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Primo “figlio di due mamme”? A Torino “si scrive la storia”…inventandola di sana pianta

CHIARA FOGLIETTA AND MICAELA GHISLENI

La Repubblica | Youtube

Paola Belletti - Aleteia - pubblicato il 26/04/18

La forzatura della legge e più grave ancora la forzatura della realtà sono la fragilissima impalcatura che regge una notizia falsa. Nessun bambino mai potrà essere davvero figlio di due madri o di due padri, conviene ripeterlo, finché si può (ma anche dopo)

Conviene non si ceda alla stanchezza, conviene ripetere ancora le cose ovvie, per lo sperato giovamento che alle cose ripetute di solito viene associato. A noi forse capita di dimenticarlo? Lo sanno bene invece gli araldi di un progresso indigeribile ma servito in tutte le salse.

Lo dicono apertamente: si augurano che l’atto illecito compiuto tre giorni fa da Chiara Appendino, il riconoscimento alla nascita di un bambino come figlio di due madri, che la signora sindaco si appunta come una medaglia al valore, venga emulato da sempre più amministratori della cosa pubblica in altre città. Per “mettersi al passo coi tempi”, per “sanare un vulnus legislativo”, per dare “protezione a tutti i bambini”, perché “nessun minore sia discriminato”, eccetera. La solita filza di argomenti, che hanno nella ossessiva riproposizione e nella ricattatoria nota emotiva che li accompagna la loro maggior forza. Chi vuole davvero discriminare un bambino innocente? In realtà ora di fronte agli orrori che vediamo compiersi ai danni di tanti minori – in queste ore il pensiero non può che stare vicino al letto di Alfie Evans – non sembra più così universalmente vero.


PROTEST W SPRAWIE ALFIEGO EVANSA

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Nel video che vuole essere per Repubblica il documento vivo di un fatto epocale, mentre invece si tratta di un atto plateale con nessun valore legale, si vedono le due donne uscire dai cancelli del Comune e spingere insieme la carrozzina. La sola madre è Chiara Foglietta, consigliere comunale del PD. E’ la donna che lo ha concepito con l’ausilio della tecnica e il seme di uno sconosciuto. Da ora in poi sentiremo spesso la sigla PMA (procreazione medicalmente assistita), che come IVG funge da camuffamento. Domanda a latere: dopo quanti cicli di inseminazione Niccolò Pietro si è impiantato in utero? Quanti embrioni, unici e irripetibili, sono stati sacrificati? E non può essere una cosa indifferente perché all’embrione che si è svelato essere Niccolò Pietro ora ci tengono.

Il bambino nasce il 13 aprile scorso, con due giorni di ritardo sulla DPP (questa sigla è invece innocua: data presunta parto), chiosa in un’altra intervista fatta in studio la stessa Foglietta. E sembra un dettaglio così dolce, da mamma-come-tutte-le-altre (signora Chiara lei è una persona apprezzabile e di valore, come tutte le altre, ma la sua maternità resta una forzatura, una violenza al bambino e anche a lei).




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Nell’attacco del video si vede Chiara che dà la parola a Micaela; non so, sarà una mia impressione, ma pare come un gesto per saldare un debito; per dire che certamente anche lei, che non lo ha avuto in grembo, che non lo ha partorito, è mamma allo stesso modo, come a coprire una diversità irriducibile. Non mi paiono così sicure, in fondo. E finché ci sarà una “società retrograda” da accusare questa insicurezza potrà essere imputata a tutti noi.

Quando “Michi” obbedisce all’invito della compagna sotto la sua immagine compare la scritta Micaela Ghisleni “Mamma di Niccolò Pietro”. Quando prenderà la parola Chiara Foglietta Rep.Tv avrà provveduto alla stessa didascalia.

“(…)Oggi è un gran giorno oggi si è scritta una pagina importante della storia di questo paese, speriamo in un cambiamento virtuoso nella società civile, dai sindaci, il parlamento…” (dalle parole di Micaela Ghisleni)

C’è da dire che altri precedenti ce ne sono in Italia. A Napoli ad esempio nel 2015 De Magistris, per il bene del piccolo Ruben – disse – registrò il bambino come figlio di due madri, unitesi in Spagna, solo che c’erano ancora i moduli vecchi e una delle due madri risultava padre. Infatti si sa che il vero male dell’Italia è proprio la burocrazia.




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Forse qui si parla di un genere letterario specifico; una storia credibile, appassionante (?) e verosimile (?); edificante (?) e condivisibile (?) la cui corrispondenza reale ai fatti non interessa molto. Una fiction insomma.

Ma al bambino interessa. Riguarda nel profondo, fino al midollo, il suo esserci. Il fatto che ogni figlio venga da un uomo e una donna è una semplice descrizione, la cronaca di un fatto che nella natura si ripete indefessamente. Anche in questo caso, dove l’uomo è stato ridotto a gamete e la donna all’estratta a sorte per portarlo al mondo.  L’ideologia sta nell’usare una messa in scena ufficiale per forzare la creazione di norme che si pretende trasformino in qualcosa di vero ciò che continuerà a non esserlo, aggiungendovi dolore. Nessuna legge umana potrà mai modificare la realtà. E a ricordare questo fondamento è ancora una volta la Chiesa. Su La Voce e Il tempo  organo di stampa della diocesi torinese troviamo ribadito con chiarezza e toni pacati il magistero della Chiesa.

Il Card Caffarra ebbe a dire dopo altre “sindacate” dell’allora primo cittadino felsineo, in un 2013 che pare già lontanissimo:

“Affermare che omo ed etero sono coppie equivalenti, che per la società e per i figli non fa differenza, è negare un’evidenza che a doverla spiegare vien da piangere. Siamo giunti a un tale oscuramento della ragione, da pensare che siano le leggi a stabilire la verità delle cose. Ad un tale oscuramento del bene comune da confondere i desideri degli individui coi diritti fondamentali della persona” (Tempi.it)

Di tutt’altro segno la frase in home page del sito di Chiara Foglietta che sembra autocitarsi mentre invece va in prestito dal Buddha:

“Le parole hanno il potere di distruggere e di creare. Quando le parole sono chiare, sono sincere e sono gentili possono cambiare il mondo.”

Sarà, ma di Parola che crea davvero ne conosciamo una sola.

Conviene che ci facciamo forza, ci asciughiamo le lacrime e torniamo a spiegare le cose come stanno, ancora e ancora. Saremo martiri dell’ovvio.

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