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Assisti un familiare non autosufficiente? Ecco la carta dei tuoi diritti

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BenEssere - pubblicato il 19/04/18

E' composto quasi tutto da donne il silenzioso e operoso popolo dei cosiddetti caregivers: ma farsi carico dell'assistneza di un familiare bisognoso di cure ha un costo che non può essere pagato da soli...

di Paola Rinaldi in collaborazione con il professor Daniele Santini responsabile del Day-Hospital oncologico del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma

Sono circa 9 milioni gli italiani che si occupano di assistere una personanon autosufficiente, di norma un genitore, il coniuge o un figlio, che non riesce più a svolgere le normali attività quotidiane a causa di età, disabilità o malattie. A loro, definiti caregiver, sono destinati i provvedimenti della Legge 104/92, che prevedono assenze dal lavoro, oltre che alcune agevolazioni pensionistiche riconosciute dall’Inps, come l’Ape social, una forma di pensione anticipata – introdotta dalla Legge di bilancio 2017 e modificata con quella 2018 – che viene concessa in presenza di determinati requisiti.


DONNA IN GRAVIDANZA

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Ma al di là degli aiuti concreti nessuno riconosce la difficoltà  psicologica di assistere una persona malata, un compito che può assorbire a tal punto l’attenzione da far perdere di vista la propria salute, favorendo l’insorgenza di ansia, depressione, astenia, cefalea, disturbi gastrointestinali. Il risultato è una compromissione di intere aree della vita quotidiana, come l’ambito personale, il ruolo lavorativo, la sfera di relazione e le dinamiche familiari, su cui ha voluto puntare l’attenzione un’équipe congiunta di psicologi e oncologi del Policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma.

Assistenza in dieci punti

La Carta dei diritti del caregiver familiare ha attirato l’attenzione del mondo medico-scientifico, e in particolar modo di quello oncologico, tanto da essere stata pubblicata su Esmo Open, la prestigiosa rivista della Società europea di Oncologia medica. Gli autori del documento sono cinque e appartengono tutti alla struttura romana: Daniele Santini e Giuseppe Tonini, responsabili rispettivamente del Day-Hospital medico e dell’Unità operativa complessa di Oncologia medica; Daniela Tartaglini, direttore del Dipartimento di Scienze infermieristiche; Antonella Sisto e Flavia Vicinanza, psicologhe e psicoterapeute del servizio di Psicologia clinica.

«A sollecitare questo documento sono state le nostre psicologhe, che hanno rilevato un profondo e frequente smarrimento delle famiglie in ambiente sanitario», spiega il professor Daniele Santini.

«Molti studi dimostrano come i familiari dei pazienti affetti da malattie croniche, soprattutto oncologiche, soffrano spesso di disturbi psicologici e di somatizzazione, manifestando per esempio disturbi del sonno, facile irritabilità, sbalzi di umore, agitazione e maggiore vulnerabilità alle infezioni».

Questo ovviamente ricade sulla loro qualità di vita con tutta una serie di conseguenze, come il deterioramento dei rapporti interpersonali o le ricadute sull’attività lavorativa, che viene compromessa se non addirittura abbandonata, generando ulteriori disagi economici.




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«A tutti questi fattori si aggiungono poi le  ripercussioni sullo stesso paziente te, che riceve un’assistenza inadeguata e di riflesso sperimenta una minore efficacia delle terapie, meno accettate e tollerate, oltre che un ridotto livello di sopportazione», tiene a sottolineare Santini.

Tutti i diritti

Da qui, è nata l’idea di redigere un documento su compiti, prerogative, importanza, ma anche su difficoltà e necessità dei familiari prestatori di cure, che in sostanza riconosce ai caregiver alcuni diritti, ovvero quelli di:

1. ricevere informazioni adeguate sulla malattia e sui trattamenti proposti, previo consenso del paziente, in modo da poter partecipare consapevolmente alle decisioni riguardanti la salute del proprio familiare;

2. ricevere dall’équipe curante tutte le informazioni necessarie per assistere al meglio il proprio caro;

3. ottenere informazioni chiare ed esaustive al fine di usufruire di tutti i servizi territoriali utili nella cura del familiare;

4. legittimare i propri sentimenti: lungo il percorso di assistenza, è normale sentirsi affaticati, tristi, nervosi o in difficoltà;

