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Il dono di Benedetto XVI a Celestino V, casualità o presagio?

POPE BENEDICT XVI COLLEMAGGIO

OSSERVATORE ROMANO / POOL / AFP

Ary Waldir Ramos Díaz - pubblicato il 19/04/18

La basilica di Collemaggio torna al suo splendore. Ricordiamo uno dei suoi grandi aneddoti legati al pallio del Papa emerito

Il 4 aprile 2018 i mezzi di comunicazione hanno informato con entusiasmo della ricostruzione della basilica di Collemaggio, simbolo del terremoto a L’Aquila, restituita al suo splendore e che dà speranza per il futuro. Nel tempio sono custoditi i resti di Papa Celestino V.

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L’attualità torna a unire Papa Benedetto XVI, ritiratosi nel monastero Mater Ecclesiae, situato nei Giardini Vaticani, e il Papa eremita Pietro da Morrone (1215-1296). I due Pontefici condividono infatti alcuni tratti biografici. Secondo gli storici ecclesiali, per entrambi si può parlare di umiltà e servizio alla Chiesa, e tutti e due hanno rinunciato al papato anteponendo l’amore nei confronti di Dio ai propri interessi personali.

La ricostruzione della basilica in tempi record, a due anni dall’inizio dei restauri, porta con sé una speranza rinnovata immersa in una serie di coincidenze storiche sorprendenti.

Il 28 aprile 2009, dopo un terremoto devastante di 6,7 gradi Richter, Benedetto XVI si era recato nella zona per confortare la popolazione. Nella basilica di Collemaggio, Joseph Ratzinger aveva pregato davanti ai resti di San Celestino V.

Lo si voglia considerare o meno come un presagio divino, lo scenario è suggestivo: una chiesa distrutta, senza il tetto (che cade davanti alle telecamere in mondovisione), di cui sono rimaste in piedi solo le colonne ma che resiste.

In quel momento, il terremoto che viveva la Chiesa di Roma era di un’altra natura: la guerra alla pedofilia intrapresa dal Papa tedesco, lo studio della riforma, la ricerca del dialogo con il mondo islamico dopo il discorso di Ratisbona male interpretato e il futuro evento oltraggioso della violazione della fiducia del Pontefice in casa proprio per via di un “corvo”, il maggiordomo “fedele”, Paolo Gabriele, che sarebbe stato l’epicentro di uno scandalo di disinformazione contro la Chiesa.

Rimuovendo le macerie si cerca tuttavia di riparare la casa di Dio. Benedetto XVI ha lasciato delle basi solide per una riedificazione che porta ora avanti il suo successore, prendendo a cuore la denuncia profetica fatta da Ratzinger durante la Via Crucis al Colosseo nel 2005, prima della sua elezione al soglio pontificio, quando ha parlato dell’impegno necessario per pulire la “sporcizia” della Chiesa.

Sembrerebbe che non sia stato un caso neanche il fatto che il nuovo Papa abbia voluto chiamarsi Francesco, ispirandosi al santo di Assisi che ha ascoltato la voce miracolosa che proveniva dal Crocifisso dirgli: “Ripara la mia casa, che sta cadendo in rovina”.

Tornando all’immagine forte del terremoto e del gesto di Benedetto XVI in preghiera davanti ai resti di Celestino V, un altro aspetto significativo e che non sembra affatto casuale è il senso del dono portato da Ratzinger al suo predecessore, canonizzato il 5 maggio 1313 e che aveva rinunciato al papato sei secoli prima.

Benedetto XVI ha lasciato in segno di ossequio sulle spoglie di Celestino V il pallio che ha ricevuto in occasione della sua elezione, il 19 aprile 2005. L’11 febbraio 2013, Papa Ratzinger avrebbe poi rinunciato al pontificato adducendo la mancanza di forze fisiche.

In una lettera del 13 dicembre 1294, Celestino V affermava che la sua decisione era dovuta alla sua malattia, alla mancanza di conoscenza (riferendosi al fatto di non conoscere gli stratagemmi di governo dell’epoca) e al voler tornare alla vita da eremita interrotta dai cardinali, che in conclave non si mettevano d’accordo e lo chiamarono disperati per guidare la Chiesa in mezzo alle divisioni dopo due anni e tre mesi di sede vacante. Due fazioni si contrapponevano all’epoca per via di dispute familiari: i Colonna e gli Orsini.

La fascia (del pallio) che si usa nella Messa pontificale e si mette sulle spalle (a simboleggiare il peso della responsabilità di essere Successore di Pietro) avrebbe acquisito in questa visita pastorale un altro valore nel contesto apparente del terremoto a L’Aquila del 2009.

Davanti alle spoglie di Celestino V, il Papa chiedeva in silenzio a Dio chissà quale grazia. Oggi agli occhi del mondo la basilica di Collemaggio potrebbe essere di buon augurio per la ricostruzione di un gioiello della religiosità, e, si passi la metafora, anche un segno del rinnovamento della Chiesa, perché nonostante i duri colpi contro di lei Dio dota i suoi operai di materiali di granito spirituale, resilienti e duraturi, per affrontare qualsiasi calamità: fede, speranza e carità.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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