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5 lezioni sulla Domenica della Divina Misericordia da “Paolo, Apostolo di Cristo”

PAUL APOSTLE OF CHRIST

Affirm Films | Youtube

Tom Hoopes - pubblicato il 08/04/18

Il film ci ricorda che la misericordia non è semplice come a volte pensiamo

Il film Paolo, Apostolo di Cristo ci può offrire qualche spunto molto utile sulla Domenica della Divina Misericordia.

È facile pensare alla Misericordia Divina come se non fosse una gran cosa. Non dubitiamo mai della misericordia di Dio. La diamo per scontata, e assumiamo che per perderla dovremmo fare qualcosa di veramente ignominioso. Il film, però, ci ricorda che non è così semplice.

Primo: la Divina Misericordia dipende dalla Resurrezione.

Nel film, un romano sfida Paolo e Luca sulla verità della resurrezione.

“Se Cristo non fosse risorto dai morti, allora la nostra predicazione sarebbe inutile, come la nostra fede”, risponde Paolo.

“Quindi non avete alcun dubbio?”, chiede il romano.

Con uno sguardo duro forgiato in una terribile sofferenza, Paolo risponde: “Gli uomini non muoiono per le cose di cui dubitano”.

Ha ragione. Tutta la religione cristiana è costruita sulla certezza della Resurrezione – e la testimonianza dei primi cristiani è una chiave di questo. Quei cristiani non hanno dubitato, e non dovremmo farlo neanche noi.

La Chiesa celebra la Domenica di Pasqua per otto giorni consecutivi, che culminano in una giornata che solo di recente è stata chiamata Festa della Divina Misericordia. È un grande promemoria del fatto che senza la Resurrezione non c’è speranza di misericordia.

Secondo: la Divina Misericordia ci rende liberi

Una tensione centrale nel film è quella tra Paolo e un oppositore romano di spicco che si infuria con l’apostolo quando questi non può promettergli un miracolo.

“Hai certi poteri ma dici di non avere un’autorità tua”, dichiara il romano. “Sembri più uno schiavo che un leader”.

“Tutti gli uomini sono schiavi di qualcosa”, risponde Paolo. “La domanda è ‘Di cosa?’”

È la domanda fondamentale della Domenica della Divina Misericordia, in cui Dio garantisce agli apostoli il potere di perdonare i peccati nel sacramento della Riconciliazione: “alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”.

Questo è il grande dono che ci ha procurato la Passione – questo dono del perdono che ci libera dalla schiavitù del peccato.

Ma notate quello che dice Gesù: alcuni peccati verranno rimessi, altri no. Ci sono molti modi per non rimettere i nostri peccati – renderli abitudini, non cercare di porvi fine, non confessarli mai. Ma c’è un unico modo per vederli perdonati – la Confessione, con il fermo proposito di emendamento per cambiare la nostra vita.

La Divina Misericordia ci libera, ma solo se usciamo dalla nostra gabbia.

Terzo: la Divina Misericordia implica le nostre opere di misericordia

Il film sottolinea che l’amore richiede qualcosa di più che seguire i comandamenti di Dio. Dobbiamo toccare gli altri.

“Ci riconosceranno da come ci amiamo”, dice San Paolo nel film, in cui si mette in contrasto l’azione guaritrice di Luca nei confronti degli altri, perfino i nemici, con l’antitestimonianza di Cassio, un ribelle.

Nel film, infatti, i cristiani si impegnano in tutte le opere di misericordia descritte nel Catechismo: “istruire, consigliare, consolare, confortare sono opere di misericordia spirituale, come pure perdonare e sopportare con pazienza. Le opere di misericordia corporale consistono segnatamente nel dare da mangiare a chi ha fame, nell’ospitare i senza tetto, nel vestire chi ha bisogno di indumenti, nel visitare gli ammalati e i prigionieri, nel seppellire i morti… Fare l’elemosina ai poveri è una delle principali testimonianze della carità fraterna” (CCC 2447).

La vita di un cristiano di oggi non è diversa.

Quarto: la Divina Misericordia dovrebbe cambiare la nostra vita quotidiana

Il film presenta un ritratto avvincente del modo in cui vivevano i cristiani delle origini, molto simile a ciò che si legge nella prima Lettura della Domenica della Divina Misericordia, tratta dal capitolo 4 degli Atti degli Apostoli: “La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola… Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno”.

Ma c’è un’ombra nella vita luminosa dei primi cristiani.

Nel film quest’ombra emerge in Cassio, stanco della persecuzione e che si ribella ad essa.

Nella Bibbia, l’ombra emerge in Anania e Saffira, che nei versetti successivi degli Atti vogliono tenere qualcosa in più per sé e non ottengono misericordia da Dio.

A chi assomigliamo di più? Ai cristiani radicali, che considerano i loro beni di proprietà di chi ne ha più bisogno, o a chi vuole tenere le cose per sé?

Quinto: la Divina Misericordia giunge attraverso l’obbedienza, non la ribellione

“L’amore è l’unica via” è una frase che si ripete spesso nel film.

È esattamente quello che dice Giovanni: “In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti”.

L’amore non significa sentimenti calorosi nei confronti di Cristo, cosa che porta i ribelli del film a fallire. L’amore non vuol dire avere una mente aperta e trattare gli altri con una gentilezza di base, perché questo non porta da nessuna parte il personaggio romano di spicco del film.

L’amore significa fare come Cristo comanda – anche quando le cose diventano molto, molto difficili.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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