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Il profumo della Misericordia è l’amore che passa dalla Croce

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don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 26/03/18

Mentre Giuda si preoccupa di risparmiare un vasetto di olio, il Padre si è consumato nel donarci il sacrificio di Gesù

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 
E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 
Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento. 
Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: 
«Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?». 
Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 
I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». 
Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 
I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro, 
perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù. (Gv 12,1-11)

Il vangelo di oggi ci dice che sei giorni prima della Pasqua Gesù è invitato a cena a casa di Marta, Maria e Lazzaro. È una cena di amici, perché questi tre fratelli sono tra gli amici più cari di Gesù. Mancano pochi giorni alle ore della Passione e Maria compie un gesto scandalosamente bello: «Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo».

Non si riportano discorsi, ma gesti, forse a suggerirci che l’amore è sempre un fatto concreto, non una discussione. L’Amore è l’infinita tenerezza con cui Maria unge Gesù. È una tenerezza da spreco, è inutile agli occhi di Giuda che giustamente (e umanamente) dice: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Quante volte le medesime parole le ripetiamo noi o le sentiamo scagliate contro la Chiesa. Parole che sono umanamente comprensibili ma troppo miopi per capire l’amore.

Esso è sempre uno spreco, perché chi ama non calcola ma dà tutto. Solo chi ama così i piedi di Cristo è in grado di amare bene i poveri. Diversamente si convincerà che i poveri sono solo folle da sfamare, non persone da amare, di cui il pane ne è solo una modalità, ma solo una. E chi ragiona così solitamente conclude dicendo che le suore di clausura sono uno spreco mentre quelle missionarie sono utilissime.

Così pensiamo che il verbo “fare” sia superiore al verbo “essere”, ma è esattamente il contrario. Bisogna “essere” amore più che semplicemente “fare” amore. In verità l’immensa lezione che si consuma pochi giorni prima della Pasqua in casa di Marta, Maria e Lazzaro, è la prefigurazione di quello “spreco” che sarà la morte di Gesù in croce. È Lui il vasetto pieno del buon profumo dell’Amore del Padre cherotto nella morte spargerà per tutto il mondo e per tutta la storia il profumo della Misericordia di Dio, che per amore nostro ha mandato suo Figlio a morire per noi affinché noi avessimo la vita.

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