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Una piccola donna ci invita a far festa perché Dio è cocciuto e ci strappa dal nulla

FEET, PINK, NEWBORN
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Annalisa Teggi - Aleteia - pubblicato il 08/03/18
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Quando comincia il travaglio che avrebbe portato alla nascita della piccola Sophia la mamma non sapeva nemmeno di essere incinta: travaglio, parto podalico, arresto cardiaco, rianimazione. Mamma, figlia, vicina; tutte donneCara Sophia,

lasciatelo dire: sei bellissima. Hai solo pochi giorni di vita, ma imparerai che questa faccenda della bellezza a noi donne interessa molto, anche se facciamo finta di no. Ti scrivo perché noi adulti abbiamo imparato tantissimo da te che sei una piccolissima donna.

Tutti i giornali e le TV hanno parlato di te, hanno perfino tirato fuori da un cassetto dimenticato una parola altrettanto snobbata: miracolo. Betlemme era un piccolissimo paese per l’evento grandioso che ospitò; allo stesso modo Borgosatollo, dove sei nata, è un comune di nove mila anime in provincia di Brescia. In un ritaglio di terra così preciso e modesto è accaduto un prodigio universale. Ricordatelo, quando sarai grande; hai già vinto una battaglia gigante: noi grandi ci siamo impigriti o rimbambiti, ci siamo convinti che la realtà ospiti solo eventi prevedibili dalla legge causa-effetto. Abbiamo smesso di pensare che anche una piccola margherita del prato sfugge alla logica del necessario e utile ed è un puro atto gratuito di bellezza.
Tu sei piccolina, ma non sei passata inosservata come una margherita. Dio ha fatto cose grandi con te. Siamo ancora tutti qua a rimuginare come sia possibile che tu sia nata: fai parte di una grande famiglia, hai cinque fratelli e la tua mamma si era fatta chiudere le tube, eppure è rimasta incinta di te e non se n’era accorta. Il travaglio inatteso è stato un putiferio e quando sei uscita, podalica oltretutto, il tuo cuore si è fermato. Santo cielo, quanti ostacoli per venire alla luce.
Sei stata rianimata da una vicina di casa e amica della tua mamma, con cui condivide il peso quotidiano di lavoro e famiglia. Dicono che l’invidia sia la cifra del femminile, ma se badassimo meno alle vetrine del mondo e sbirciassimo di più tra i pianerottoli dei condomini di periferia troveremmo storie di ordinario sostegno tra madri.
Insomma alla fine l’aria è entrata nei polmoni e questa grande avventura della vita, che tu hai cominciato nel modo più tortuoso possibile, si è messa in moto. Hai pianto. E tutti attorno hanno riso.

Sai che è tanto simile a un racconto che il grande Charles Dickens scrisse nell’800? Quando leggerai Oliver Twist lo sentirai come un fratello di imprevisti, anche lui è stato sospeso in un vuoto lungo e drammatico prima di cominciare a respirare. E della voce di questo neonato sfortunato e buono Dickens fece la bandiera da sbattere in faccia agli egoismi della potente civiltà industriale inglese. Sto provando a imitarlo; è un buon metodo copiare da quelli bravi, piuttosto che inventarsi da soli delle stupidaggini che coccolano l’orgoglio.
E dunque, quando sei arrivata in ospedale viva, sana e salva, i medici hanno controllato e misurato il miracolo che sei: due chili e 950 grammi di speranza divina. Ti hanno chiamato Sophia ed è proprio il tuo nome: significa «conoscenza» per la tradizione legata alla classicità greca, ma la tua mamma ha ricordato che in arabo significa «soffio».
Forse verrà un giorno, spero di no, in cui ti sentirai in dovere di fare chissà cosa pensando che dopo una nascita così straordinaria ti sia chiesto di essere altrettanto straordinaria. Se qualcuno te lo rinfaccerà, non badarci; è la prospettiva distorta della meritocrazia. Tu sei. Ecco cosa abbiamo imparato.

Esserci è la cosa incredibile del mondo. Dio ti ha scelta per ricordarci che Lui non crea come una catena di montaggio; il soffio di conoscenza che ci ha portato attraverso la tua storia è una memoria che spesso dimentichiamo: ciascuno di noi non semplicemente «è» ma «è stato strappato al nulla». Per ciascuna piccola, invisibile, breve vita Dio ha combattuto impavido una guerra titanica contro l’impero del nulla. E ha vinto, vince e vincerà. Lo canta Marco Mengoni in una canzone dedicata all’amore; vale a maggior ragione per quell’Amore che muove il sole e le altre stelle.
Oggi è la tua festa, cara piccola donna. E ti ringraziamo perché festeggiando te, siamo piacevolmente costretti a festeggiare la cocciuta vivacità divina che c’è dietro la presenza di ciascuno di noi.