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Prima di parlare il bambino è capace di deduzioni complesse. Logico, no?

KID; SMART; COUNTING

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Annalisa Teggi - Aleteia - pubblicato il 27/03/18

La scienza si addentra nel prodigio che è l'uomo; anche esperienze scontate nascondono tracce della nostra origine che non è solo l'evoluzione della scimmia

Il bambino filosofo,è un titolo bellissimo quello che il dottor Nicolò Cesana Arlotti ha dato al saggio pubblicato su Sciencein cui espone le conclusioni degli studi svolti insieme ad altri colleghi impegnati nel campo delle scienze cognitive. Entrare nella testolina di un neonato, così piccola eppure così stupefacente, è un ambito di ricerca ancora ricco di territori inesplorati .
Questo studio mette a fuoco un dato apparentemente scontato, il bambino di 12-19 mesi ragiona logicamente ancora prima di saper parlare. Se penso a mia figlia, che ha proprio quell’età, è evidente che il cervello è in frenetico movimento e va nella direzione giusta … fin troppo. Capisce, capisce eccome; ragiona, ragiona eccome; deduce, oddio se deduce!

Nondimeno è fantastico che la scienza scruti con occhi curiosi quel che accade nei piccoli e, per quanto sia scontato nell’esperienza del genitore, in realtà è un dato sorprendente notare che la logica è presente nel bambino prima di essere vincolata alla parola. Ci dice di una predisposizione dell’essere umano a guardare la realtà con categorie «mature» della ragione fin da prestissimo e fin da prima di esprimerle dicendo: «se c’era un cioccolatino sulla tavola e ora c’è solo la carta, qualcuno l’ha mangiato».




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Non è dunque la parola che porta in dote al bambino la capacità logica e neppure la impara dai genitori; è una predisposizione che c’è innanzitutto. Wow! Poi, col tempo, la logica si svilupperà anche grazie alla comunicazione e all’educazione. Come hanno potuto notare tutto ciò gli studiosi?Osservando la dilatazione delle pupille dei neonati, durante dei semplici esperimenti in cui i piccoli si trovavano di fronte a immagini che richiedevano l’uso della deduzione.

Ad esempio: hanno mostrato loro due oggetti diversi (un fiore e un dinosauro), poi li hanno nascosti entrambi; in seguito si è mostrato loro parte di un oggetto (fiore) e a questo punto la mente logica dell’uomo si aspetta di trovare l’altro oggetto (dinosauro) nascosto dall’altra parte, ma se compare un oggetto diverso i nostri occhi hanno una reazione che manifesta sconcerto, sorpresa rispetto all’aspettativa. Proprio questa reazione oculare è stata osservata nei neonati, confermando così che il processo logico si era svolto e che, non vedendo l’oggetto atteso, il bambino è rimasto perplesso.

Fin qui i dati della ricerca; ora mi permetto una personale divagazione. Tutti noi comuni genitori lo sappiamo, il neonato piomba nella nostra vita come un alieno. È vero, è cresciuto nella pancia, abbiamo imparato a conoscerlo nelle varie ecografie, è sangue del nostro sangue; eppure la sua presenza porta qualcosa di misterioso in casa. È umano, umanissimo, ma pare venire da un pianeta ai confini dello spazio.
È una specie di macchina del tempo, ci riporta a quel momento tuttora degno di stupore che fu il primo disegno inciso su una grotta, quando uno degli esseri del creato si mostrò come qualcosa di più che la semplice evoluzione di una scimmia. Nessun altro animale si è evoluto fino al punto di costruire cattedrali, diventare impressionista e poi postimpressionista – scrive Chesterton ne L’uomo eterno

Non è mancanza di ragione, ma anzi uso profondo della ragione notare che nel corso della storia è accaduto qualcosa di gigantesco quando l’uomo ha fatto la sua comparsa, qualcosa che non può essere ridotto all’esempio della giraffa col collo corto e collo lungo. C’è un salto di qualità impressionante e rimasto senza eguali nella presenza di una creatura che disegna sulle pareti delle grotte, cioè che riflette sul sé e sul mondo attraverso simboli artistici. Io amo caramente il mio gatto, ma la sua predisposizione verso le piante (tra cui dorme, con cui gioca …) non produrrà una coscienza simile a quella che sgorga dai girasoli di Van Gogh.

Anche il neonato disegna sui muri, ahimè quasi mai con la stessa eccellenza di Van Gogh. E tutte le volte che trovo il nostro candido corridoio pieno di scarabocchi colorati, freno la rabbia con una capriola del pensiero: eccomi di fronte al primo vagito umano che comparve sulla terra, hai fatto un viaggio nel tempo – mi dico. Vorrei tanto poter dare un’occhiata a quei giorni in cui mani sconosciute, eppure io sono loro progenie, tratteggiarono la sagoma di un bisonte a Lascaux. Perché lo disegnasti? Cosa ti colpì? Era pauroso o bello?




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Guardare l’inizio del viaggio umano alla scoperta di sé, del mondo, del senso del tutto sarebbe stupendo. Perciò provo un po’ di sana invidia, ma anche di sana gratitudine, per questi scienziati che stanno lì a guardare l’alieno che è ogni neonato – che siamo pure noi – e che raccolgono briciole di messaggi che arrivano da molto lontano, forse dal Creatore stesso. Sono appunti sigillati nell’anima, impressi nel cervello fin dal principio a cui viene da rispondere usando le parole del Salmo: «Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino in fondo».

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