Aleteia logoAleteia logoAleteia
giovedì 25 Aprile |
Aleteia logo
For Her
separateurCreated with Sketch.

Beato Rolando Rivi: la figlia di uno dei partigiani che lo uccise chiede perdono

ROLANDO RIVI

Public Domain

Annalisa Teggi - Aleteia - pubblicato il 16/04/18

A 73 anni dal martirio del seminarista 14 enne, un abbraccio pieno di bene rimargina la ferita di una violenza a lungo taciuta

Era il 10 aprile 1945 e Rolando Rivi aveva appena 14 anni quando fu rapito dai partigiani; sebbene il suo seminario fosse stato chiuso lui continuava ad indossare l’abito talare. Questa appartenenza a Gesù lo condannò, l’ordine impartito alla brigata garibaldina fu quello di avere ancora un prete di meno in giro. Sequestrato, torturato e seviziato per tre giorni nella boscaglia, da qualche parte nell’Appenino modenese, all’interno quel che fu definito il triangolo della morte (Bologna, Modena, Reggio Emilia).

Era il 13 aprile quando i suoi assassini fecero dell’abito talare un pallone da calcio e lui, prima di morire, chiese di poter pregare per la sua mamma e il papà.  A sparare i colpi furono Giuseppe Corghi e Delciso Rioli, condannati in tutte e tre i gradi di giudizio a ventitre anni per l’omicidio; ne scontarono solo sei grazie all’amnistia Togliatti.




Leggi anche:
5 beati che ogni cattolico (soprattutto se giovane) dovrebbe conoscere

Quest’episodio rappresenta uno dei momenti più bui della storia partigiana, che fu un mondo variegato di esperienze diverse tra loro. Il destino brutale riservato al piccolo Rolando fu fatto in violazione delle regole della guerra partigiana e fu motivato dall’odio contro la sua testimonianza di fede dalle brigate garibaldine.

È tuttora difficile parlare apertamente di argomenti così scabrosi, la storia di Rolando Rivi (che è stato beatificato da papa Francesco – fresco di nomina – nel maggio 2013) è ancora poco conosciuta: in Emilia Romagna si sono registrati casi in cui è stato impedito alle scolaresche di visitare una mostra a lui dedicata, perché – questa la motivazione – avrebbe infangato l’immagine della Resistenza.

Alla luce di questi tristi chiaroscuri storici, l’evento accaduto ieri è notevole per la speranza che ci consegna: Meris Corghi, figlia di uno degli assassini di Rolando, ha chiesto il perdono ai familiari di Rivi e li ha incontrati nella piccola chiesa di San Valentino (RE) dove si è svolta una commemorazione del martirio.


ROSELINE HAMEL

Leggi anche:
Roseline Hamel, dal martirio nasce un cuore impazzito di perdono

Settantantré anni dopo la morte del giovane seminarista innamorato di Gesù, la parola perdono s’impone sul regno di una violenza cieca, tenuta nascosta con complicità colpevoli. La verità, anche se ferita, non è mai un’accusa sterile per dividere i buoni dai cattivi; se guardata con il desiderio di bene che ciascuno si porta dentro, è sempre fonte generativa di novità buone. In pochi parleranno di questa notizia, ma ieri tutta l’umanità ha celebrato una vittoria trionfale: in un piccolo paesino emiliano, una volta di più, la logica della morte è stata schiacciata dalla presenza di un abbraccio. Non più vittime e carnefici, ma persone che si riconoscono unite dal medesimo bisogno di misericordia per essere felici.

La bussola quotidiana ha pubblicato per intero il testo della lettera che la signora Meris ha letto in chiesa, di cui ecco alcuni passaggi significativi:

Ho sempre pensato a mio padre come ogni figlia dovrebbe pensare a un padre: una forza, un pilastro, un punto di riferimento. Da lui ho saputo sempre molto dell’amore e molto poco della guerra. Lui era mio padre, il mio esempio. Mi faceva ballare, mi faceva girare sulle punte come una ballerina. Era tutto. E’ impegnativo per me essere qui ora, quello che ha stravolto la vita di mio padre e ha travolto la vita di Rolando è l’odio che cresce tra gli uomini e si trasforma nella guerra. Siamo tutti fratelli e nella guerra tutti perdiamo. Avete perso Rolando e si è perduto mio padre, ma Cristo ha salvato tutti gli uomini. Prima di spirare sulla croce usò il suo ultimo fiato solo per perdonare i suoi carnefici. “Padre perdona loro perché non sanno”. Sono qui oggi per restituire le responsabilità, io qui, oggi, figlia non sono venuta tanto a chiedere perdono per mio padre, ma a chiedere perdono per l’odio che scatena la guerra. Vinciamolo con la pace, perdoniamoci oggi, facciamolo qui, diamo un segnale forte della nostra volontà di risurrezione. E ora, è ora per la vita di riconciliarsi con la vita. Ognuno ha un compito nella vita, una missione, la mia era fare ritrovare la pace a mio padre e tentare di riconciliare i nostri cuori. Con l’aiuto di Dio oggi si compirà dentro una stretta di mano. Trasformati nella morte e riuniti dall’amore e dal perdono del Padre, che il sorriso di Rolando possa risplendere su tutti voi e accanto a lui anche quello di mio padre.

Non c’è altro da aggiungere alla chiarezza di questa voce, se non l’esclamazione di Monsignor Massimo Camisasca, vescovo di Reggio-Guastalla, che ha celebrato la Messa di commemorazione: «È un miracolo».

Tags:
martiriperdono
Top 10
See More