di Andrés D’Angelo
Devo confessarlo. Sono analista di sistemi, ma non è colpa mia. Quando sono uscito dal liceo era “la carriera del futuro”, e prometteva molto denaro e un’infinità di opportunità. Chiaramente nessuno è perfetto, e men che meno io, ma le promesse mi sono sembrate interessanti, e quindi ho studiato sistemi.
Fino alla fin degli anni Novanta era un lavoro piuttosto noioso. Dovevamo realizzare sistemi di amministrazione, quasi sempre per banche o grandi imprese, poco altro. Il lavoro di sviluppatore di software non era affatto interessante, né aveva grandi incentivi. Con l’avvento di Internet le cose hanno iniziato a cambiare. Le prime “reti sociali”, come AOL Instant Messenger e MySpace, hanno cominciato a far sì che le nostre interazioni con parenti e amici lontani diventassero sempre più vicine e più “ricche”. “Ricche” tra parentesi, perché nessuno ha visto ciò che veniva, salvo alcuni “vecchi brontoloni” ai quali all’epoca nessuno prestava attenzione.
Alla fine del 2010 eravamo già pienamente consapevoli del fatto che non era tutto così meraviglioso, e che c’era sicuramente una gran quantità di svantaggi: stavamo diventando dipendenti da quello che era progettato come reti di interazione e di incontro. La preoccupazione per questa dipendenza è tale che molti dei pionieri di queste tecnologie si sono dedicati a fondare un “Centro per l’Umanizzazione della Tecnologia”, da dove lanciano un manifesto che avverte dei pericoli che loro stessi hanno contribuito a creare.
Perché si veda che non è un avvertimento di vecchi brontoloni, vediamo cosa dice il manifesto su ciascuna delle tecnologie:
“Snapchat trasforma le nostre conversazioni in righine. I bambini ora misurano in questo modo la loro amicizia. Instagram glorifica la vita perfetta, erodendo l’autostima. Facebook ci segrega tra camere d’eco, frammentando le comunità. YouTube emette automaticamente un video dietro l’altro, anche se mangiate o dormite. Non sono prodotti neutrali. Sono progettati per creare dipendenza”.
E se qualcosa crea dipendenza tra gli adulti, cosa farà nella mente dei bambini? Le conseguenze, come indica Catherine, sono tremende. Il fascino, che genera menti passive, dei piccoli schermi è una catastrofe per la mente infantile.
Qual è la soluzione di un problema simile, soprattutto per noi che abbiamo la responsabilità di educare i nostri figli? Mi prenderò la libertà di aggiungere qualche idea a quello che dice Catherine.
1. Iniziamo dando il buon esempio
Eliminiamo i cellulari e gli schermi (tutti) dalla tavola familiare. Rendiamo la tavola un luogo di incontro, di dialogo, in cui i figli si sentano ascoltati e compresi. Se si spengono cellulari e schermi durante i pasti molto meglio, perché così scompare lo stimolo uditivo, e allora non avremo l’impulso di finire per andare a vedere cosa ci siamo persi nel mondo nell’ultima ora.
2. Offriamo un periodo di astinenza dagli schermi
Nessuno dà ciò che non ha. E se sono dipendente da Internet, difficilmente potrò educare i miei figli a non esserlo. Cerchiamo per un periodo di tempo di eliminare dai nostri dispositivi quelle applicazioni che ci rendono dipendenti. Possiamo offrire questi piccoli sacrifici per l’educazione dei nostri figli.
3. Promuovere abitudini sane
Per i nostri figli, come dice anche Catherine in uno dei suoi libri, non c’è miglior giocattolo dei genitori. Se diventiamo i loro compagni di avventura non avranno bisogno degli schermi, non saranno prede facili di quelle “reti” create con l’obiettivo esplicito di intrappolarli. Leggiamo loro dei racconti per farli addormentare. Andiamo ai musei, in campagna, in un bosco. Scaliamo una montagna. Giochiamo a calcio, o a softball o a qualsiasi altro sport ci piaccia. Ogni momento trascorso insieme a loro li arricchisce profondamente, e conosceranno molti modi di intrattenimento fuori dagli schermi.
4. Riprendere il controllo della nostra vita
Possiamo riprendere il controllo della nostra vita seguendo le raccomandazioni di coloro che hanno creato le applicazioni che ci intrappolano. Siamo padroni delle nostre azioni, ma siamo anche responsabili delle nostre omissioni. Facciamo queste azioni sui nostri cellulari e proponiamo ai nostri figli di farle:
- Eliminiamo notifiche, tranne di persone: Le notifiche appaiono in rosso perché è un colore accattivamente, che cattura la nostra attezione, ma molte notifiche sono generate da macchine, non da persone. Fanno vibrare continuamente i nostri telefoni per attirarci verso applicazioni di cui non abbiamo veramente bisogno.
- Eliminiamo tutte le notifiche tranne quelle di applicazioni che usa la gente, come WeChat, Whatsapp, Facebook Messenger, Signal, Telegram…
- Siamo grigi: Le icone colorate danno una ricompensa immediata al nostro cervello. Mettiamo il nostro cellulare in una scala di grigio. Potremo ripristinare i colori con qualche tocco rapido quando ne avremo bisogno.
- Mantenete lo schermo iniziale solo con gli strumenti: Aprite le applicazioni senza pensarci solo perché è la prima cosa che vedete quando accendete il cellulare? Togliete dallo schermo iniziale tutte le applicazioni “tentatrici”, e lasciate solo quelle per lavorare, come Mappe, Calendario, Note…
- Lanciate altre applicazioni digitando: Questo vi darà il tempo per pensare “Ne ho davvero bisogno in questo momento?”
- Tenete il cellulare lontano dal letto: Comprate una sveglia e mettete il cellulare spento fuori dalla stanza. In questo modo eviterete di guardarlo ancor prima di alzarvi dal letto.
- Immergetevi nella sindrome di astinenza: È difficile, ma molto efficace. Eliminate dal vostro cellulare tutte le applicazioni che vi fanno perdere tempo, e controllatele solo al computer. Nota: potete eliminare l’applicazione di Facebook e mantenere alcune caratteristiche specifiche, come Local o Messenger.
- Inviate note vocali o chiamate anziché inviare messaggi di testo: Gli studi hanno dimostrato che i messaggi di testo possono essere fraintesi, anche se vengono dal coniuge. Inviate allora note vocali, o chiamate direttamente per far sì che i vostri messaggi siano compresi e interpretati adeguatamente.
- Pregate: Naturalmente questo punto l’ho aggiunto io, ma ci sono ottime applicazioni per pregare. Il cellulare ha anche cose eccellenti, e bisogna approfittarne. Le applicazioni per pregare sono tra queste.
Come abbiamo visto, ci sono moltissime cose che possiamo fare per porre fine alle nostre dipendenze moderne, ma insisto, con i figli dobbiamo innanzitutto dimostrare che si può fare, predicando con l’esempio.
Qualche domanda per la riflessione: Com’è il mio rapporto con la tecnologia? Sono intrappolato in una dipendenza dalle reti sociali? Ho il controllo su ciò che vedo e diffondo dal cellulare o dal tablet? Uso la tecnologia in modo responsabile? Predico con l’esempio ai miei figli sulla tecnologia? Promuovo e stimolo il gioco e il dialogo familiare?
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]