La reazione è diversa in ogni individuo, nella maggior parte dei casi imprevedibile, ma c’è sempre una tempesta di emozioniNon dovrebbe esserci bisogno di ripeterlo, ma vale la pena di ricordarlo: l’esperienza personale ci dimostra che non siamo tutti uguali. Per constatare le differenze basterà rispondere alla domanda “Cosa succede dentro di noi quando ci dicono che le cose non vanno bene e che bisogna affrontare una nuova situazione?”
Come reagiamo quando ci viene trasmessa una diagnosi?
Nonostante i vari tipi di reazione che si verificano, è frequente avere la sensazione di immergersi in un bagno di umiltà. Forse è la consapevolezza della fragilità della vita.
Si mette in poi in marcia un processo “al rallentatore”: inizia un viaggio nel mondo emotivo, un ritorno inevitabile all’interiorità.
Le emozioni, i sentimenti e i pensieri si mescolano e si confondono; bloccano, e a volte apportano luce nell’oscurità. Sembra che il mondo si fermi per respirare, ma poi si sente con totale intensità che il cuore della vita continua a battere.
Una delle chiavi per non soffermarsi sul blocco è confidare e credere che dall’esperienza derivino sempre nuove e a volte grandi lezioni. Coraggio!
Bisogna darsi l’opportunità di vivere questa esperienza con pienezza. Come punto di partenza si sa che ci saranno sofferenza, dolore e incertezza, ma l’intensità del momento offre anche esperienze positive. Imparare ad ascoltare può liberarci dal vivere un incubo.
Concentriamoci su una malattia: il cancro. Si verifica con un’assiduità tale che praticamente tutti sono entrati in contatto, in modo diretto o indiretto, con l’universo di questa malattia, o meglio con uno scenario in cui personaggi diversi appaiono e scompaiono con ruoli da protagonista, ruoli secondari o come semplici comparse.
Madri, padri, figli, familiari, amici, chi non c’è ma è presente…
Il cancro in tutte le sue manifestazioni, dalla diagnosi più benigna a quelle più gravi, offre questo panorama particolare.
Ciascuno interpreta il proprio ruolo come sa, può o vuole, e non esistono stereotipi. È pura improvvisazione.
Come partire da zero e seguire una direzione?
- Ho paura dell’incertezza!
È ovvio. È una delle emozioni che si sostengono peggio in qualsiasi situazione della vita. Di fronte a una malattia incurabile è comprensibile provare paura.
Non è solo paura della morte, ma soprattutto e nella maggior parte dei casi paura di quello che implica il fatto di assumere la vita in altri termini, la sua leggerezza.
Le regole del gioco sono cambiate e bisogna partire da zero con umiltà. “Non so se riuscirò a farlo”, si pensa spesso – sicuramente sì.
Per aiutare in questo senso ci sono gruppi di sostegno e associazioni di pazienti che accompagnano e insegnano ai “nuovi” e alle loro famiglie. Si impartisce un tipo di conoscenza basato sull’emozione e sul sentimento partendo dalla propria esperienza vissuta.
È una buona scuola, perché ciascuno impara in base alle sue capacità senza sostenere esami.
- Cosa ho fatto di male?
Nulla. Semplicemente, la rabbia confonde e induce a sentimenti d’ira perché si resiste ad abbandonare la lotta.
Tutto richiede tempo, e prima o poi tutto si trasforma in pura e profonda tristezza perché non c’è altro rimedio.
È il momento di scacciare il senso di colpa, perché nessuno ha colpa di niente. Non bisogna neanche accollarsi la colpa del fatto che la vita dei propri cari subirà dei cambiamenti o sarà più difficile per via della malattia.
- Posso essere una persona migliore e reinventare la mia vita?
È questa la sfida, anche se può sembrare impossibile. Chi ci è passato dice che da un’esperienza traumatica si traggono sempre insegnamenti positivi, che diventa un’opportunità eccezionale per diventare una persona migliore.
Costa crederlo, ma alla fine è vero, o c’è comunque una parte di verità in questo.
Dopo la prova c’è una rivelazione e si mettono nuovamente a fuoco alcuni valori e certe priorità.
Bisogna impegnarsi per alimentare una speranza troncada e perché lo scoraggiamento della quotidianità non superi né strappi via la forza che permette di andare avanti in pace e con tranquillità.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]