È riuscito a migliorare la dignità di chi non ha nulla, anziani senza pensione e bimbi disabili
Mattia è un giovane fisioterapista di trent’anni. Dopo aver studiato a Milano e un’esperienza in Germania, un amico francescano lo ha spinto a venire in Terra Santa proprio a Betlemme. «Dopo tre mesi all’orfanotrofio La Chreche, – spiega il ragazzo – mi avevano colpito le storie e i volti di quei bambini, per questo ho voluto continuare a dar loro una mano».
Così grazie ad ATS pro Terra Sancta e l’Associazione Habibi, Mattia ha lavorato per un anno con gli anziani della Società Antoniana di Betlemme e con i bambini dell ‘Hogar Niño Dios, la casa di accoglienza per bambini handicappati, abbandonati o in grave necessità, gestita dalle religiose della Famiglia del Verbo Incarnato. In Palestina manca un sistema pensionistico o di assistenza sanitaria pubblica, quindi senza donazioni e l’aiuto delle suore e frati questi anziani e bambini sarebbero del tutto abbandonati. «Questi luoghi per loro sono l’unica salvezza» racconta Mattia mentre massaggia le gambe di Maria (84 anni), ferma da anni nel letto.

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“Takkè” dice Afifeh, ogni volta che sente il rumorino delle sue articolazioni che vengono mosse. Lei ha più di novant’anni ed è una delle più anziane ospitate nella struttura. «All’inizio lei mi diceva in arabo bukhra thigi – racconta lui – poi ho capito che mi diceva ‘Torni domani?’ e mi ha davvero commosso perché vuol dire che ho lasciato qualcosa». Quando si avvicina a salutare altri pazienti, alcune donne gli baciano le mani e se le portano alla fronte, un gesto tipico qui, rivolto ai sacerdoti delle chiese orientali ma che ora è rivolto a lui come ringraziamento per quelle mani che alleviano le sofferenze.
«Nel rapporto medico-paziente il rapporto umano è tutto – spiega lui – specialmente in una casa di riposo dove il paziente è sempre a letto. Ma il momento umanamente più gratificante è il pasto perché sai che dandogli da mangiare gli stai dando la vita!».
Ciò che più ha colpito Mattia di Betlemme è l’accoglienza della gente: amici, lavoratori e pazienti che lo hanno fanno sentire come un figlio. Così come figli sono i suoi piccoli pazienti dell’Hogar.