5. prendersi cura di sé: «Devo ricordare che tutto ciò che di bello e piacevole potrò fare per me, ricadrà positivamente
anche sul mio familiare»;

6. riconoscere i propri limiti e capacità: «Non posso pretendere di saper fare tutto o di riuscire bene in ogni cosa, accettare
i propri limiti vuol dire imparare a scoprire anche le proprie risorse»;

7. mantenere degli spazi di vita per sé: «Poiché faccio tutto il possibile per il mio caro, allo stesso modo devo farlo per me»;

8. chiedere e ricevere aiuto: è importante riconoscere i propri bisogni e quelli del proprio caro, imparando a delegare;

9. tutelare la propria salute: avere un’alimentazione sana, mantenere un numero di ore di riposo adeguate, sottoporsi
ai controlli medici di routine. Oltre che un diritto, è un dovere necessario a sostenere adeguatamente il carico assistenziale;

10. accedere a servizi sanitari di alta qualità, sulla base della definizione e del rispetto di precisi standard




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A chi chiedere aiuto

«L’auspicio è che la Carta venga recepita in Italia dalle associazioni scienti che e da quelle dei pazienti, oltre che dagli stessi organi di Governo, sia regionali sia nazionali, per ottenere una maggiore attenzione nei confronti di una popolazione troppo spesso sottovalutata», commenta il professor Santini.

Ma nel frattempo a chi chiedere aiuto?

«Da anni, il nostro Campus Bio-Medico ha attivato un servizio di Psicologia clinica rivolto a pazienti e familiari, all’interno del quale esiste il Centro Voi-Noi, che si rivolge nello specifico a tutte le persone impegnate nell’assistenza continua a un proprio caro. Ovviamente, non tutte le strutture sanitarie offrono questo servizio, ma per lo meno i reparti oncologici hanno un’assistenza psicologica, solitamente rivolta ai pazienti, a cui è comunque possibile rivolgersi in assenza di un team esclusivamente dedicato ai familiari».

Così come è importante esigere dal personale medico informazioni corrette, affidabili e comprensibili su diagnosi, prognosi e terapie, che siano di aiuto pratico e servano a comprendere meglio la situazione la situazione in cui ci si trova, a
scegliere il centro di cura più adeguato, a somministrare in modo idoneo i trattamenti, a limitare gli e etti collaterali, a non essere preda di false speranze ma neppure di un dannoso pessimismo. «Tutto questo, però, può essere fornito solamente se il paziente presta il suo  consenso informato, dove fra gli altri aspetti deve indicare a chi possono essere comunicate le notizie sulla propria salute, legittimando alla conoscenza terzi come parenti, familiari, conviventi, personale volontario», speci€fica Santini.

«Al di là della privacy, è anche vero che gli specialisti si trovano spesso a fare i conti con una mancanza di tempo dovuta all’eccessiva burocratizzazione delle procedure mediche, ma il diritto delle famiglie a una corretta informazione va preservato e preteso».

Soprattutto donne

Secondo le statistiche, il popolo dei caregiver è composto in gran parte da donne di età compresa tra i 45 e i 55 anni, che si occupano sia di assistenza diretta (preparare il cibo, imboccare, somministrare i farmaci, lavare e cambiare il paziente) sia di sorveglianza (controllare il familiare durante il riposo oppure tenergli compagnia). Ma ovviamente a loro spettano anche i compiti collaterali, come occuparsi delle questioni burocratiche, l’acquisto di protesi e ausili, l’accompagnamento a visite ospedaliere e così via.




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«Talvolta, le stesse strutture oppure altri enti territoriali e associazioni mettono a disposizione servizi di orientamento e supporto per fornire ai caregiver un supporto psicologico e conoscenze tecniche, in molti casi essenziali, su come curare l’igiene del paziente, come alimentarlo, come mobilizzarlo, come muoversi fra la burocrazia per accedere ai propri diritti», conclude Santini. «In alcuni casi, esistono addirittura residenze che ospitano i caregiver a prezzi molto contenuti, utili quando le cure devono essere prestate in altre Regioni rispetto a quella di residenza. In de€finitiva, non bisogna sentirsi soli, ma cercare tutte le soluzioni che possono fornire un adeguato sostegno».

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