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Quando si dovrebbero genuflettere i cattolici in una chiesa?

CATHOLIC MASS

Catholic Archdiocese of Boston | CC BY-ND 2.0

Philip Kosloski - pubblicato il 24/04/18

Il gesto viene realizzato in momenti specifici e ha un profondo simbolismo

Per i cattolici della Chiesa di rito romano, inginocchiarsi è un gesto comune pieno di simbolismo religioso. È un costume antico, che aiuta i cristiani a pregare col corpo e con l’anima.

Non viene sempre detto tuttavia ai fedeli quando dovrebbero genuflettersi. Molti sanno perché mettersi in ginocchio è un gesto importante, ma non sempre conosciamo il momento e il luogo giusti in cui farlo.

Per scoprirlo, dobbiamo consultare l’Ordinamento Generale del Messale Romano (OGMR), per il quale “la genuflessione, che si fa piegando il ginocchio destro fino a terra, significa adorazione; perciò è riservata al SS. Sacramento e alla santa Croce”.

È estremamente importante perché spiega che la genuflessione è un gesto rivolto a Dio, realmente presente nella Santa Eucaristia. Non ci genuflettiamo alle persone (come facevano alcune culture in passato) o alle cose materiali, ma solo a Dio.

L’OGMR aggiunge che “genuflettono tutti coloro che passano davanti al Ss.mo Sacramento”, con poche eccezioni riferite a quanti svolgono qualche tipo di funzione nella Messa.

Al di fuori di queste eccezioni, è abitudine generale nel rito romano genuflettersi su un ginocchio ogni volta che si passa davanti al tabernacolo (che contiene il Santissimo Sacramento). In genere quando la gente entra in una chiesa cattolica e si avvicina al banco si genuflette prima di sedersi, il che rappresenta un piccolo gesto di adorazione nei confronti di Colui che vi è presente.

È comunque importante notare che la genuflessione è necessaria solo quando si passa davanti al tabernacolo. Ciò vuol dire che una persona dovrebbe cercare il tabernacolo, visto che potrebbe non essere visibile, potrebbe essere situato in una cappella laterale o essere vuoto. Non c’è motivo per inginocchiarsi quando si entra in una chiesa se non si passa davanti al tabernacolo. In quei casi basta un semplice inchino verso l’altare.




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Il Venerdì Santo, quando il Santissimo Sacramento è stato portato all’altare della reposizione, non ci si genuflette davanti al tabernacolo vuoto. Un buon promemoria è cercare la lampada che viene tenuta accesa accanto al tabernacolo quando vi è presente il Santissimo Sacramento.

Un altro costume, anche se non praticato a livello universale, è genuflettersi su entrambe le ginocchia quando il Santissimo Sacramento viene esposto sull’altare in un ostensorio d’oro per l’adorazione pubblica. È una tradizione familiare a molti, ma è opzionale. Riconosce semplicemente che Gesù non è più dietro una porta, ma davanti a chiunque in modo più visibile.

Al di là di questi casi, ci sono poche altre circostanze in cui viene richiesta una genuflessione per occasioni speciali. Ad esempio, è abitudine genuflettersi davanti alla Santa Croce “dalla solenne adorazione nell’Azione liturgica del Venerdì nella Passione del Signore fino all’inizio della Veglia pasquale”. Durante questo periodo solenne dell’anno, la croce riceve un’attenzione speciale, e la genuflessione rende onore al sacrificio che Gesù ha compiuto su di essa.

Un altro momento è durante la recita del Credo nella festa dell’Annunciazione e a Natale, alle parole “e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo”. Il gesto fisico in questo caso vuole ricordare ai fedeli la realtà dell’Incarnazione e come Gesù sia sceso nel mondo per diventare uno di noi.

La genuflessione è dunque uno splendido costume conservato dal rito romano che rende onore al vero “Re dei re”, realmente presente nel Santissimo Sacramento.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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