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Dovete prendere delle decisioni? Fatelo alla luce di Dio

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 19/04/18

Sto costruendo per l'eternità, è questo che conta

Spesso cerco di prendere la decisione giusta. Di scegliere tra due beni entrambi preziosi. Si mescolano emozioni, paure, desideri, sogni, frustrazioni. Non so se scelgo sempre bene.

Guardo Maria dire “Sì” a Dio. Con semplicità. Vincendo le sue paure tanto umane. Mettendosi in cammino verso l’abbraccio di Dio. Quel “Sì” semplice di Nazareth. Quel “Sì” ripetuto tante volte da Lei nella notte. Soprattutto il suo “Sì” ai piedi della croce. Quanto è difficile abbracciare Gesù morto!

Cosa devo scegliere? Tra due beni. Cosa scelgo? Di fronte alle insistenze degli uomini. Quando mi vogliono convincere dei passi che devo compiere. Come sapere cosa vuole Dio?

Grido: “Fa’ brillare su di noi la luce del tuo volto, Signore”. Sembra tanto semplice, ma non lo è. La luce del suo volto che illumini i miei passi e mi permetta di sapere cosa vuole. Sarà sempre la decisione giusta? Non credo. Forse a volte non importa tanto cosa penso.

Sono ossessionato dalla decisione impossibile. La scelta tra due possibilità. Tra due mondi. Tra l’oscurità e la luce. La maggior parte delle volte è il chiaroscuro che colgo tra le mani.

Vorrei non peccare. Vorrei scegliere sempre ciò che mi dà pace e poter pregare: “In pace vado a letto e subito mi addormento, perché solo Tu, Signore, mi fai vivere tranquillo”.

A volte, però, vivo turbato, con la paura di sbagliare, ansioso, con angoscia. “Cosa vuoi da me, Gesù?” Mi fa paura sbagliare. Guardo Gesù nella mia notte. Lo cerco.

Giorni fa ho visto un film che mi ha accompagnato in questi giorni, Paolo di Tarso.

Luca fa visita a Paolo nel carcere di Roma cercando di raccogliere per iscritto le certezze della sua vita. La certezza di quell’incontro con Gesù che lo ha cambiato per sempre. Da Saulo il persecutore a Paolo il convertito.

È la certezza di cui hanno bisogno i membri di quella comunità cristiana di Roma minacciata di morte ai tempi di Nerone. Non cercano Paolo. Cercano quel Dio in cui crede Paolo.

È anche la certezza della mia vita. Quel Gesù che mi ha chiamato sulla via di Damasco, o di Emmaus. Mi ha cercato e mi ha detto che mi voleva bene. Come a Paolo. Ha gridato il mio nome. Mi ha chiamato.

Di fronte a quella certezza molte cose smettono di essere tanto importanti. E allora è più facile optare per Dio. Seguire i suoi passi. Anche se le decisioni non sono sempre facili.

La pellicola mostra l’ambiente di Roma. I cristiani sono perseguitati. Le loro case vengono date alle fiamme. Si nascondono a porte chiuse come i discepoli per paura di essere scoperti. Temono di morire.

Ma quando devono affrontare la morte confidano e muoiono martiri. È questo il seme di nuovi cristiani.

Le parole di Paolo danno speranza ai vivi. Mi è chiaro che sto costruendo per l’eternità. È questo che conta.

In un momento del film, Luca, per salvare la figlia malata di un romano, ha bisogno delle sue medicine.

Sa che far sapere a quell’uomo dove si trovano i cristiani nascosti è un rischio eccessivo. Le sue medicine sono lì. Corre il rischio per salvare la figlia di un pagano.

Lo può fare solo un cristiano. Un amore che supera ciò che è ragionevole, ciò che è prudente, giusto, esigibile. Un amore che non ha limiti. La testimonianza di un amore di questo tipo è ciò che convince e fa innamorare.

Conosco molto bene l’amore egoista. È l’amore di chi ama perché spera di ricevere amore in cambio. Il mio amore povero e meschino lo tocco ogni giorno. Conosco molto bene i limiti che a volte tocco con le mie stesse dita.

Conosco la paura che ho per il fatto di non far bene le cose e fallire. La paura del rifiuto. La paura di essere ferito se amo con tutta l’anima e rischio tutto per un amore apparentemente inutile. Vale la pena di rischiare tutto così?

Diceva padre Josef Kentenich: “Cosa vuole Dio? Vi dico con tutta la semplicità, e non so se mi crederete, che nella mia vita non ho mai conosciuto l’ambizione. Se fossi stato ambizioso, non mi sarei mai azzardato ad aspirare a quella meta. Perché si rischia in questo modo solo quando si è molto distaccati da se stessi, e si dice solo una cosa: ‘L’angelo del Signore portò l’annuncio a Maria’” [1].

Quando sono distaccato da me stesso posso rischiare tutto. Quando mi stacco dalla mia ambizione, dalla mia avarizia, dalle mie pretese, dai miei progetti.

Un amore così mi commuove. È l’amore di Gesù sulla croce. L’amore di Paolo dal carcere prima di morire. L’amore dei martiri che affrontano la morte. O l’amore di Luca che rischia tutto per salvare una bambina sconosciuta, pagana.

L’amore per un estraneo. Non per una persona vicina. Non per qualcuno che ha dato la propria vita per me. Un amore così grande viene da Dio. Mi commuove. Voglio scegliere mosso dall’amore. Voglio scegliere bene.

Padre Kentenich ha sempre rischiato molto. Commentava: “O se penso a un’altra frase, ‘È tremendo quello che ha rischiato nella sua vita’. Ed è stato certamente così. Di fatto ho rischiato moltissimo. Perché ho rischiato tanto? Perché ero così profondamente radicato nell’altro mondo. Nell’altro mondo con i criteri dell’altro mondo. Ho rischiato moltissimo. Perché la mia anima si è identificata sempre più con Dio” [2].

Posso rischiare tutto quando non ho le mie sicurezze riposte nella terra ma nel cielo. Quando ho rinnegato me stesso per seguire Gesù. Allora mi sento più libero di rispondere senza legami a tutti i suoi desideri.

Ma vivere così, donato a Dio, non è tanto facile. Vivere così libero. Spesso mi lego ai miei desideri e cerco quello che penso che mi farà felice.

Prendo le mie decisioni condizionato. O non so bene cosa decidere e faccio tanti giri. E non assumo le decisioni come vengono. Non so dire “Sì” o “No”. Aspetto semplicemente che la vita passi. O il tempo. O che sia ormai troppo tardi per decidere.

Vorrei saper dire di sì come Maria. Imparare a scegliere ciò che vuole Dio. Quello che desidera Lui. Chiedo quella luce che mi mostri il cammino.

Non credo che smetterò mai di peccare. Gesù mi dona la sua misericordia e questo mi dà speranza. Voglio cercare i suoi suggerimenti più sottili in quello che mi accade, nelle persone che mi interpellano, in quello che Dio mi mostra nei miei passi.

Anche se decidere implica il fatto di rischiare. Non importa. Rischio.

[1] J. Kentenich, Conferenze di Sion, 1965
[2] J. Kentenich, Ritiro ai sacerdoti di Schoenstatt, 1966

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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