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Tra il cancro e i tossicodipendenti: così Carlo ha vinto la sua battaglia per la vita!

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 18/04/18

La storia di un grande uomo che per anni è riuscito ad affrontare (e superare) un'impresa titanica: lavorare in una comunità di recupero e allo stesso tempo sostenere sua moglie malata di un grave tumore al seno

Vivere la propria vita tra il supporto alla moglie Maria, malata di cancro, e il lavoro in una comunità di recupero tra prostitute, alcolisti, tossicodipendenti.

Una storia assurda ma vera, quella che ha deciso di raccontare Carlo Della Rovere (per la privacy non è il vero nome), in Vite Nascoste (Europa edizioni). E lo ha fatto per un motivo ben preciso: scrivere per sfogare il grande stress accumulato in queste due battaglie coraggiose che si sono incrociate nella sua vita.

Carlo è l’immagine dell’uomo che non si piega di fronte alle difficoltà, che si batte come un leone per andare oltre ogni ostacolo, che affronta sfide durissime, stringendo i denti: un lottatore a cui ispirarsi nei momenti di sconforto, tanto più se la propria storia è simile alla sua!




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Il giorno che si accorsero del tumore

Scrive Carlo:

«Era circa un anno che lavoravo come operatore in una Pronta Accoglienza – che è la prima parte del programma di comunità, dove le persone entrano dalla strada, sporche, povere, con la testa piena di sostanza ed il corpo pieno di terapie e farmaci prescritti dal SERT, e da dove cominciano il loro nuovo inferno che mia moglie scoprì di avere un nodulo al seno. Mentre eravamo in ferie.

Ricordo che eravamo all’Isola del Giglio in Toscana, e io Maria e Chiara eravamo stati alzati tutta la notte a sentire il verso dei gabbiani, su una scogliera. Il giorno dopo mi disse che si era accorta di avere un nodulo al seno. Tornati a casa, siamo andati all’ospedale dove le fecero un ago aspirato, e devo dire che eravamo abbastanza tranquilli.

Ma poi il risultato fu che si trattava di un tumore, maligno per di più. Panico. A due persone con una figlia di cinque anni e mezzo era arrivata una mazzata che pesava tonnellate».


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Il ragazzino fumatore

Mentre Carlo si prepara ad affrontare la battaglia contro il cancro accanto a sua moglie, le giornate nella comunità sono roventi.

«Arrivò in Sede un minore. Anche se non aveva i requisiti per essere accreditata per minorenni. Lavoravo con un operatore sardo, eccezionale. Io e lui in quel periodo facevamo faville, specie con i minori. Questo ragazzino era uno zingaro e si chiamava, pensate un po’, Sabato. Questo Sabato era così abile come ladro che ogni mattina salivo con tre pacchetti di sigarette, entravo, lo salutavo e lui me ne rubava regolarmente uno. Io e il mio collega tacemmo, e cercammo di educarlo. Un giorno, con mia grande soddisfazione, Sabato mi chiamò e mi restituì il pacchetto di sigarette che mi aveva rubato al mattino. Il primo passo era fatto».




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Una seduta di chemioterapia

I giorni che prende come permessi da lavoro, Carlo li sfrutta per accompagnare la moglie a fare le chemioterapie.

«Seduta di chemioterapia. Il liquido 11 è ghiacciato, e la seduta dura ore. Maria è stoica, cerca di reagire cercando di “non fare l’ammalata”. Ma le chemio sono pesantissime. L’ho vista perdere ciocche e ciocche di capelli, usa la parrucca. Dopo quella seduta particolarmente pesante, torniamo a casa dove c’è Chiara ad aspettarci.

Appena vede la mamma fa per andarle in braccio ma mia moglie non ce la fa. La piccolina allora si dispera dicendo che le avevamo detto che era solo un fruncoletto da levare, e si rifugia in bagno a piangere disperata. Accompagno Maria in camera, al piano di sopra. Scendo. Dopo un po’ Maria mi chiama e mi chiede di accompagnarla in bagno per vomitare. Ma la piccolina non vuole muoversi da lì. Allora io la prendo di peso e la porto in cucina mentre mia moglie vomita. Se potessi, mi butterei giù dalla finestra…».


