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Noi siamo nell’abbraccio tra il Padre e il Figlio e dovremmo imparare ad amarci così

FATHER AND A CHILD

PIXABAY

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 14/03/18

L'intimità di Gesù col Padre può sembrare scandalosa per chi vuole un Dio distante col fulmine in mano

In quel tempo, Gesù rispose ai Giudei: «Il Padre mio opera sempre e anch’io opero».
Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Gesù riprese a parlare e disse: «In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa.
Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati.
Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole;
il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio,
perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.
In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno.
Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso;
e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo.
Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno:
quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.
Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. (Gv 5,17-30)

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «’Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco’. Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio». Ciò che innervosiva alcuni contemporanei di Gesù non era tanto la sua predicazione, quanto questo accostamento così intimo con Dio al punto da arrivare a chiamarlo Padre. Nell’unica preghiera che Gesù ci ha insegnato, la parola ‘Abba’ dovrebbe essere tradotta con il termine ‘papino’. L’intimità che Gesù ha con il Padre è un’intimità traboccante di affetto. Ma a noi Dio piace distante, nei cieli.

A noi Dio piace lontano, giudice, magari con qualche fulmine in mano. Perché Dio deve darci sicurezza, deve rappresentare tutto ciò che noi non siamo. Ma il Dio vero, quello rivelato da Gesù, è un Dio che ci dà un’unica certezza per cui vale la pena vivere: è la certezza di saperci amati. È li la nostra vera forza, sapere che Lui ci ama. Attraverso Gesù noi siamo saliti fin in braccio al Padre. Attraverso Gesù noi siamo divenuti “figli nel Figlio”. Attraverso la Sua passione, morte e resurrezione, Gesù ha aperto un varco nella Trinità e ha stabilito con Dio Padre non più un’infinita distanza ma una totale vicinanza. Grazie a Gesù noi siamo al centro di Dio stesso. Noi siamo tra il Padre e il Figlio che si amano. Ma è così nuova questa cosa da essere insopportabile per qualcuno. La nostra conversione molte volte riguarda proprio l’immagine sbagliata che abbiamo di Dio. Convertirsi significa lasciarsi cambiare dalle logiche d’amore con cui il Padre si relaziona con il Figlio e con cui il Figlio si rapporta al Padre. Dovremmo imparare ad amarci così come loro si amano. Questo riporterebbe in noi anche la chiara impronta d’immagine e somiglianza che ci portiamo addosso. Quando amiamo davvero, e quando ci accorgiamo di avere Dio per Padre allora assomigliamo davvero alla Trinità. Allora diventiamo esattamente ciò che dovremmo essere.

#dalvangelodelgiorno

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