenire i pidocchi.
Anche il modo in cui siamo arrivati a rappresentare il suo aspetto corporeo è molto probabilmente poco accurato. Come nota la Taylor, Gesù lavorava con le mani – era un falegname – e camminava molto. Se combiniamo questo stile di vita fisicamente attivo con quello che sappiamo della dieta dell’epoca, possiamo immaginarlo magro ma muscoloso. “Chiunque aveva una vita fisicamente attiva a quell’epoca, e si può vedere dai resti ossei che la gente era piuttosto muscolosa”, ha ricordato l’esperta. “Direi quindi che era piuttosto asciutto”.
Per quanto riguarda il vestiario, la studiosa è piuttosto convinta che Gesù indossasse una semplice tunica tutta d’un pezzo piuttosto che una veste più elaborata o un mantello.
Le prove e gli artefatti archeologici del I secolo indicano che le persone con uno status sociale più elevato indossavano spesso una tunica in due parti composta da una semplice sottotunica e una veste esterna più elaborata – spesso lunga –, mentre la gente comune aveva il più delle volte un’unica tunica. Nei Vangeli, Gesù offre un suggerimento specifico su ciò che preferiva: “Dice agli apostoli: ‘Non indossate due tuniche’”, nota la Taylor. “È un consiglio piuttosto specifico e dice molto su come voleva che venissero percepiti i suoi ‘ambasciatori’. Non voleva che entrassero nei villaggi della Galilea da visitatori ben vestiti, ma come semplici uomini che assomigliavano ai non abbienti della società”.
Questo dettaglio è molto importante per la Taylor, per la quale una scelta consapevole di un abbigliamento umile si adatta bene alla profonda umanità di Gesù, che spesso viene perduta a favore della rappresentazione “divina” o “regale” resa popolare da gran parte dell’arte occidentale.
Grazie alla sua dettagliata ricostruzione storica, l’accademica è riuscita ad abbozzare letteralmente un’immagine che si pone come la rappresentazione più fedele dell’uomo più famoso della storia occidentale. Nel suo disegno, Gesù ha capelli corti e ricci, barba rasata e fisico asciutto.
Nel suo libro figura anche un dipinto dell’artista britannica Cathy Fisher, alla quale è stato chiesto di immaginare Gesù sulla base delle scoperte della Taylor. Il Gesù di Nazareth della Fisher (2017) è rappresentato in una posizione meditativa e sembra perfino più tozzo della versione della Taylor.
La studiosa di Origini del Cristianesimo spera ora che la reinterpretazione di Gesù della Fisher venga emulata da più artisti in futuro. “Siamo tutti talmente abituati alla versione occidentalizzata di Gesù che l’unico modo di abbandonarla è trovarsi di fronte a nuove immagini”, ha affermato, aggiungendo che finora ci sono stati dei tentativi di rappresentare Cristo in modi diversi nell’arte contemporanea ma non nell’arte cristiana di maggior spicco. “Spero che un giorno vedremo rappresentazioni più accurate anche nelle nostre chiese, ma perché questo avvenga abbiamo bisogno di più artisti che sperimentino il nuovo modello”, ha concluso la Taylor. “Il mio messaggio agli artisti è quindi ‘Coraggio! Offriteci un Gesù diverso!’”.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]