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La paura di perdere Maria

La battaglia contro il tumore di Maria è sempre più dura. Tra macchioline estese ben oltre il seno e interventi chirurgici affiancati alle terapie. E Carlo lì, a scortarla attimo per attimo.

«Tu hai il fungo del fumatore» esordisce il bravissimo oncologo che segue Maria. «Non è un fungo normalmente pericoloso, ma per te che stai facendo le chemioterapie può essere mortale. Bisogna aspirare tutto quello che c’è nei polmoni». Altro ricovero. Mia moglie si prepara al ricovero truccandosi e facendosi bella. Che coraggio! Entrano per il naso e scendono fino ai bronchi e ai polmoni. L’operazione è dolorosa. Quando la vedo, vedo una donna calva stesa nel letto con due tappi nel naso e che dimena le gambe, senza lamentarsi però. Per la prima volta ho veramente paura di perderla e vedo la sua determinazione a rimanere aggrappata alla vita. Che cazzo sta succedendo alla nostra vita? Mi sento come fosse entrato un cartello nella nostra famiglia con la scritta: “Tocca a te”. Cosa succederà ancora?


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Da tossico ad alcolista

Se per la moglie la lotta contro il cancro è in salita, Carlo deve per forza trovare l’energia per gestire le storiacce che arrivano ogni giorno nella comunità. Come quella di Andrea, napoletano.

La madre di Andrea era tossicodipendente, veniva da Napoli. Il padre, ex-tossicodipendente ora diventato alcolista, da Belluno. Andrea era cresciuto con il padre. Mi raccontava che andavano a farsi insieme. Andrea ad un certo punto se ne era andato, dopo aver furiosamente litigato con il padre. In precedenza, quand’era fatto, aveva avuto un incidente con la moto che lo aveva lasciato zoppo, ma Andrea era un bellissimo ragazzo. Entrato in comunità, parlando con gli operatori e con l’operatore di riferimento che ero io, espresse il desiderio di riconciliarsi dopo anni con il padre. Parliamo di un ragazzo di 25 anni. Io e lui concordammo che gli avrebbe scritto una lettera nella quale gli proponeva una riconciliazione ed esprimeva il desiderio di incontrarlo.

Dopo due giorni che la lettera era stata spedita, arrivò la notizia: il padre di Andrea si era suicidato, impiccandosi in casa. Io lo accompagnai a casa del padre, in mezzo alle Dolomiti, e mi ricorderò sempre la scena di quel ragazzo che volò fuori dalla macchina per scassinare, con mani esperte, la cassetta della posta ed estrarre la lettera che aveva scritto, ancora chiusa. Andrea si sarebbe suicidato diversi anni dopo, ma quella è un’altra storia.




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Tra interventi chirurgici e psicologo

Il momento più buio avviene quando i medici comunicano a Maria dicono che è necessaria l’asportazione e la ricostruzione del seno. Carlo, intanto, chiede l’aiuto dello psicologo per riuscire a superare un momento buio.

Maria non riesce ad accettare di essere senza un seno. Mi dice che vuole ricostruirlo e io le dico «No, no, per me non cambia niente». Ma lei si sente “mutilata”, talvolta si nasconde da me quando deve spogliarsi o cambiare reggiseno. Io tento di rassicurarla, ma non c’è niente da fare. Mi dice che la nostra sessualità è finita. «Non è vero», le rispondo. Ma è anche vero che lo stress e gli antidepressivi che mi ha ordinato il medico non aiutano ad avere una sessualità attiva. Mi sembra di essere sommerso di problemi che non riesco a risolvere.




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“Siamo ancora vivi!”

La storia è, però, a lieto fine! Carlo esce dalla depressione, anche se perderà il lavoro nella comunità, davvero inconciliabile, in termini di stress, con la battaglia della moglie, che a sua volte riesce a migliorare la condizione fisica.

Scriverà Carlo:

«Io e la mia famiglia viviamo. Per ora siamo vivi. Quali eventi ci serberà il futuro non lo sappiamo. Per adesso siamo vivi».

Il messaggio più bello, un inno alla vita.

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