Alla fine del 2010 eravamo già pienamente consapevoli del fatto che non era tutto così meraviglioso, e che c’era sicuramente una gran quantità di svantaggi: stavamo diventando dipendenti da quello che era progettato come reti di interazione e di incontro. La preoccupazione per questa dipendenza è tale che molti dei pionieri di queste tecnologie si sono dedicati a fondare un “Centro per l’Umanizzazione della Tecnologia”, da dove lanciano un manifesto che avverte dei pericoli che loro stessi hanno contribuito a creare.
Perché si veda che non è un avvertimento di vecchi brontoloni, vediamo cosa dice il manifesto su ciascuna delle tecnologie:
“Snapchat trasforma le nostre conversazioni in righine. I bambini ora misurano in questo modo la loro amicizia. Instagram glorifica la vita perfetta, erodendo l’autostima. Facebook ci segrega tra camere d’eco, frammentando le comunità. YouTube emette automaticamente un video dietro l’altro, anche se mangiate o dormite. Non sono prodotti neutrali. Sono progettati per creare dipendenza”.
E se qualcosa crea dipendenza tra gli adulti, cosa farà nella mente dei bambini? Le conseguenze, come indica Catherine, sono tremende. Il fascino, che genera menti passive, dei piccoli schermi è una catastrofe per la mente infantile.
Qual è la soluzione di un problema simile, soprattutto per noi che abbiamo la responsabilità di educare i nostri figli? Mi prenderò la libertà di aggiungere qualche idea a quello che dice Catherine.