Ecco le bellissime parole del sacerdote pugliese, che, partendo dagli insegnamenti del Signore, ci insegna ad accogliere in pace d’animo la perdita di un nostro caro
«Per Gesù la morte non è che un sonno. Un sonno più profondo del sonno comune e giornaliero. Così profondo che soltanto un amore sovrumano lo rompe. Amore dei superstiti più che del dormiente».
Dall’Archivio della “Fondazione don Tonino Bello“, Giancarlo Piccinni in “Don Tonino sentiero di Dio” (edizioni San Paolo) pubblica alcune profonde e toccanti riflessioni di Don Tonino Bello, scritte in occasione di omelie per le esequie di due persone a lui care.
Le due frasi di Gesù
Due documenti che vale la pena di leggere, in cui Don Tonino parla di come Gesù ci ha insegnato ad accogliere la morte di un proprio caro in pace di animo.
Era il 1968 quando Don Tonino, nella chiesa SS. Salvatore di Alessano (Lecce), per le esequie del giovane Raffaele Bello – figlio di una donna già vedova – citava il Vangelo di Luca (Lc 7, 11-17): l’ingresso di Gesù a Nain, vicino Nazareth.
Gesù incrociò un corteo funebre: era quello del figlio di una giovane vedova, che il Messia consolò – ricordava Don Tonino – con due frasi: “Non piangere”, “Giovinetto, risorgi”.
Come far brillare le lacrime
Sottolinea il sacerdote:
«”Non piangere, donna”. È vero, il dolore ti ha sbarrato più volte la strada. E l’uscio di casa tua si è chiuso ancora, gemendo, dietro un altro che non torna mai più. Ma non sciupare le tue lacrime. Se le versi per terra diventano fango; se le rivolgi al cielo brillano come perle al sole. Gli uomini non le raccolgono perché ne ignorano il valore. Dinanzi alle tue pene altro non sanno fare che tacere. Ma c’è chi le conosce, chi le raccoglie, se tu gliele porgi, e le conta a una a una, e le semina per trarne frutti di consolazione».
Il tramonto di una giornata
Prosegue Don Tonino:
«Ma possiamo dire anche l’altra frase di Gesù: «Giovinetto, risorgi»! Sì, Gesù l’ha detto: Io sono la risurrezione e la vita. Ha assicurato che chi vive credendo in lui non muore per sempre. Ha mostrato nella morte non l’annullamento angoscioso e crudele, ma il tramonto di una giornata; non un portone d’uscita ma una porta d’ingresso. Resta, sì, alla morte il suo peso di pena, ma quanta luce di speranza e quale ricchezza di conforti interiori alleviano quel peso, rasserenando chi parte e chi resta».
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Un sonno profondo che si rompe con l’amore
A questo punto, il parroco sentenzia: «Per Gesù la morte non è che un sonno profondo», che un grandissimo amore, quello dei superstiti, può rompere. Ecco perché non bisogna disperare quando si perde un proprio caro o un conoscente: proprio quello deve essere il momento in cui far emergere l’amore di chi è rimasto in vita. Il defunto torna a vivere nell’amore dei superstiti.
La “chiave” del mistero
Don Tonino torna su come Gesù ci ha insegnato a vivere in modo sereno il “trapasso” anche in un altro documento: l’omelia esequiale pronunciata ad Alessano per la signora Luigia Rizzo nei giorni pasquali del 1967..
«Cari fratelli – diceva Don Tonino – la morte che per noi uomini rischia di rimanere disperatamente un problema crudele senza soluzioni, considerata alla luce di Cristo Risorto, diviene motivo della più ineffabile speranza. Sì, Cristo ci ha dato la chiave di questo mistero».
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“Uno stato transitorio”
Don Tonino cita «il cero pasquale, acceso nella notte del Sabato santo. Quel cero ci dice che Gesù è morto anche lui, ma poi è risorto e ora vive in eterno. Quel cero ci dice che anche noi risorgeremo, che la nostra morte è stata assorbita nella risurrezione di Cristo; ci dice, insomma, che la morte è uno stato transitorio e non permanente, che è un portone d’ingresso nella vera vita e non un cancello d’uscita».
Il conforto del cero pasquale
Rivolgendosi alla platea in chiesa, Don Tonino la rassicura come un buono e saggio padre: «A dispetto della nostra comprensibile mestizia, un’onda di rasserenante conforto si sprigiona da quel cero, simbolo di Cristo. Risorgeremo anche noi, come è risorto il Signore, e ci ritroveremo insieme, e scomparirà per sempre la tristezza della tomba, sulla quale, pur essendo poco profonda, non riusciamo a curvarci senza provare le vertigini. Risorgeremo! L’importante – chiosa il sacerdote – perciò è vivere bene, nutrendo ideali di bontà e di generoso servizio».