La storia di un grande uomo che per anni è riuscito ad affrontare (e superare) un'impresa titanica: lavorare in una comunità di recupero e allo stesso tempo sostenere sua moglie malata di un grave tumore al seno
Vivere la propria vita tra il supporto alla moglie Maria, malata di cancro, e il lavoro in una comunità di recupero tra prostitute, alcolisti, tossicodipendenti.
Una storia assurda ma vera, quella che ha deciso di raccontare Carlo Della Rovere (per la privacy non è il vero nome), in Vite Nascoste (Europa edizioni). E lo ha fatto per un motivo ben preciso: scrivere per sfogare il grande stress accumulato in queste due battaglie coraggiose che si sono incrociate nella sua vita.
Carlo è l’immagine dell’uomo che non si piega di fronte alle difficoltà, che si batte come un leone per andare oltre ogni ostacolo, che affronta sfide durissime, stringendo i denti: un lottatore a cui ispirarsi nei momenti di sconforto, tanto più se la propria storia è simile alla sua!

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Il giorno che si accorsero del tumore
Scrive Carlo:
«Era circa un anno che lavoravo come operatore in una Pronta Accoglienza – che è la prima parte del programma di comunità, dove le persone entrano dalla strada, sporche, povere, con la testa piena di sostanza ed il corpo pieno di terapie e farmaci prescritti dal SERT, e da dove cominciano il loro nuovo inferno che mia moglie scoprì di avere un nodulo al seno. Mentre eravamo in ferie.
Ricordo che eravamo all’Isola del Giglio in Toscana, e io Maria e Chiara eravamo stati alzati tutta la notte a sentire il verso dei gabbiani, su una scogliera. Il giorno dopo mi disse che si era accorta di avere un nodulo al seno. Tornati a casa, siamo andati all’ospedale dove le fecero un ago aspirato, e devo dire che eravamo abbastanza tranquilli.
Ma poi il risultato fu che si trattava di un tumore, maligno per di più. Panico. A due persone con una figlia di cinque anni e mezzo era arrivata una mazzata che pesava tonnellate».
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